Dead Space – Recensione di un remake da brividi (XSS)

recensione remake dead space

E così… siamo di nuovo qui, ehhh, canterebbe Vasco Rossi, ma questo non è il palco di un concerto e qui non c’è proprio nulla da cantare, anzi, fare troppo rumore attirerebbe le mostruose creature che hanno invaso la USG Ishimura. Era il 2008 quando Dead Space fece la sua prima apparizione cambiando totalmente le carte in tavola del genere horror a tema sci-fi e divenendo nel tempo vero e proprio oggetto di culto per gli appassionati, tanto da entrare nell’olimpo dei survival horror insieme a giochi del calibro di Silent Hill e Resident Evil 2.

Recensire un remake non è così semplice come qualcuno potrebbe pensare, perché bisogna stare attenti a non dare giudizi guidati dal proprio Io fanboy e soprattutto è necessario fare lo slalom tra “ma non è un remake, è una remastered” e “prezzo pieno per lo stesso gioco? ahahah“. Dobbiamo stare tutti molto calmi e dire le cose come stanno: e la prima cosa da dire è che chi pensa che Dead Space non sia un remake è fuori strada, perché il gioco del 2023 non è lo stesso del 2008. È un dato di fatto.

Ma questo va spiegato e la recensione è qui per farlo.

Torniamo sull’Ishimura dopo 15 anni

Affinché un remake sia definito tale, quanti cambiamenti deve apportare all’opera originale? La trama di Dead Space risulta già una buona risposta perché, sebbene non sia stata stravolta, ha ricevuto aggiunte e integrazioni che permettono ai nuovi giocatori di avere un quadro più completo e ai vecchi di non trovarsi spiazzati. Partiamo dal principio.

Isaac Clarke è un ingegnere spaziale che lavora per la C.E.C., una società che si occupa di inviare navi da carico a distruggere pianeti per ricavarne minerali. Il nostro protagonista viene inviato a bordo della USG Kellion a controllare lo stato di una di queste navi, la ormai famigerata USG Ishimura, da cui non si ricevono più segnali. Insieme ai colleghi Hammond e Daniels, si ritroverà davanti a uno spettacolo raccapricciante.

Tutto l’equipaggio della Ishimura è morto, i corpi dimostrano che le cause della morte non sono certo naturali, anzi, i cadaveri straziati mettono in allarme Isaac e gli altri che proprio non riescono a darsi una spiegazione razionale. Per ragionare non c’è tempo perché la nave è in avaria e qualcosa si nasconde pronta a fare degli umani la loro preda.

I necromorfi, organismi alieni in grado di infestare i cadaveri, risvegliano i membri del personale della Ishimura trasformandoli in creature mostruose dalla feroce natura predatoria. Inizia dunque un vero incubo che vedrà Isaac costretto a sopravvivere, mentre sullo sfondo della vicenda si intravedono anche gli effetti di un culto, Unitology, che sembra avere molte responsabilità su tutto ciò che è accaduto.

La trama non è l’elemento portante della produzione, è sempre stato così, anche nell’originale, ma va benissimo così. La trama di Dead Space è in linea con i prodotti sci-fi horror a cui si ispira, con i protagonisti che, rispondendo a una chiamata da parte di una nave in avaria, si ritrovano in un luogo infestato da mostri alieni, punto. Non mancano ovviamente capovolgimenti di fronte e plot twist, soprattutto per quel che riguarda un certo personaggio (chi ha giocato l’originale ha già capito), che offrono un quadro narrativo generale in grado di giustificare pienamente la mattanza in corso e i nostri tentativi di fuga.

Quel che si nota già dal 2008 è che tutta la questione di Unitology non è mai davvero così centrale, nonostante si dimostri poi il motore, perché si è sempre data, anche giustamente, maggiore importanza alla presenza scenica dei necromorfi piuttosto che al culto. Quest’ultimo è più colore che altro. Nel remake la consapevolezza dei protagonisti dell’esistenza di Unitology arriva molto prima, il culto viene inoltre investigato più a fondo, senza però che il gioco si prodighi in approfondimenti particolarmente complessi.

Il cambiamento narrativo più evidente fin dalle prime battute riguarda proprio Isaac che da silent hero diventa essere pensante e parlante (è presente il doppiaggio in italiano, anche di buona fattura). Si tratta di un’aggiunta gradita che rende più coerente ciò che avviene su schermo, visto che di fronte a tali orrori un personaggio che rimane sempre senza parole e pedissequamente obbediente non è esattamente il massimo dell’immersione. Anzi, un Isaac muto non offriva nulla in più all’immersione poiché la distanza tra personaggio e giocatore in Dead Space è già palese di suo. Pertanto, la ritrovata favella di Isaac Clarke è un punto a favore, ma non aspettatevi l’introspezione e una caratterizzazione di livello assoluto. È un’integrazione, va bene senza strafare.

Alla struttura narrativa sono state aggiunte nuove cutscene, nuove registrazioni, inedite linee di dialogo; i personaggi sono stati riscritti per dare loro maggiore profondità, inclusi quelli secondari il cui ruolo è stato espanso. Interazioni ed elementi narrativi sono stati riveduti e corretti per legarsi in modo ottimale con gli eventi di DS2 e DS3.

Dead Space sotto taurina

Noi però vogliamo la ciccia, e la ciccia in Dead Space è rappresentata dal gameplay e dall’estetica/grafica; sì, anche dall’estetica e dagli aspetti tecnici perché nel videogioco di EA Motive non si può separare il gameplay dall’audio, dall’illuminazione e dai dettagli grafici essendo questi tutti elementi che fanno sì che anche il gameplay funzioni. Il concetto di atmosfera in Dead Space è fondamentale, più di tanti altri titoli. Ed è in questi elementi che si nota in modo decisivo l’eccezionale lavoro di remake svolto sull’opera originale. Prendete Dead Space del 2008 e iniettategli copiose dosi di taurina, ecco cosa ne esce fuori.

Giocando al remake, si avverte una costante sensazione di déjà-vu perché la base è ben riconoscibile anche dopo tanti anni. Avviene lo stesso nei remake dei Resident Evil, con la differenza che Capcom ha dovuto restaurare titoli molto più vecchi dal punto di vista strutturale, mentre Dead Space parte da una base già moderna ancora oggi pienamente funzionante. Il compito di dare nuova vita al titolo fantascientifico, dunque, era arduo, ma è stato eseguito alla perfezione.

Disposizione delle stanze, progressione nei livelli, posizionamento dei nemici, alcuni script fondamentali per tenere alta la tensione, sono elementi che durante l’avventura fanno pensare al giocatore frasi tipo: “Questa parte me la ricordo, ma era diversa“, “Qui c’era questo, adesso invece è altrove“, perché sono stati mantenuti degli asset di base, su cui però Motive ha effettuato delle modifiche che rendono l’esperienza nuova.

Combat system e audio da paura

Animazioni, effetti, ambientazioni, modelli dei personaggi e dei necromorfi sono stati ricostruiti in Frostbite Engine e inseriti in un contesto estetico più scuro e asfissiante. Ora l’Ishimura è maggiormente claustrofobica grazie a un’illuminazione che mostra solo ciò che serve, lasciando il resto nella penombra, cosa che costringe il giocatore a mirare anche durante l’esplorazione per fare in modo che la luce della torcia delle armi fenda flebilmente l’oscurità, alla ricerca del percorso giusto e di nemici in agguato. In Dead Space remake, tornano alcuni elementi fondanti del gioco originale, come la possibilità, attraverso la pressione della levetta analogica destra, di tracciare una linea luminosa che mostra il prossimo obiettivo, e ovviamente l’hud diegetico che ha fatto la fortuna dell’opera di Visceral Games ai tempi.

La salute, il numero di munizioni, la quantità di stasi non sono a schermo, ma impressi direttamente in game, ovvero sulla tuta e sulle armi. La pulizia dell’hud rende ancora più palese l’egregio lavoro svolto dagli sviluppatori per portare il senso di immersione del remake a livelli superiori. Va segnalato che l’inquadratura è diversa, ora la telecamera è più lontana dalla schiena di Isaac, ciò permette al giocatore di avere una visuale un po’ più ampia di ciò che avviene si schermo, mentre nell’originale i movimenti dei nemici e lo spostamento dello stesso Isaac risultavano meno leggibili. Questa modifica fa un gran bene al combat system, tra i migliori mai creati in un survival horror con elementi shooting.

Come ben sappiamo, i necromorfi possono essere uccisi solo sparando ai loro arti, smembrandoli e lacerando le loro carni. Colpi alla testa e al torso possono rallentarli, ma riducono anche il numero delle nostre risorse. Non mancano inoltre nemici che hanno bisogno di tattiche diverse per essere affrontati a dovere, come il Bruto che, protetto da una corazza, va aggirato usando la stasi per poi essere colpito alle escrescenze sulla schiena, o il temibilissimo Cacciatore, in grado di rigenerarsi continuamente. Il combat system prevede la presenza di varie tipologie di armi, dalla lama al plasma al fucile a impulsi, dallo squartatore (in grado di generare seghe a nastro laceranti) al lanciafiamme. Le armi principali hanno due modalità di fuoco che vanno sfruttate a dovere per avere la meglio.

Le diverse modalità di fuoco non sono semplici orpelli, infatti, nel remake i nemici, a livello normale, appaiono più resistenti e insistenti nella loro volontà di venirci a prenderci, considerando anche la loro maggiore velocità. Essere rincorsi dai necromorfi, mentre emettono i loro versi terrificanti, non è piacevole. Allo shooting si affiancano, come abbiamo detto, la meccanica della stasi, da ricaricare con pack consumabili o presso delle stazioni, che ci permette di rallentare i nemici, e quella dell’energia cinetica con la quale prendere a distanza e lanciare oggetti ai mostri per rallentarli o, nel migliore dei casi, impalarli. È possibile anche raccogliere gli arti degli stessi alieni per usarli come oggetti contundenti.

Il combat system di Dead Space non risulta mai rotto né a vantaggio del giocatore né a vantaggio dei necromorfi, i quali sono in numero maggiore, possono cogliere di sorpresa Isaac, afferrarlo e sfruttare gli spazi angusti per togliergli vie di fuga, invero tutte queste possibilità non rendono mai frustrante l’esperienza di gioco. È necessario capire bene come affrontare ogni singolo nemico, fare mente locale su dove si trovino stanze e corridoi più ampi, prestare orecchio a qualsiasi cambiamento della musica e soprattutto ai versi delle creature. Imparando ciò, il combat system diventa davvero appagante e sfidante al punto giusto. Grande lavoro è stata svolto con l’audio, così da brividi e “avvolgente” da farci sobbalzare seppur senza la presenza di nemici nelle vicinanze.

Nuove dinamiche per un nuovo terrore

Ci sono due nuove dinamiche che più delle altre fanno di Dead Space un remake con la R maiuscola: il dynamic encounter generation system e il peeling system. Nel primo caso, Dead Space ci mette di fronte a incontri ed eventi generati casualmente che rendono ogni partita diversa dalle altre. A parte alcuni script sempre uguali per motivazioni narrative, nel remake sono presenti incontri con i nemici ed eventi spaventosi che si generano in modo casuale per impedire al giocatore di abituarsi. Questi eventi possono essere luci che si spengono, rumori nei condotti di ventilazione, necromorfi appostati dietro un angolo, cambiamenti di ritmo della musica.

Nel caso del Peeling system, invece, abbiamo una dinamica molto pubblicizzata nei mesi precedenti al lancio. La maggior cura nei dettagli, le potenzialità hardware superiori, la grafica in 4K hanno permesso agli sviluppatori di rendere visivamente più violenti e ripugnanti i combattimenti. Lo smembramento degli arti adesso è più preciso, più realistico perché i nostri colpi vanno a intaccare anche ossa e cartilagini. Alla fine di uno scontro, non sarà raro trovarsi in un vero e proprio bagno di sangue, con arti staccati da ogni parte.

Grosse novità anche per quanto riguarda le sezioni a gravità zero. Nell’originale, queste erano il punto debole dell’intera produzione, troppo statiche e legnose, con Isaac che poteva solo saltare da una superficie all’altra. Nel remake, la mobility è stata migliorata consentendo al giocatore di muoversi a gravità zero liberamente, come nei livelli normali. Sono state aggiunte parecchie zone a gravità zero in più, anche all’esterno dell’Ishimura. In generale, l’esplorazione e la progressione sembrano più varie e solide, ad esempio durante l’arco dell’avventura (della durata di circa 12/15 ore) sono stati inseriti puzzle ambientali, in cui siamo chiamati a reindirizzare l’energia elettrica verso le zone che ci interessano, usare la stasi per fermare turbine e generatori elettrificati per proseguire e sporadicamente usare la logica.

Inoltre, nell’originale le stanze erano praticamente tutte accessibili dall’inizio, invece ora dobbiamo trovare tessere di vari livelli di accesso per poter entrare in zone importanti per la trama. La progressione presenta ancora gli stilemi dei survival old school, in cui il backtracking la faceva da padrona. L’espediente ludico che porta a questo ossessivo backtracking sta nel fatto che nell’Ishimura, fondamentalmente, non funziona mai nulla, quindi Isaac, in quanto ingegnere, deve fare avanti e indietro per aggiustare cose. Nel 2008 era uno standard ancora accettato, nel 2023 forse un po’ meno. Questo però non inficia assolutamente la qualità del prodotto, infatti, la tensione sempre altissima fa passare in secondo piano il backtracking.

Segnaliamo che negli ultimi due capitoli Dead Space ricade nell’errore in cui incappano altri survival horror, ovvero quello di non riuscire a dosare fino all’ultimo il numero di nemici. Le ultime fasi del gioco ci sono apparse più action, ma anche in questo caso non possiamo certo parlare di un difetto imperdonabile.

Commento finale

Da oggi, insieme a Resident Evil 2 sull’Olimpo dei remake ci finisce anche Dead Space, una produzione eccellente sotto tantissimi punti di vista. Dead Space remake è nuovo in tantissimi aspetti, più angosciante, più claustrofobico, più visivamente violento. Il peeling system e il dynamic encounter generation system offrono al giocatore un’esperienza terrificante e brutale, il lavoro svolto con il Frostbite Engine su effetti, animazioni e texture è pazzesco, come lo è quello svolto con l’audio, coinvolgente come non mai. Che siate nuovi giocatori o vecchi fan della serie, Dead Space remake è un gioco tutto da (ri)scoprire come se fosse la prima volta. Le migliorie coinvolgono ogni singolo aspetto, a eccezion fatta dell’impianto narrativo che è rimasto più o meno invariato nonostante alcune integrazioni.

PRO

  • È Dead Space migliorato in ogni aspetto
  • Direzione artistica ancora più claustrofobica
  • Combat System che non ha punti deboli
  • Fa più paura dell'originale
  • Audio spaventoso

CONTRO

  • La storia non ha ricevuto migliorie significative
  • Backtracking un po' troppo old school

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9.2

Storia - 7.5 / 10

Grafica - 9 / 10

Longevità - 8 / 10

Gameplay - 9 / 10

Sonoro - 10 / 10