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Imparare a usare il bagno, secondo il CEO di IO Interactive, è il primo passo per imparare a sviluppare videogiochi, risparmiando molto sui costi di produzione.
Negli ultimi anni, le aziende di sviluppo di videogiochi, hanno dovuto aver a che fare con costi sempre crescenti: tra infrastrutture che bisogna sfruttare al massimo, team sempre più grossi, gestioni non proprio oculate e tanti altri fattori, il collo di bottiglia si è fatto sempre più stretto e opprimente. Per riuscire a segnare un successo commerciale, gli standard sono ormai sempre più alti.
Per questo motivo, sono tante le case di sviluppo, anche abbastanza note e blasonate, che non hanno alcun problema a riutilizzare asset di vecchi titoli, così da poter risparmiare un bel po’ sulla creazione di nuovi modelli. Pensiamo per esempio a From Software o a Capcom, che hanno fatto del riutilizzo di asset, un elemento indispensabile nel loro work flow.
C’è però una casa di sviluppo che pare aver trovato un metodo funzionante, per riuscire ad attenuare i costi e tutte le considerazioni partono dai bagni.
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Agente 47, vai in bagno!
Il cinema e la televisione ci insegnano che le idee migliori, si prendono proprio mentre si sta seduti sulla tazza del water. E forse proprio in un momento di estrema concentrazione, è nata la considerazione di Hakan Abrak, il CEO di IO Interactive, software house divenuta celebre per il lavoro sulla serie Hitman che, dopo essersi affrancata da Square Enix nel 2017, si è ritrovata a dover trovare sempre nuovi metodi, per riuscire a rientrare nelle spese.
Come spiega proprio Abrak, fu con l’uscita di Hitman: Absolution nel 2012, che IO si rese conto di dover trovare un modo per risparmiare su investimenti non necessari. E da lì, l’illuminazione:
“Giurai di non realizzare più nuovi bagni. […] Realizzi nuovi bagni, giusto? Tipo, stavamo facendo tutto nuovo. Ed era solo uno spreco.”
E le cose iniziarono a cambiare, quando IO Interactive si mise attivamente al lavoro su Hitman (2016), un titolo che servì da rilancio per la saga e su cui Abrak e compagni, presero la netta decisione di lavorare in modo in maniera più intelligente, brevettando un sistema chiamato “brick system”, che consisteva nel creare degli asset e dei sistemi che sarebbero potuti venire riutilizzati ed espansi.
Come ha spiegato Abrak, con cifre forfettarie e a puro scopo esemplificativo, mentre l’investimento per Hitman (2016) ammontò a circa 100 milioni di dollari, già da Hitman 2 si poterono utilizzare circa 60 milioni mentre per Hitman 3 si scese fino a 20 milioni di dollari. E sempre secondo Abrak, non solo questo non rappresentò un demerito ma anzi, portò il terzo titolo ad avere una valutazione Metacritic più alta dei predecessori, attestandosi a 87/100, mentre il primo e il secondo arrivano soltanto a 84 e 85.
E un discorso molto simile, parrebbe applicarsi anche alla nuova IP di IO Interactive: 007: First Light. Ovviamente, l’investimento iniziale sarà più alto, trattandosi di un titolo nuovo. Sul lungo termine però, IO vorrebbe applicare lo stesso metodo utilizzato con Hitman.
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