Quattro nuove funzioni introdotte in Windows 11. Che secondo alcuni vanno considerate come delle vere e proprie dark pattern.
Il dark pattern è una tecnica di design di un’interfaccia digitale pensata per influenzare inconsciamente le decisioni dell’utente. Non si tratta di bug o di errori, ma di scelte intenzionali che rendono più facile accettare un’opzione proposta dall’azienda a discapito dell’autodeterminazione e del vero controllo personale sul sistema.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando basta pensare ai pulsanti di conferma che risultano quasi sempre più evidenti rispetto a quelli di rifiuto. O alle opzioni nascoste per disattivare i servizi. Ancora: le insopportabili schermate che ripropongono scelte già rifiutate.
Windows è sempre più usa a tali pratiche, che ovviamente vanno sempre criticate e guardate con sospetto, dato che riducono la trasparenza e limitano la libertà dell’utente. E, anche se non se ne parla molto, bisogna rilevare che nel 2025 Microsoft ha introdotto quattro nuove forme di dark pattern in Windows 11.
La prima funzione invasiva riguarda il nudge verso l’uso dell’AI. Windows spinge senza ritegno Copilot e presenta le sue funzioni integrate ovunque. Da Word al Notepad. E lo fa con pop-up e notifiche, che ricordano ossessivamente che si può attivare Copilot, o con le funzioni Vision.
L’altro dark pattern è una vera novità: il file explorer con Recommended al posto del Quick Access. In pratica, la sezione che mostrava i file locali recenti ora evidenzia contenuti cloud, cioè relativi a OneDrive e a Microsoft 365. Volendo, è possibile tornare a Quick Access, ma la scelta predefinita spinge verso sempre verso l’ecosistema cloud.
Troppi dark pattern: Windows 11 inganna l’utente?
La terza funzione che fa storcere il naso agli utenti riguarda i setup screens di SCOOBE con i suoi pulsanti sbilanciati. In questo caso succede che dopo degli aggiornamenti importanti appaia una nuova schermata di configurazione. E qui il pulsante “Accetta impostazioni predefinite” si evidenzia con maggiore grandezza e colore rispetto alla scelta “Mantieni impostazioni attuali”, che diventa quasi nascosta, poco visibile.

Magari l’utente ha scelto Chrome come browser, ma dopo l’aggiornamento si ritrova Edge come motore di ricerca principale. Oppure si finisce per riattivare OneDrive anche se lo si era disattivato.
L’ultima funzione negativa riguarda la creazione di un account locale senza collegamento al cloud. Per farlo, ora serve per forza una connessione internet. E ci vuole pure un account Microsoft. Altrimenti sarà impossibile completare l’installazione. E tutte le varie scorciatoie per evitare questa imposizione sono state progressivamente eliminate.
