Echoes Of The End: il God of War like a tema fantasy è puro cinema da giocare | Recensione (PC)

La protagonista di Echoes of the End
Echoes of the End | Recensione (PC) | Un'epica avventura tra fuoco e ghiaccio (player.it)

Abbiamo giocato il titolo d’esordio di Myrkur Games, un action-adventure compatto che richiama i bei vecchi single-player di una volta.

A volte, smaltite lo sbornie live service e investiti gli ultimi risparmi nell’ultimo AAAAAAA+ sovraprezzato, si ha solo voglia di una bella esperienza single-player che ci faccia sentire a casa. Parlo non solo in qualità di gamer cresciuto negli anni Novanta su console, dove le esperienze per giocatore singolo erano la norma, ma anche come giocatore contemporaneo cui ogni tanto piace staccare dall’hype del momento e concentrarsi su produzioni indipendenti più compatte, che sperimentino meccaniche inusuali o ripropongano efficacemente variazioni su design noti.

A questa seconda categoria appartiene Echoes of the End, opera prima dello sviluppatore islandese Myrkur Games, team nato nel 2016 dalla scommessa di un trio di studenti universitari che con pazienza e dedizione sono riusciti a imbastire un team di 40 persone con veterani provenienti da Ubisoft, Supermassive, The Bearded Ladies e altri ancora, e dopo 9 anni di duro lavoro sono pronti a dare alle stampe il loro gioco d’esordio, in uscita oggi 12 agosto su PC, PS5 e Xbox Series X|S.

Cinema da giocare

un'ambientazione di Echoes of the end
Cinema da giocare (player.it)

È lampante l’intento di Myrkur Games di offrire al giocatore una narrazione epica messa in scena con un taglio cinematografico. La trama del gioco, pur basata su una lore corposa, fa capo a un pugno di personaggi: Ryn, la protagonista, è una Vestigia, un essere umano dotato di poteri magici misteriosamente legati alle Egide, potenti cristalli energetici che in passato hanno fatto la fortuna di un Impero, ma ne hanno anche decretato la fine per smembramento in diverse fazioni. Molti secoli sono passati da allora: della storia dell’impero e delle ragioni della sua caduta si sono perse ormai le memorie, e tutto ciò che importa alla piccola enclave di Noi Syrouve è mantenere la propria indipendenza pacifica dai regni confinanti, nati a seguito della fine dell’impero e immersi in guerre permanenti.

Ryn è una sentinella di pattuglia ai confini dell’enclave: ha seguito le orme paterne, imparando tutto il possibile dal genitore fino alla sua prematura scomparsa. Ora cerca di fare da mentore all’indisciplinato fratello Cor, seguendo al contempo le direttive del comandante Kelen e del suo apprendista Arel. Tutto procede bene fino al giorno fatidico: il regno di Reigendal sta tentando una nuova invasione di Noi Syrouve, ma talvolta è diversa dalle altre: spiccano la determinazione dello spietato generale Aurick, e soprattutto la presenza di Zara, una Vestigia che ha messo i propri enormi poteri magici al servizio della guerra.

In una sortita improvvisa la guarnigione delle sentinelle viene massacrata, Ryn sconfitta e Cor rapito. Determinata a proteggere il suo paese e a salvare suo fratello, Ryn si lancia in una disperata missione di salvataggio, potendo contare solo su sé stessa e sull’aiuto di Abram Finlay, un misterioso ricercatore che si presenta come amico di lunga data di suo padre.

Cutscene di Echoes of the End
Cinema da giocare (player.it)

Ho tenuto a riassumere per intero la premessa narrativa del gioco, perché i protagonisti che ho citato sono letteralmente i soli e unici personaggi che incontriamo in Echoes of the End. Al di fuori dei nemici generici e dei boss, infatti, non troveremo NPC di sorta nel corso dell’avventura, e tutti i dialoghi saranno pronunciati dai personaggi summenzionati.

La scelta di assemblare un cast così contenuto è certamente figlia di esigenze produttive, ma si traduce anche in una scelta artistica precisa: catapultare il giocatore in una narrazione compatta, estremamente sul pezzo, con rimandi evidenti al cinema d’azione/avventura in salsa fantasy, più dalle parti di Conan il Barbaro che da quelle de Il Signore degli Anelli. Un racconto epico ma spiccio, più incentrato sulla natura che sulla cultura, sul fantasy più che sullo storico, sull’impressione più che sulla spiegazione.

Nel corso della decina di ore circa necessarie a completare l’avventura, approfondiremo la conoscenza di questo manipolo di personaggi, scoprendone il carattere, le motivazioni e le sfaccettature. Non siamo di fronte a una narrazione complessa, anzi: si ricalcano luoghi communi di tante epiche letterarie e cinematografiche precedenti, ma gli scrittori di Myrkur Games riescono a farlo senza pedanteria e, soprattutto, mantenendosi sempre focalizzati sul qui e ora, sulla prossima azione da compiere, sulla prossima meta da raggiungere.

Ne esce un racconto incalzante che evita pressoché qualsiasi preambolo e ci catapulta da subito nel vivo dell’azione e degli eventi, permettendoci poi di recuperare gli antefatti strada facendo per mezzo dei dialoghi e dei collezionabili nascosti qua e là per i 10 capitoli (ma non sarebbe sbagliato riesumare la parola “livelli”) del gioco.

Pur nell’assenza di chissà quali picchi narrativi, il cast merita senz’altro un encomio per aver offerto interpretazioni relativamente intense e sfaccettate, pur avendo a che fare con copioni non esenti da cliché di genere. Tra conflitti intergenerazionali non risolti, rimpianti di gioventù e/o di vecchiaia e il celebre adagio Marvel-iano per cui “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, Echoes of the End offre un intreccio moderatamente prevedibile ma non per questo poco godibile. Un plauso va anche all’ottima motion capture che, unita al sapiente uso di Unreal Engine 5, restituisce espressioni credibili, sfumature di intenzione e animazioni davvero notevoli, inaspettate per un gioco AA ma che forse diverranno sempre più alla portata di qualsiasi produzione a medio budget.

Un sofisticato sistema di specchi e leve

la barca in Echoes of the End
Un sofisticato sistema di specchi e leve (player.it)

Quanto scritto finora sull’approccio cinematografico alla narrazione non vi deve ingannare: non siamo di fronte a un Helblade, in cui la storia prevale sul gameplay, anzi è proprio il contrario. Da questo punto di vista Echoes of the End rappresenta la quintessenza dell’action-adventure single-player lineare.

Ciascuno dei 10 capitoli/livelli si snoda attraverso le lande desolate di Aema, una terra che i miti dipingono come un paradiso traboccante di vita ma che la realtà odierna ha ridotto a una landa desolata punteggiata da rovine di civiltà perdute. L’art design persegue un approccio da fantasy realistico, dando vita a paesaggi che rappresentano un connubio bizzarro tra Death Stranding e Elden Ring: la natura selvaggia di evidente richiamo islandese (il team ha scansionato intere porzioni di paesaggio tramite fotogrammetria per creare asset virtuali) si alterna a interni di templi ancestrali con architetture precarie e decorazioni dagli ignoti significati.

Il colpo d’occhio regala panorami mozzafiato a ripetizione, che fanno per un attimo dimenticare i confini molto netti entro cui ci muoviamo. Il map design è infatti progettato a percorso unico, come una serie di sfide inanellate una dopo l’altra, e presentate al giocatore con una inflessibile alternanza di sezioni esplorative con leggeri elementi platform, fasi di combattimento in arene circoscritte e rompicapo ambientali. Questa tripartizione si ripropone identica per tutto il gioco, proponendo variazioni sul tema che, se nel caso dell’esplorazione e dei puzzle funzionano bene, lasciano invece a desiderare sul fronte del combattimento. Ma andiamo con ordine.

Sulle sezioni esplorative non c’è molto da dire: sono le fasi più lineari in assoluto, possiamo considerarle dei raccordi tra le altre due principali istanze di gioco, e servono più che altro a evolvere la trama portandoci con naturalezza da uno scenario all’altro, o approfondire la conoscenza dei protagonisti tramite i dialoghi tra Ryn e Abram.

un mulino in Echoes of the End
Un sofisticato sistema di specchi e leve (player.it)

In queste fasi c’è del platform poco impegnativo, delle semplici interazioni con l’ambiente (ruotare qualche marchingegno, aprire qualche cancello, guidare una barca, dondolarsi su funi…) e ci si guarda attorno godendosi scorci incantevoli. Ci sono anche dei collezionabili nascosti in zone poco visibile del livello, che oltre a regalare un po’ di esperienza e fornire dettagli di lore, possono anche potenziare in modo permanente i nostri attributi di salute e potere magico.

In tutto questo stona l’impossibilità di nuotare: cadendo in una qualsiasi pozza d’acqua, il gioco fa respawnare Ryn sul terreno solido e le toglie un po’ di energia. Una soluzione che, se è valida per le cadute nei precipizi, è un po’ ridicola in relazione al nuoto, viste le acrobazie sempre più incredibili che ci troveremo a compiere nel corso dell’avventura. È anche leggermente straniante il fatto che il vecchio Abram utilizzi un rampino per superare agilmente sezioni che a noi richiedono tempo e fatica!

Le sezioni puzzle, d’altra parte, oscillano tra l’accattivante enigma logico ben congegnato e qualche momento poco chiaro in cui andrete di intuizione e/o trial and error. In generale, ogni capitolo introduce qualche nuova meccanica su cui basare i rompicapo ambientali: a volte avremo a che fare con la manipolazione spaziale, altre volte con quella temporale, oppure un mix di entrambe; in alcuni casi ci servirà il giusto tempismo, in altri dovremo ragionare unicamente di testa per trovare un giusto ordine o capire la giusta sequenza di azioni. Insomma c’è una discreta varietà ed è l’aspetto che ho preferito dell’intera esperienza.

un puzzle in Echoes of the end
Un sofisticato sistema di specchi e leve (player.it)

La difficoltà quando si parla di enigmi è estremamente soggettiva: personalmente ne ho trovati di intuitivi, di bilanciati e di moderatamente impegnativi; in un solo caso ho dovuto dormirci sopra dopo un’oretta di tentativi, e al mattino seguente l’ho risolto con nonchalance: proprio vero che il sonno porta consiglio! Per quasi tutti gli enigmi avrete la possibilità di chiedere aiuto ad Abram, che vi darà qualche dritta circa la logica di fondo del puzzle, senza però mai dirvi esplicitamente quali azioni dovete compiere. Perciò il suggerimento potrebbe essere utile o inutile, a seconda della vostra situazione.

Per amor di completezza devo anche dire che in un singolo caso, quello che penso sia un bug (Ryn veniva puntualmente sbalzata via da una piattaforma in movimento su cui doveva sostare per saltare su un appiglio) mi ha fatto temere di non riuscire a superare una sezione; ho risolto con un escamotage che dubito fosse la soluzione pensata dai designer, e al momento non sono sicuro di quale fosse la soluzione al problema, ma sono curioso di vedere futuri gameplay di altri giocatori per scoprirlo.

Che la pulizia tecnica del gioco sia tutt’altro che perfetta, non lo si vede solo da questo esempio, ma anche dalle numerose sezioni di “scivolamento” in cui Ryn deve saltare ed evitare ostacoli mentre è in accelerazione, che sono una più atroce dell’altra in quanto a telecamera, fisica e animazioni. I difetti maggiori però li ho riscontrati nel combat system che, malgrado le buone premesse di partenza, non riesce a brillare per alcune sbavature che ne compromettono un po’ il divertimento.

Spada e magia

un boss di Echoes of the End
Spada e magia (player.it)

Il combat system di Echoes of the End combina azione all’arma bianca e attacchi magici, con cui possiamo effettuare manovre complesse in modo semplice e con risultati visivamente d’impatto. Ryn dispone di un’unica arma per tutta la partita, una spada che non ha poteri speciali. Può sferrare fendenti leggeri o pesanti, mettersi in guardia per parare qualsiasi attacco in arrivo, deflettere i colpi col giusto tempismo, il che rompe immediatamente la guardia avversaria (non esistono i concetti di stamina ed equilibrio) e schivare rapidamente o rotolare.

Poi c’è la componente magica. Ryn può utilizzare la magia in vari modi, ma la maggior parte di essi ha a che fare con la gravità: innanzitutto può lanciare violentemente gli avversari di piccola taglia in giro per campo di battaglia, ottenendo i risultati più efficaci quando li catapulta contro altri nemici o contro oggetti distruttibili dello scenario, provando danni maggiorati ed effetti a carambola, ad esempio facendo crollare una torretta da cui un avversario ci sta bersagliando, facendolo precipitare e uccidendolo istantaneamente.

Viceversa, si possono lanciare oggetti dello scenario direttamente contro i nemici, per ottenere effetti simili e magari interrompere attacchi in preparazione, strategia utile contro nemici di grossa taglia e boss. Con queste spinte si possono raggiungere risultati molto soddisfacenti come spingere nei burroni un gran numero di nemici, sfoltendo le fila avversarie.

Poi c’è il nostro compagno d’avventura Abram, che ci dà una mano concreta in battaglia, ad esempio prendendo alle spalle un nemico per permetterci di colpirlo mentre è indifeso, o paralizzandoli momentaneamente per poter scaricare su di loro i nostri colpi migliori.

nemici in Echoes of the End
Spade e magia (player.it)

Un sistema di progressione molto basilare permettere di spendere l’esperienza accumulata in battaglia per acquistare nuove abilità suddivise in 4 rami: poteri magici, bonus passivi, combo di spada e manovre sinergiche. Si apriranno così possibilità di combo complesse, attacchi concatenati fisici e magici, instant kill coadiuvate dal nostro compagno e altro ancora. Potremo assorbire energia dai nemici, scagliali in aria a gruppi, lanciare la spada come un boomerang… ci molte possibilità per fare delle stragi con stile!

Il sistema è ben congegnato e offre una discreta varietà, permettendo al giocatore di adattare l’approccio che preferisce tra aggressività e attendismo. Gli scontri inizialmente ci mettono davanti poche manciate di nemici, ma nelle fasi finali dell’avventura consisteranno di orde più numerose e agguerrite, e dovremo esercitare un costante crowd control con tutti i mezzi a disposizione per non avere la peggio, anche perché Ryn non potrà mai permettersi di subire troppi colpi. Ci sono 3 livelli di difficoltà selezionabili, e quello Bilanciato offre il giusto grado di sfida, in cui ogni bossfight andrà ripetuta più volte per imparare i moveset avversari e regolarsi di conseguenza.

Tuttavia il combat system è tutt’altro che perfetto, anzi è minato da alcuni problemi che inficiano non poco il divertimento. Innanzitutto la varietà dei nemici: è molto risicata. I soldati dell’esercito nemico si dividono in alcune tipologie (soldato base, frecciatore, soldato pesante, “ninja”), e condividono ovviamente outfit simili. Le bestie sono anch’esse una manciata, suddivise fra troll senza cervello muniti di clave, scorpioni, lumache giganti in stile Souls e poco altro.

magia in Echoes of the End
Spade e magia (player.it)

Ogni livello contiene molteplici istanze di combattimento, tutte obbligatorie, in cui ci verranno proposti a più riprese gli stessi gruppi di nemici, senza grosse variazioni. Da metà gioco in poi la cosa si farà molto ripetitiva, e a cambiare sarà semplicemente il numero, sempre maggiore, ma non la qualità degli scontri, che rimarrà sempre la stessa. A parte l’occasionale presenza di precipizi da cui far cadere gli sventurati, non ci sarà mai nulla a caratterizzare il terreno di scontro che non sia qualche sasso o pezzo i legno da lanciare addosso ai nemici.

Per quanto riguarda le bossfights, esse sono sicuramente più divertenti degli scontri occasionali, ma anche in questo caso si notano alcuni problemi. In caso di nemici di grosse dimensioni, la telecamera sbarella che è un piacere e il lock tende a perdersi più volte per motivi insondabili (e spesso non si capisce nemmeno se sia attivo o no perché il non c’è una differenza evidente a schermo) il che ci assicurerà un buon numero di game over indipendenti dalle nostre azioni. Un paio di boss, inoltre, dovremo combatterli più di una volta, in momenti diversi dell’avventura: con grande delusione ho constatato che si presentano pressoché identici nelle differenti istanze, con moveset che non cambiano di un’oncia o con leggerissime variazioni.

Non è un problema ripetere uno scontro con un boss già affrontato, specie in una produzione a budget medio come questo, ma non fa piacere ripetere esattamente lo stesso scontro! Tanto più se essi presentano problemi di visuale come quelli descritti sopra, che rendono la schivata di certi attacchi più una questione di fortuna che di abilità. Non ha aiutato il fatto che in uno di questi scontri ripetuti si manifestasse a più riprese un bug che spostava il nemico a mezz’aria dopo un determinato attacco, rendendolo di fatto invulnerabile e forzando il reload della partita. Nulla che non si possa correggere rapidamente con una patch, ma intanto va segnalato.

scontro di Echoes of the End
Spade e magia (player.it)

L’elemento più problematico riguarda però l’impossibilità di sovrascrivere gli input di comando. Una volta iniziata l’animazione di un attacco sarà impossibile cancellarla, impedendoci di correggere la manovra in risposta al comportamento avversario. Se nel mezzo di una combo ci accorgiamo che il nemico sta preparando un attacco che possiamo solo evitare (blink rosso) o deflettere (bianco) non potremo fare altro che prendercelo in faccia, se abbiamo già dato l’input di attacco.

Si tratta di un limite molto grave specialmente durante le bossfight, data la velocità di manovra di alcuni avversari. Stando così le cose il gioco ti obbliga o a giocare tutti gli contri sulla difensiva, agendo in risposta alle mosse avversarie e dilatando così i tempi in modo ingiustificato, oppure giocare d’azzardo mettendo in conto che ci esporremo in ogni momento a un rischio potenzialmente mortale. In entrambi i casi l’esperienza risulta tutt’altro che appagante, e spero che il team lavori per correggere quello che al momento è un ostacolo notevole al funzionamento di un sistema che per il resto svolge efficacemente il suo dovere.

In ultimo, anche la longevità risente di limiti evidenti: conclusa una run non ci sono extra o modalità aggiuntive che ne incentivino una seconda, se non la volontà di recuperare tutti i collezionabili o di cimentarsi nella difficoltà massima. Ma con i problemi summenzionati legati al combattimento, temo sarebbe più un supplizio che un piacere.

Giudizio finale

Echoes of the End è una solida opera prima che mostra la capacità di Myrkur Games di confezionare un’esperienza action-adventure single player compatta, con una narrazione epica in salsa cinematografica, enigmi divertenti e un art design mirabile. Purtroppo cede un po’ il fianco a un combat system afflitto da qualche problema serio, e la necessità di un lavoro di polishing rigoroso. Se per il secondo son certo che il team islandese possa risolvere la questione in tempi rapidi, sul primo ho dubbi più seri. In ogni caso si tratta di un esordio che merita attenzione e lascia ben sperare per il futuro.

Voto: 7.5