Parlare di Abilismo a sproposito, forse è meglio fare silenzio: il caso AC: Valhalla

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Viviamo in una bella epoca per i diritti civili, anzi bellissima.
Come mai nella storia, oggi parole come inclusività, lotta alla discriminazione e antirazzismo sono solidi principi attorno ai quali viene fondata e guidata la democrazia occidentale, anche all’interno della cultura e delle arti.

Vale anche per il videogioco, in cui abbiamo avuto esempi mirabili di inclusività dei giocatori di tutti i tipi, anche diversamente abili, attraverso software house e developer estremamente sensibili al dare la possibilità a qualsiasi giocatore di vivere un gioco (come nel caso straordinario di The Last of Us Parte II).

Ma esistono esempi di rivendicazione e denuncia tanto estremi da arrivare a danneggiare la stessa lotta per l’inclusività?

Un caso, nato attorno ad Assassin’s Creed Valhalla all’inizio della settimana, potrebbe dimostrare che sì, è possibile.

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Il caso di Valhalla e quello de Le Streghe

Cos’è successo con Assassin’s Creed Valhalla?

Semplice: nel giorno del suo rilascio Courtney Craven, blogger e giornalista specializzato/a nel tema dell’inclusività dei videogiochi, ha criticato Ubisoft per la presenza nel gioco della descrizione di un personaggio del gioco, Eoforwine, di cui si parla come di una donna “orribilmente ustionata in un incidente da bambina” “che è terrorizzata dal fatto che qualcuno possa vedere la sua faccia sfigurata che placa la sua furia con rabbia e violenza”.

Secondo Craven, una descrizione del genere per un personaggio negativo quale quello di Eoforwine sarebbe un segno di “abilismo” da parte degli sviluppatori, ovvero di una tendenza a favorire un modello ideale di persona “sano” e non affetto da handicap.

La reazione di Ubisoft in un momento così delicato come il lancio del suo kolossal next-gen è sembrata abbastanza allarmata e mossa dall’obiettivo di sistemare le cose rapidamente: ha infatti fatto sapere che il gioco avrà una patch che cambierà il linguaggio utilizzato nella descrizione, così da non far incappare AC Valhalla nell’accusa di abilismo.

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Una polemica che segue di qualche giorno una simile, in ambito cinematografico, nella quale a essere presa di mira è stata la rappresentazione fantastica di una delle protagoniste della nuova trasposizione de Le Streghe di Roald Dahl, criticata in quanto la Grande Strega Suprema (villain interpretato da Anne Hathaway) è rappresentata con le dita centrali delle mani mancanti. In questo caso è stata l’atleta paraolimpica Amy Marren a criticare Warner Bros., con accusandola di accostare l’Ectrodattilia (patologia dagli esiti simili a quelli mostrati nel film) a qualcosa di negativo.

Anche in questo caso, Warner si è scusata tempestivamente, spiegando che non era sua intenzione offendere nessuno.

Il problema di fondo: rivendicazione vs assenza di spirito critico

Premessa doverosa: chi scrive è un diversamente abile, con un’invalidità riconosciuta dallo Stato italiano al 75% che ha passato buona parte della sua vita fra cicli di terapia riabilitativa, day hospital a contatto con persone messe ancor peggio di lui e qualche discreto episodio che, se non di discriminazione, è stato per lo meno di non-completa-inclusione all’interno di certi contesti.

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Non corre bene, non salta bene, ha tempi di ragionamento, calcolo e ripresa dagli sforzi leggermente più lunghi e difficoltosi rispetto ad altre persone, e pur essendo molto più fortunato di altri in trentuno anni ha fatto a pugni con questo tipo di tematiche.

Pertanto, permettetemi di esprimere come mi sono sentito quando ho letto le critiche ad Assassn’s Creed: Valhalla e Le Streghe: confuso.

Intendiamoci, la lotta alle discriminazioni e alla non inclusività, che siano nella forma di violenze psicologiche al compagno di scuola diversamente abile o dell’esistenza di barriere architettoniche o virtuali che negano a qualcuno di godere di tutto è una lotta di civiltà e il lavoro da fare è ancora tanto, tantissimo, profondo e soprattutto culturale.

Però permettetemi: non credo affatto che cominciare questa battaglia dalla censura della descrizione di Eoforwine darà chissà quale esito positivo o necessario.

E qui tolgo i panni del cittadino preso contropiede e vesto quelli del critico, dell’appassionato di narrazione e di gioco, nonché del modo in cui la società recepisce queste opere.

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La descrizione presente (o meglio dire “presto-non-più presente”) in AC Valhalla mira a raccontarci un personaggio. Lo fa con toni enfatici, retorici, forse crudi, ma che fanno parte del dover costruire una figura che nel gioco ha una sua funzione, dandogli una backstory e uno spessore narrativo.
Eoforwine è arrabbiata col mondo per ciò che è, e sfoga brutalmente la sua rabbia sui suoi avversari.

No, non ho giocato ancora AC Valhalla, ma sì, do un’interpretazione a un background del genere sulla base di migliaia di opere che ho letto, giocato e visto nel corso degli anni, e un processo creativo che porta a questa rappresentazione non mi è nuovo, anzi.

Veniamo al punto. Il problema è dare il giusto peso ai diversi casi.

Faccio un esempio. In 300, uno dei più discussi fumetti degli anni ’90, Frank Miller decide di fare di Efialte, disabile (o, come viene chiamato in modo politcally uncorrect, “storpio e gobbo”) di Sparta, un personaggio negativo-anzi, usiamo un termine giusto: “Infame”-un cittadino rifiutato dalla città per il suo aspetto che decide per vendetta di tradire Leonida e il suo esercito vendendoli ai persiani. È di fatto una rappresentazione al limite del binomio “personaggio disabile-personaggio negativo”, e più di una volta sono stato in dubbio se stare dalla parte di Efialte (ovvero di un escluso che si vendica dell’esclusione) o da quella di Leonida, sovrano che in passato ha difeso Efialte dalla condanna a morte e si ritrova ripagato col tradimento.

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Efialte non è certo protagonista di quella che potremmo definire una raffigurazione “giusta” della disabilità

Ora, rileggete il caso di Efialte, rileggete quello di Eoforwine, e fermatevi a riflettere: chi avrebbe più ragione di odiare il suo autore? Quant’è diverso il peso dato al binomio “diverso-personaggio negativo” nelle due opere? Eh, io una mezza idea ce l’avrei.

E qui veniamo a un punto fondamentale.

L’esito: banalizzazione e confusione

C’è una voce che già sento ronzare nella mia testa ed è una voce che sono anche portato ad ascoltare con un po’ di titubanza verso le mie posizioni e di cuore in mano, la voce di chi dice che è probabile che a sentirsi offesi dalla rappresentazione “negativa” di una persona con ustioni sia anche chi magari ha provato sulla sua pelle cosa significhi esserlo o che è stato discriminato per esserlo stato.

E qui ammetto casca l’asino, arriva il dubbio, l’idea di avere una visione parziale del problema che non ti permetta di avere voce in capitolo in questa storia. Se io non ho una difficoltà, ma vedo una persona con quella difficoltà offesa da una rappresentazione di essa che giudica negativa, chi sono io per accusarla di “esagerazione”?

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Allora però il dubbio-permettetemi-è che a dover essere passata al setaccio non sia la rappresentazione all’interno di un’opera di finzione, non sia Assassin’s Creed Valhalla e il suo mettere fra i personaggi negativi una persona con una grave ustione.

Forse, se domani mi trovassi di fronte l’autore della recensione di AC Valhalla che ha mosso la critica, non gli direi di sentirsi offeso da un’opera di finzione, non gli direi di scagliarsi contro gli sceneggiatori del gioco per una descrizione. Gli direi che vorrei aiutarlo a combattere gli atteggiamenti da cui si sente danneggiato, a isolare quei “cattivisti” pronti a non entrare in empatia, a offendere, a scagliarsi contro l'”altro”.
Ad arrivare, per assurdo, a utilizzare una descrizione come quella di Eoforwine per fare violenza psicologica verso un giocatore che si sente colpito da quella rappresentazione.

A quel punto sarò il primo a combattere dalla sua parte.

Ma non chiedetemi di prendere un personaggio di fantasia come simbolo di discriminazione, perché a quel punto l’impressione è che qualcuno stia guardando il dito, e non la luna.