Shadow of Memories: si può scappare dalla morte?

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Una volta le software house avevano più coraggio? È la solita vecchia storia che vorrebbe i giochi di una volta più belli ed emozionanti di quelli moderni. Non sono d’accordo con questo assunto o, almeno, non predicato come verità assoluta e inoppugnabile. Il filtro della nostalgia a volte distorce la realtà, ma esistono a onor del vero titoli che non sono mai stati eguagliati in tempi moderni nonostante l’esponenziale crescita delle potenzialità hardware delle console e dei PC. Un esempio di questo fatto è dato da Shadow of Memories, videogioco Konami del 2001 pubblicato su Playstation 2 e Xbox.

Le sensazioni che Shadow of Memories era in grado di proiettare nei giocatori, nonostante un gameplay a prima vista semplice e scarno, sono difficili da replicare e anche da spiegare. Giocare questo gioiello, forse un po’ dimenticato, è l’unico modo certificato per capire la sua grandezza.

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Shadow of Memories: un uomo solo contro il destino

Una giornata tranquilla, un giovane ragazzo che esce da un accogliente bar e vaga per le stradine di una cittadina europea, uno sconosciuto che di soppiatto lo accoltella decretando la sua fine… forse. Questo era l’incipit del gioco, Shadow of Memories cominciava con la nostra morte. Il protagonista è Eike Kusch e vive a Lebensbaum, un piccolo borgo tedesco. Non sappiamo molto altro di lui se non che qualcuno ha voluto mettere fine alla sua esistenza. Eppure, con suo e nostro grande stupore, Eike si risveglia in un luogo misterioso, né Paradiso né Inferno, ma una sorta di camera dello spazio e del tempo.

Qui il giovane dai capelli lunghi e biondi fa la conoscenza di Homunculus, uno strano essere che non gli darà molte spiegazioni. Questi gli offrirà, però, la possibilità di cambiare il proprio destino, di tornare in vita per cercare chi l’ha ucciso e capirne i motivi. Non sarà facile, perché la morte non vuole essere ingannata e andrà a caccia di Eike tra le stradine di Lebensbaum. A noi il compito di scappare da lei cambiando il corso della storia, viaggiando nel tempo con lo strumento datoci in consegna da Homunculus.

A prima vista, a parte i viaggi nel tempo, potrebbe sembrare la trama di un Final Destination. Nulla di più lontano dalla famosa saga horror, Shadow of Memories affrontava la tematica del destino in modo più romantico e senza perdersi in inutili inchini allo splatter e al gore.

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Ansia e disagio i veri protagonisti della vicenda

All’epoca, Shadow of Memories era catalogato sulle riviste e sui siti d’informazione come survival horror. Affrontando in modo poco approfondito la vicenda di Eike Kusch, si poteva pensare erroneamente che quella classificazione fosse del tutto sballata. Il gameplay di Shadow of Memories ci dava la possibilità di controllare Eike, in terza persona, durante l’esplorazione di Lebensbaum, piccolo borgo dall’architettura gotica della Germania. Il nostro obiettivo era parlare con i pochissimi NPC del luogo e visitare i luoghi giusti nelle varie epoche disponibili (1979, 1980, 1902 e, ovviamente, il presente del gioco) per far scattare gli eventi che ci avrebbero garantito la sopravvivenza.

Infatti, come abbiamo accennato, la morte non si era dimenticata di noi e tentava di prendere nuovamente il sopravvento su di noi. Come? In tantissimi modi che noi, poi, avremmo dovuto deviare o evitare viaggiando nelle varie epoche e facendo accadere eventi che avrebbero poi cambiato il corso della storia. Ogni capitolo si apriva con una morte diversa (avvelenamento, un vaso che ci cade in testa). Con l’utilizzo del Digipad, consegnatoci da Homunculus, dovevamo tornare indietro nel tempo ed evitare la causa dell nostra morte a cui avevamo assistito all’inizio del capitolo.

In alto sullo schermo, data e ora venivano evidenziate e ci mettevano fretta. Non avevamo tutto il tempo del mondo: ad una certa ora la morte ci avrebbe preso in qualsiasi luogo e in qualsiasi epoca. Tutte le azioni propedeutiche a salvarci la vita, andavano fatte prima dello scadere del tempo. E qui torniamo all’inizio del paragrafo: non c’erano nemici e mostri, neanche l’ombra di jumpscare, allora perché Shadow of Memories era un survival horror? Perché offriva senza risparmiarsi dosi massicce di ansia e disagio, stati d’animo che devono essere sempre protagonisti di un horror.

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Immaginate una città quasi deserta, con un’atmosfera ovattata, come sospesa nel tempo, silenziosa e dormiente, un uomo solo che sa che la morte sta venendo a prenderlo, un orologio che vi ricorda che ogni passo potrebbe essere l’ultimo. Ecco, giocando a questo titolo di Konami ho provato un disagio che poche altre volte ho percepito nella mia esperienza videoludica. Ogni azione che compievamo in Shadow of Memories ci riempiva di dubbi: sto facendo la cosa giusta o sto perdendo tempo? Se viaggiassi in quest’epoca avrei il tempo necessario per tornare indietro ed evitare l’inevitabile? Altro dettaglio da non trascurare: il Digipad non era infinito, aveva bisogno di unità di energia per essere carico ed efficiente. Poteva accadere, quindi, di aver capito la soluzione ma di non poterla attuare perché lo strumento era scarico. Ansia che si aggiungeva ad altra ansia.

La logica non è sempre la soluzione

Un appunto, non una critica, che si può fare a Shadow of Memories riguarda la mancanza di logica di alcune soluzioni che ci permettevano di evitare la nostra dipartita. Ad esempio, impedire la costruzione di un edificio nel 1902 da cui, poi, nel 2001, sarebbe caduto un vaso proprio sulla testa di Eike, non ci sembra la soluzione più logica e immediata.

Anche questa meccanica, però, creava quel pizzico di irrequietudine che ci stava a pennello in un gioco del genere, un titolo che puntava proprio sull’apprensione del giocatore e sul suo stato d’agitazione, causato da un orologio impietoso che avanzava inesorabile, mentre noi ancora non avevamo minimamente capito cosa fare e dove andare per evitare una brutta fine.

Shadow of Memories poteva vantare, inoltre, ben otto finali. Le scelte effettuate in game avevano conseguenze sul finale sbloccato che poteva essere abbastanza buono, molto positivo, neutrale, non del tutto soddisfacente o completamente negativo. Questo rappresentava un ottimo motivo per rigiocare più volte Shadow of Memories… se si aveva il fegato di farlo.