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Informazioni su: Ghost of Tsushima

Ghost of Tsushima – Recensione [PS4]

recensione ghost of tsushima

Le premesse di Ghost of Tsushima hanno creato molto interesse attorno all’open world di Sucker Punch ambientato durante l’invasione mongola del Giappone. La volontà di omaggiare le opere di Akira Kurosawa, regista che ha influenzato tantissimo il cinema occidentale, e la particolare meccanica esplorativa del vento guida sono solo alcuni elementi che hanno spinto i giocatori a cercare in GoT l’ennesimo punto di riferimento per le esclusive di Sony, dopo aver toccato con mano The Last of Us: Parte II.

Sarà davvero così? Molti si aspettano che Ghost of Tsushima diventi un nuovo caposaldo degli open world, coadiuvato da un’ambientazione ricca di fascino. Il Giappone feudale immaginato da Sucker Punch sarà la nuova pietra miliare di casa Sony? Scopritelo leggendo la nostra recensione.

Io sono lo Spettro

Isola di Tsushima, l’invasione mongola del Giappone sta entrando nelle fasi più accese, la costa è presa d’assedio dalla flotta del temibile nemico guidato dal Khotun Khan, cugino di Kublai e nipote di Gengis. Mentre la resistenza giapponese subisce durissimi colpi, Jin Sakai, figlio di un guerriero leggendario, prova a ridare coraggio ai suoi uomini, insieme a suo zio e mentore Lord Shimura.

L’esercito mongolo, però, è fin troppo agguerrito e feroce e ben presto mette fine alle ostilità conquistando l’isola. Jin, durante un combattimento, in quel momento impari, contro il Khan cade da un ponte, suo zio Shimura viene rapito e portato in una espugnabile fortezza.

Il protagonista del gioco viene creduto morto, in realtà riesce a salvarsi e, come un nobile guerriero tornato dall’Oltretomba, comincia il suo viaggio in cerca di vendetta… o giustizia. Da quel momento, Jin Sakai è lo Spettro. Il nostro compito è raggruppare un esercito abbastanza grande e compatto per uccidere il Khan e ricacciare indietro i suoi uomini.

Questo è l’incipit di Ghost of Tsushima che, come da tradizione dei racconti e dei film sull’epoca feudale, narra una vicenda di onore e vendetta. Cominciamo ad analizzare ciò che ci ha convinto: la fedeltà scenica e pseudo-storica della vicenda (il titolo si basa sull’invasione mongola del 1274).

Il contesto rappresentato da Sucker Punch è convincente e riesce a immergere il giocatore in maniera allettante, in modo da persuaderlo a buttarsi nella mischia e vestire i panni del samurai Jin Sakai. L’atmosfera generale è d’impatto e ha molte frecce al suo arco, purtroppo la fedeltà si scontra con un intreccio narrativo non all’altezza.

Avete letto l’incipit? Bene, sappiate che molto di più non c’è. La storia di Ghost of Tsushima inizia e si ferma dopo poche ore perché, a parte qualche evento abbastanza citofonato – tradimenti, incomprensioni nella stessa fazione – questa esclusiva Sony manca di momenti davvero indimenticabili. Il risultato è una storia piatta in cui tutto si riduce a: i mongoli vanno scacciati, Jin chiede aiuto ad altri superstiti, questi accettano perché hanno perso famiglie e amici a causa della brutalità dell’esercito invasore.

Questo appiattimento è indotto anche da una caratterizzazione dei personaggi poco incisiva. Il loro background è pressoché uguale un po’ per tutti, basato sulla rivalsa e sulla voglia di vendetta/giustizia. Lo stesso Khotun Khan, il villain principale, manca di mordente, è un guerriero spietato, senza onore, è così e basta. Certo, è un capo mongolo, quindi idealmente è ammissibile e attinente all’immaginario collettivo la sua rappresentazione, ma qualche retroscena su di lui non avrebbe guastato. Invece, si mostra in poche scene solo per fare cose cattive e giustificare il nostro odio.

Altra conseguenza è una progressione nelle missioni principali che ricalca sempre gli stessi stilemi. Gli obiettivi non si discosteranno mai troppo dal dover andare in un villaggio, aiutare i sopravvissuti e reclutarli per formare un esercito.

Piegare il codice d’onore

Analizziamo ora il gameplay di Ghost of Tsushima. Questo si può dividere in due macro-aree: stealth e combattimenti all’arma bianca. Iniziamo con le meccaniche furtive che costringeranno Jin a piegare il codice d’onore dei samurai.

Per un samurai, agire nell’ombra è disonorevole perché prerogativa di ladri e assassini. Un vero samurai guarda sempre negli occhi chi sta per uccidere, ma per cause di forza maggiore Jin non potrà fare tanto lo schizzinoso.

Le fasi stealth di GoT ricalcano le orme di tanti altri videogiochi che ne fanno uso: ci si può accovacciare, nascondersi nell’erba alta e intrufolarsi in spazi stretti per aggirare il pericolo, pertanto, le tecniche di base sono abbastanza lineari. Gli assassinii non si discostano da quelli eseguibili nei titoli della serie Assassin’s Creed, proponendo la possibilità di fare fino a tre uccisioni contemporaneamente (una volta sbloccata l’abilità), sorprendere il nemico dall’alto o da una sporgenza.

A queste tecniche di base, si accompagna tutta una serie di gadget e armi di supporto utilizzabili per passare inosservati. Oltre al fidato arco, ci si può avvalere di una cerbottana per avvelenare i nemici, di petardi e campanellini come distrazione, di bombe fumogene e adesive per creare scompiglio quando le cose non si mettono bene.

C’è anche il rampino, purtroppo questo non può essere usato per raggiungere qualsiasi superficie posta in alto, ma solo in punti specifici. Un vero peccato perché avrebbe aiutato tantissimo in caso di forti assembramenti di mongoli nelle vicinanze, unico vero fattore che può metterci in difficoltà, vista un’IA che non possiamo reputare sempre ineccepibile.

La via del samurai

La via del samurai si può seguire solo confrontandosi faccia a faccia col nemico. Il combat system di Ghost of Tsushima è solido e ci ha convinti grazie al suo forte dinamismo e alla volontà di essere tecnico, profondo, ma non frustrante.

Infatti, cominciamo col dire questo: Ghost of Tsushima non è Sekiro. A livello normale, la difficoltà è medio-alta, ma basta prenderci la mano per riuscire a comprendere appieno e sfruttare a proprio vantaggio tutte le possibilità offerte dal combat system. Il perno dell’esperienza di combattimento è la parata che se fatta correttamente può aprire un’occasione di vittoria istantanea contro chiunque.

È fondamentale temporizzare la parata per non rimanere esposti e aprire un varco tra le difese nemiche. Il tempo di reazione non è punitivo come quello di Sekiro, ma è necessario che il giocatore si impratichisca; una parata perfetta fa barcollare l’avversario che può essere dunque ucciso con un sol colpo. Alcuni attacchi non possono essere bloccati, in questi casi entra in gioco la schivata (e rotolata).

Il ritmo dei combattimenti non è martellante come un altro illustre collega, Nioh, lascia invece un minimo di respiro anche a chi non si è ancora scaldato bene. Una singola défaillance non porta a risultati nefasti, ma ciccare una seconda volta è spesso e volentieri fatale. Non ci sono oggetti curativi, la vitalità può essere ripresa in combattimento attingendo dalla propria “determinazione”, una barra che si riempie ad ogni uccisione.

Completando le missioni si ottengono punti tecnica che accrescono il nostro livello di leggenda (GoT non è un RPG, pertanto è possibile uccidere qualunque nemico in ogni occasione) e permettono di acquistare nuove tecniche. Lo skill tree è ben diversificato e diviso in categorie: ad esempio, le abilità di base sono le Tecniche del Samurai che si dividono in due rami, Deviazione e Schivata; ci sono poi le Tecniche evolutive che migliorano il proprio adattamento al mondo di gioco, mentre le Tecniche delle Forme sono l’aspetto più interessante del lotto.

Se in Sekiro c’è la postura, in GoT ci sono le Forme (pietra, acqua, vento, luna), cioè modalità di scontro da modificare in base all’arma impugnata dal nemico. Premendo R2 + uno dei quattro tasti principali si switcha tra una Forma e l’altra, così se vediamo un mongolo armato di lancia sarà il caso di usare la Forma del vento che si abbatte dall’alto, mentre se costui si difende dietro a uno spesso scudo sarà il caso di sfruttare la Forma dell’acqua, utile a infrangere ogni difesa. Questa meccanica rende gli scontri dinamici e coinvolgenti.

Un menzione meritano poi i Confronti, la versione feudale dei duelli del Far West. Tenendo premuto triangolo e rilasciandolo al momento giusto, si effettua un’uccisione brutale e immediata. Una buona variazione sul tema.

Va’ dove ti porta il vento

Il vento guida è la dinamica su cui Sucker Punch ha puntato molto nei suoi gameplay, purtroppo dobbiamo constatare che non si tratta di una funzionalità così rivoluzionaria. Una volta segnato un obiettivo sulla mappa (quindi dalla mappa bisogna sempre e comunque passarci), facendo swipe sul touchpad il vento ci condurrà all’obiettivo.

Perdersi è praticamente impossibile perché il vento soffia sempre e comunque nella direzione giusta e le folate sono palesi, inoltre, eliminando qualsiasi marker dalla mappa, il vento non ci porterà da nessuna parte, pertanto non capiamo quale sia la necessità di inserire questa particolare meccanica esplorativa.

La mappa presenta una buona varietà di “luoghi collezionabili” come sorgenti termali (aumentano la vitalità) e santuari di Shinto (donano amuleti), ma di vere attività che non siano missioni ce ne sono meno di quanto ci si aspetterebbe da un open world. Il mondo di gioco, seppur evocativo, appare vivace maggiormente dal punto di vista naturalistico.

Paradossalmente, sono le quest secondarie ad essere il fulcro del divertimento offrendo molta più varietà dei racconti che compongono il Viaggio di Jin (quest’ultimo della durata di circa 15 ore). I racconti mitici, ad esempio, sono molto interessanti e propongono al giocatore sfide intriganti, come boss leggendari. Altra attività è rappresentata dai Forti, avamposti che i mongoli hanno costruito dopo aver conquistato e saccheggiato i villaggi degli autoctoni.

Sinceramente, nel 2020, non ci saremmo aspettati di vedere in un open world ancora gli avamposti da liberare in stile Assassin’s Creed: Odyssey e Far Cry, quantunque ci siano alcune chicche strategiche come colpire nidi di calabroni o barili esplosivi per creare un diversivo.

L’impressione generale è che il mondo di gioco si muova solo se lo vuole il giocatore, a discapito di un universo in continuo mutamento autonomo.

Cura estetica di un incisore giapponese

Dal punto di vista tecnico, non abbiamo appunti da fare. GoT ha una direzione artistica di pregevole fattura e più che di grafica dobbiamo parlare di cura estetica, difatti Sucker Punch non ha puntato sul fotorealismo, ma su colori pastello vividi a omaggiare i migliori incisori e pittori della cultura giapponese, come Utagawa Hiroshige e Katsushika Hokusai.

Ciliegi in fiore, distese pianeggianti puntellate da fiori bianchi mossi dal vento, foreste dorate e cascate limpide, tutto è meravigliosamente curato.

Molto buono il doppiaggio giapponese (impostare un altro doppiaggio, a nostro parere, è eresia), notevoli anche le animazioni facciali, mentre il sonoro è in linea con la produzione, di livello medio-alto, grazie a musiche perfettamente coerenti con il contesto e in grado di accompagnare ogni istante dell’avventura. Da segnalare qualche problemino di sincro nelle altre lingue. È disponibile anche il doppiaggio italiano che ci è parso di buon livello con un sincro ben allineato e solo qualche errore perdonabile nella trascrizione dei sottotitoli. Continuiamo a preferire quello orientale.

È possibile selezionare la modalità Kurosawa per giocare in bianco e nero. Un’ottima variante che piacerà ai cultori, anche se a conti fatti si tratta di uno “sfizio” estetico non determinante per il risultato finale.

VideoRecensione

Ghost of Tsushima  | Videorecensione

Commento finale

Ghost of Tsushima ha una cura estetica eccezionale, ha un combat system solido e convincente, delle fasi stealth nella norma, ma pecca in troppe cose per riuscire a diventare un nuovo punto di riferimento della produzione esclusiva di Sony. La trama, nonostante la volontà di omaggiare un gigante come Kurosawa, non ha picchi narrativi e la caratterizzazione dei personaggi non è strabiliante. La progressione di gioco non è molto dissimile da ciò che abbiamo già visto in decine di altri open world.

Abbiamo provato Ghost of Tsushima su PS4 standard.

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