Recensione | Sekiro: Shadows Die Twice (PS4)

Recensione | Sekiro: Shadows Die Twice
Dopo giorni passati ad assalire nemici di soppiatto e scrivere haiku di bestemmie vi proponiamo la recensione di Sekiro: Shadows Die Twice

Dopo giorni passati ad assalire nemici di soppiatto e a scrivere haiku di bestemmie vi proponiamo la recensione di Sekiro: Shadows Die Twice, il gioco che ha letteralmente rapito la nostra redazione.

Questo articolo è la prosecuzione delle nostre prime impressioni che vi introdurranno al mondo del nuovo titolo di From Software in collaborazione con Activision.

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In pieno periodo Sengoku il Giappone è logorato da diverse guerre intestine, una fra queste è quella per il controllo delle terre di Ashina. Dopo lo scontro e la vittoria dell’omonimo clan un giovane ragazzo viene raccolto dal campo di battaglia per diventare maestro shinobi una volta divenuto adulto.

Circa 20 anni dopo il colpo di Isshin, il clan Ashina è sull’orlo del collasso e il nostro protagonista ormai in disgrazia giace in una grotta a contemplare il nulla. Una notte però qualcuno lascia cadere una lettera nella sua cella e da lì inizia il suo viaggio per portare in salvo il suo giovane signore.

I pericoli di Ashina

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From Software ci da il benvenuto nel suo nuovo titolo facendoci partire disarmati ed introducendoci alle prime meccaniche stealth che caratterizzeranno parte del gameplay come attaccarsi ai muri e alle sporgenze ma soprattutto origliare, quest’ultima funzione diventerà essenziale per apprendere importantissimi indizi su percorsi alternativi o addirittura suggerimenti su come battere determinati boss.

Una volta ottenuta la nostra katana, Kusabimaru, cominceremo a familiarizzare con il nuovo sistema di combattimento: a differenza dei Souls e Bloodborne qui non troveremo una barra della stamina ma una della Postura, questa nuova meccanica rispecchia al meglio il duello alla katana che si basa sullo squilibrio dell’avversario per approfittare di aperture che danno la possibilità di finire in un colpo solo lo scontro.

Dopo essere creduto morto per mano di Genichiro Ashina, nuovo aspirante capo clan, il nostro protagonista si risveglia senza un braccio nella casa di un vecchio scultore che gli dona una protesi capace di montare una serie di strumenti molto utili a dei provetti shinobi come noi.

Lungo il nostro cammino ci troveremo ad affrontare non solo le truppe del clan Ashina ma anche una serie di pericolose creature che abitano questa terra ricca di misteri. In Sekiro ci si sentirà più liberi di muoversi attraverso la mappa rispetto agli altri titoli From Software grazie all’uso del rampino e la possibilità di arrampicarsi su diverse superfici che ci permetteranno di evitare la maggior parte dei combattimenti.

Se invece deciderete di affrontare i vostri nemici dovrete armarvi di pazienza dato che vi troverete immersi nel più tradizionale dei gameplay di Miyazaki che non mancherà di punire ogni vostra avventatezza. Ogni scontro sarà unico e dettato soprattutto dall’ambiente circostante che potrà essere sfruttato a vostro vantaggio per avere la meglio sui vostri nemici. Andando avanti potremo affinare le nostre tecniche in modo da potere avere accesso a diverse soluzioni a seconda delle situazioni o migliorare alcune delle meccaniche base per un maggior successo.

Mo Ichido! Ancora una volta!

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Come ci si è soliti aspettare da un titolo From Software la morte fa parte del gioco, prima di iniziare fareste meglio a mettere in conto che morirete diverse, tante, molte volte prima di riuscire a completare un determinato segmento ma questo non deve essere considerato come un impedimento ma uno sprono a trovare la giusta tattica per poter incassare il minor numero di danni. Ad “aiutarvi” in questa impresa è il concetto di resurrezione che vi permetterà di tornare subito sul campo di battaglia, il prezzo da pagare sarà però la salute dei PNG con cui interagiremo durante la nostra avventura ed un malus al Favore Divino, il bonus che ci aiuterà a preservare esperienza e monete raccolte fino alla morte.

La maggior parte delle boss fight invece sono pensate per essere tenute in sospeso ove mai ci si stufi dell’ennesimo try permettendo di poter tornare in un secondo momento quando magari avremo acquisito i giusti potenziamenti e la mente lucida per affrontarli.

In conclusione:

Sekiro: Shadows Die Twice è un gioco difficile? No. E’ sicuramente un gioco impegnativo, ma nascondersi dietro la solita problematica che affligge (o impreziosisce?) da anni i titoli From Software – quasi fosse un metro di giudizio ogni volta che si muore in un videogame – non è proprio una cosa da Shinobi. Sekiro si pone perfettamente in mezzo tra i Souls e Tenchu facendo sentire pienamente le influenze di questi due titoli con qualche sprazzo di Onimusha. La narrazione, resa per la prima volta più lineare in un Souls, sembra riprendere proprio dalla serie Capcom, lasciando comunque spazio ad un gameplay soddisfacente e capace di porre sfide continue al giocatore. Definire Sekiro troppo difficile sarebbe un giudizio superficiale, soprattutto dopo essersi resi conto che il gioco stesso premia il giocatore una volta capiti i pattern dei nemici e la tattica da utilizzare, con addirittura la possibilità di eseguire delle speedrun di alcune sezioni senza subire danni. Morire è frustrante, ma risveglia quella voglia di battere un determinato boss che rimane fino a quando non si riaccende il PC o la console. Sekiro è sicuramente un titolo che punta alla nomina di Gioco dell’Anno offrendo una struttura che farà avvicinare anche i giocatori che fino a poco tempo prima avevano sempre evitato i titoli From Software. Infine un plauso va fatto anche alla direzione artistica che è riuscita a portare su schermo una delle migliori ambientazioni a tema Giappone feudale del panorama videoludico.