FBC: Firebreak | Recensione (Xbox Series S) | Uno strambo ritorno nell’Oldest House

Caposquadra 1: “Direttore, Caposquadra 1 in ascolto, Squadra 1 in fase di discesa verso l’obiettivo.”
Direttore: “Qui Direttore, bene Caposquadra 1, verificare equipaggiamento e ripetere direttive al fine di verifica assenza anomalie.”
Caposquadra 1. “Qui Caposquadra 1, Direttore è serio? È la terza volta che ripetiamo il briefing!”
Direttore: “Caposquadra 1, gradirei non scoprire che l’Hiss ha corrotto la mente del mio miglior agente sul campo. Ripetere le direttive. Subito.”

Caposquadra 1 [sbuffa]: “Testare oggetto paranaturale “FBC: Firebreak” contenuto in dispositivo non identificato, nome in codice Xbox Series S.”
Direttore: “Molto bene Caposquadra 1, attendiamo il suo rapporto! Chiudo!”
[Rumore di radio]
Caposquadra 1: “Quell’uomo mi farà impazzire… ora forza squadra, si comincia!”

FBC: Firebreak: un FPS nell’Oldest House

Giudicare un gioco come FBC: Firebreak, in una fase di lancio come questa, è veramente un compito ingrato e difficile, e il motivo è semplice: l’ultimo nato di Remedy è un gioco dalla natura ibrida, nata dal mix tra due mondi mai così distanti negli ultimi anni come gli sparatutto PVE cooperativi improntati alla “socialità” e lo stile del team di Sam Lake, così tanto legato al single player, a un gioco basato sul gameplay ricercato e su una narrativa videoludica molto sofisticata.

Il tentativo di Remedy con FBC: Firebreak era quello, ambizioso, di piegare il setting new weird che l’ha resa celebre all’esigenza di creare un titolo multiplayer capace di produrre utili sul lungo periodo costruendo una community solida e fidealizzata. Un’idea con più di una ragione, e a suo modo appetibile. 

FBC: Firebreak: un FPS nell’oldest house
FBC: Firebreak: un FPS nell’Oldest House (Player.it)

I mondi inventati da Sam Lake sono infatti tanto bizzarri quanto ricchi di sfumature, fatto che rende questo setting adatto a diverse tipologie di opera. Come Alan Wake 2 era un particolare connubio tra survival horror e investigativo, Control provava come il team finlandese fosse perfettamente in grado di dar vita a un videogioco basato su una meccanica TPS ricercata e sulla sfida ludica, e non è difficile pensare che questo mondo sarebbe perfetto persino per un classico punta e clicca in prima persona.

Lo stesso ragionamento è alla base di FBC: Firebreak, che mette i giocatori al comando dei soldati del Federal Bureau of Control impegnati nel contenimento delle minacce paranaturali all’interno dell’Oldest House, la misteriosa struttura governativa protagonista assoluta di Control, a sei anni di distanza dal disastroso attacco dell’Hiss e dalla sua “caduta”. Uno scenario perfetto per uno spin/off più “commerciale” ma dall’identità solida, in grado di andare a pescare e avvicinare al brand Control/Remedyverse una platea di giocatori molto diversa da quella tradizionalmente propria di Remedy.

Se la premessa era chiara, restava però una sorta di elefante nella stanza: la necessità creare un prodotto appetibile agli appassionati del genere tentando al tempo stesso di intercettare gli appassionati storici del Remedyverse, anche coloro che magari non si sono quasi mai avvicinati a un FPS coop in vita loro (come il sottoscritto). 

FBC: Firebreak: un FPS nell’Oldest House (Player.it)

Come arrivare a quest’obiettivo? Le idee, a naso, potevano essere tante: un gameplay peculiare, in grado di rispecchiare la follia di Control e dell’Oldest House, l’inserimento di un po’ di personalizzazione visibile del personaggio, e soprattutto prendersi il rischio di confezionare un prodotto sì basato per lo più sul multiplayer, ma che non trascurasse del tutto una certa componente narrativa, magari inserendo nel gioco almeno una fase iniziale più guidata in grado di far capire anche solo come questo gioco sia collegato a Control, Alan Wake 2 e soprattutto ai prossimi giochi di quest’universo narrativo (soprattutto se pensiamo che Control 2 è all’orizzonte).

Nel caso di quest’ultimo, si trattava di un obiettivo difficilissimo per un genere come questo, e già altri grandi team di sviluppo hanno fallito in sfide di questo tipo, a partire – sembra – Naughty Dog, messo al lavoro su un gioco multiplayer di The Last of Us fallito in fase di sviluppo nonostante promettesse una formula di gioco in grado di appassionare anche i fan storici e legati alle radici single-player della serie.
Obiettivi che lo premettiamo, al momento, neanche Remedy sembra aver raggiunto del tutto.

FBC: Firebreak: solidità del gameplay e problemi di identità

Nei giorni immediatamente precedenti il suo lancio, Remedy ha condiviso una ambiziosissima timeline di aggiornamenti gratuiti in arrivo per FBC: Firebreak che sembrano delineare un supporto a lungo termine davvero sfizioso, con eventi in-game, nuove classi, meccaniche, personaggi. Se però dobbiamo guardare all’oggi, a quello che FBC: Firebreak è al lancio, dobbiamo essere realisti: non buca come dovrebbe.

Intendiamoci, si tratta di uno shooter strutturato con metodo, che mette a disposizione dei giocatori articolate mappe popolate da orde di posseduti dall’Hiss che i nostri personaggi, in compagnia di un team di altri due (sarebbe bene fossero guidati entrambi da amici in carne e ossa, collegati con cuffie e microfono), dovranno contrastare per arrivare all’obiettivo della mappa: riparare un dispositivo danneggiato, eliminare un’invasione di post-it indemoniati e in grado di prendere possesso “incartare” a dovere e prendere possesso dei giocatori, o eliminare una misteriosa sostanza aliena. Una varietà di incarichi sulla carta convincente e che sembra in grado di strizzare l’occhio al tono new weird dell’universo Remedy.

FBC: Firebreak: solidità del gameplay e problemi di identità
FBC: Firebreak: solidità del gameplay e problemi di identità (Player.it)

Peccato che, pad alla mano, questo lato “stramboide” venga spesso controbilanciato da un impianto shooting “player vs orda” fin troppo frenetico che alla lunga soffoca qualsiasi altra trovata originale, portando il giocatore a dover sopravvivere sparando a tutto ciò che si muove e somigli a un nemico. Giocare a FBC: Firebreak si rivela quindi un’esperienza FPS pura, in cui il divertimento segue schemi propri di quel genere e non esce mai troppo dagli schemi.

È qui il cuore del problema di Firebreak allo stato attuale: è come se gli sviluppatori avessero inserito al suo interno degli elementi che promettono di rendere il gioco peculiare, ma poi, forse per paura di scontentare un’altra parte della platea, abbiano deciso di privilegiare un impianto da shooting molto più classico, una scelta che porta a un amalgama non troppo equilibrato tra pallidi tentativi di innovazione e una formula rodata molto più “normie”.

E qui sorge ancor più preponderante centrale: a chi può piacere del tutto Firebreak? Può piacere a un vero appassionato del genere degli sparatutto cooperativi? Forse, ma perché quest’ultimo non potrebbe decidere di optare magari per un gioco prodotto da un team più esperto, competente e magari con meccaniche ancora più inquadrate? 

In fondo, in Firebreak le idee originali convivono con soluzioni da action cooperativo molto più pigre e già viste, che non sono certo il punto di forza dell’operazione. D’altro canto, quei giocatori in avvicinamento a Firebreak perché attratti dalle atmosfere di Control si potrebbero ritrovare tra le mani un prodotto ancora troppo lontano dalle loro corde per sceglierlo come entry point al genere, poiché privo di trovate di gameplay in grado di sorprenderli.

Di fatto le missioni davvero originali e in grado di far pensare di essere all’interno del mondo di Control – un action/adventure in cui il gameplay è sempre legato a doppio filo alla lore – sono davvero esigue, soprattutto se rapportate al lavoro di fino per rendere l’avventura di Jesse Faden del 2019 apprezzata sia dai fan dell’action “sfidante” sia da coloro che volevano perdersi nella sua storia.

Lo ripetiamo, si tratta di una “fase uno” di un progetto sulla carta vasto, profondo e che dovrebbe accompagnare i giocatori per un bel po’, ma l’impatto iniziale sembra molto inferiore a quello che poteva essere

Il lato “narrativo”: coraggio non pervenuto

C’è infine un ultimo elemento “disturbante”, in un gioco già di per sé sfaccettato e ricco di elementi contraddittori come questo, un elemento già accennato, e che salta all’occhio già dai primissimi momenti di gioco, soprattutto se chi gioca si aspetta una “parte del remedyverse”: come accennato prima, in FBC: Firebreak manca un qualsiasi tipo di introduzione “narrata”, allo stato attuale sembra mancare un collegamento chiaro agli eventi di Control e Alan Wake, così come sembra mancare un pretesto narrativo a quella che sulla carta poteva essere per lo meno un avvincente antipasto a Control 2.

Il lato “narrativo”: coraggio non pervenuto
Il lato “narrativo”: coraggio non pervenuto (Player.it)

Per carità, FBC: Firebreak non nasce certo come un videogioco story-driven come altri di questo universo ed è giusto che il focus sia stato tutto sul gameplay e sull’esperienza ludica. Tuttavia, l’effetto che fa anche durante le prime ore di gioco è quella di una sorta di “sezione multiplayer perduta” di Control, un elemento estraneo al gioco originale – magari inizialmente previsto e poi tagliato – messo sul mercato malamente e senza tanti fronzoli. E questo, per un fan del brand, è abbastanza straniante.

Nessuno si aspettava un concept ludonarrativo capace davvero di segnare un equilibrio perfetto tra storytelling weird e FPS multiplayer e non si faranno certo tragedie per l’assenza di filmati o fasi introduttivi, tuttavia l’idea che un gioco così scarno a livello di pretesto narrativo porti la firma di uno dei team creativi più importanti del videogioco contemporaneo non può che stupire in negativo e portare a pensare a qualche potenziale inespresso

FBC: Firebreak è quindi in definitiva semplicemente un tentativo di Remedy di adeguarsi al mercato in un’epoca dominata dal gioco online, una “voga” che a suo modo ha portato alla messa in cantiere di decine di giochi di questo tipo? Allo stato attuale la risposta è abbastanza tendente al sì. Vedremo se più avanti, nel pieno del supporto post-lancio e delle sue innovazioni, se potremo rimangiarci la parola.

FBC: Firebreak è un tentativo divertente ma forse non del tutto a fuoco di trasporre l’universo Remedy in un first person shooter. Il gioco fa il suo, offrendo abbastanza divertimento soprattutto se giocato in squadra, anche grazie ad alcuni incarichi particolarmente nello stile di Control, con tutta la loro carica di weirdosità. Tuttavia, il più del tempo Firebreak non riesce a mettere in campo idee veramente innovative, ritagliandosi un angolino in un settore che da questo progetto avrebbe avuto bisogno di ancor più originalità e follia. Tornare a combattere nell’Oldest House è piacevolissimo, ma almeno in questa sua prima fase FBC: Firebreak sembra essere un gioco dal potenziale ancora non espresso pienamente.