Quella di Onimusha è una storia interessante, in quanto rimasta silenziosa per qualcosa come venti anni per poi rispuntare improvvisamente poco prima della pandemia, con Onimusha Warlords per PC: proprio il videogioco di cui vi stiamo per parlare oggi. E ve ne stiamo per parlare perché Capcom ha rimesso parte dei suoi sviluppatori al lavoro sul brand: da una parte c’è il porting, piuttosto atteso, di Onimusha 2: Samurai’s Destiny, dall’altra parte invece un capitolo tutto nuovo chiamato Onimusha Way Of The Sword, che è stato presentato durante il corso dell’ultima The Games Award.
A far ripartire questo corso c’è il sopracitato Onimusha Warlords, ovvero un interessantissimo ibrido tra un videogioco action e un survival horror di matrice Biohazardiana; d’altronde Capcom per quello è famosa, giusto?
La storia non mente

Onimusha Warlords inizialmente doveva essere uno spin off di Resident Evil, tanto da essere stato chiamato per un po’ Sengoku Biohazard. Il risultato finale è stato quello di un videogioco che effettivamente ha padroneggiato le atmosfere horrorifiche romeriane del suo padre/padrone ma le ha mescolate con il gusto cinematografico di certo Chambara, il tutto in una scenografia memorabile almeno quanto la Spencer Mansion di RE1.
Il suo richiamo “cinematografico” parte dalla scelta, sacrosanta, di affidare il volto del protagonista Samanosuke Akechi non tanto a character design e modellisti, quanto a quello di un attore: Takeshi Kaneshiro, noto ai più amanti di cinema come uno dei protagonisti del meraviglioso Hong Kong Express di Wong Kar-Wai. Quello che viene dopo è storia, nel sento “narrativo” del termine. Samanosuke Akechi è al centro di una guerra tra Clan e muore all’inizio del gioco, sconfitto da un demone e rianimato grazie all’aiuto di un clan di esseri sovrannaturali.

Quello che è necessario fare è semplice: salvare la damsel in distress, ovvero la principessa Yuki, nel mentre si esplora un meraviglioso castello e le sue immediate circostante ci saranno poi misteriose sparizioni e il nome di Nobunaga Oda, qui descritto come malvagio e assetato di potere, intenzionato più che mai a conquistare il paese del Sol Levante a capo di un esercito di demoni immortali. Folklore giapponese, ambientazioni storiche, effluvi horror: c’è tutto quello che serve per avere a che fare con un’esperienza dir poco memorabile.
Inutile dire che il castello di Inobayama in tutto questo svolge un ruolo preponderante, reinterpretando secondo il gusto architettonico giapponese la casa infestata tipica degli horror. La sua complessa architettura e il suo circondario, oltre a essere artisticamente molto rilevanti e capaci di risultare gustose anche per il videogiocatore moderno, hanno permesso agli sviluppatori di costruire una mappa che va esplorata in lungo e in largo, offrendo quindi un’esplorazione non lineare collegata a delle armi elementali con cui aprire determinate porte. Questo rende ancora più intense e preziose le quattro ore di gioco che servono per portare a termine l’avventura: possono pur sembrare poche agli occhi dei giocatori odierni ma offrono un potente equilibrio di gioco, di quelli che sono esaltanti da esperire.
E il DNA è sempre quello molto buono

Chiaramente il centro dell’esperienza rimane il gameplay, che trasforma l’esperienza da scomodo sparatutto di Resident Evil in un’esperienza più all’arma bianca, in cui esplorazione e risoluzione di enigmi sono importanti almeno quasi quanto sopravvivere ai combattimenti. Samanosuke ha dalla sua spade e armi magiche potenziabili, che possono dargli manforte contro i numerosi demoni Genma che incontrerà durante il corso dell’avventura.
Chiaramente, complice la presenza dell’arma bianca, abbiamo a che fare con un gameplay più stratificato di quello di un Resident Evil qualsiasi; le caratteristiche di Samanosuke come salute o magia sono potenziabili attraverso le anime colorate; le anime rosse permettono di potenziare le armi rendendole più efficaci e per i più desiderosi di adrenalina è anche possibile eliminare istantaneamente i nemici eseguendo delle “essen”, ovvero parate perfette con dei timing piuttosto severi da rispettare.
Onimusha Warlords oltre a riproporre, in una maniera leggermente più avanzata dal punto di vista tecnico, l’esperienza originale si preoccupa anche di fornire un piccolo cambiamento di gameplay: offre al giocatore la possibilità di cambiare le armi in tempo reale tramite la semplice pressione di un tasto, invece di dover fare il solito e odioso menù crawling. Questa caratteristica risulta ancora più interessante quando si vuole affrontare la challenge a piani che rappresenta “la sfida definitiva” per gli appassionati del gioco.
Assenti dalla versione Warlords tutte le aggiunte realizzate da Capcom per Genma Onimusha, il porting del gioco originale per Xbox che però è più un “ripensamento per giocatori hardcore” del gioco originale, con nuovi avversari, disposizione diversa degli stessi sulla mappa, sistemi di gioco aggiuntivi (come le anime verdi, che permettono di ottenere brevemente invincibilità col rischio di passare lo status ai nemici) e altre armature.
Rimane da discutere giusto il comparto tecnico di Warlords, che porta la risoluzione delle texture ad abbastanza da rendere la visione del gioco su uno schermo 2K uno spettacolo per gli occhi e aggiunge la possibilità di renderizzare il gioco seguendo il formato widescreen, abbandonando quindi le schermate in 4:3 dell’originale. Alcuni lo chiamerebbero compitino, a noi non è dispiaciuto, esattamente come non è dispiaciuta minimamente la “nuova” colonna sonora. Eh si, perché delle musiche di Mamoru Samuragochi non c’è traccia all’interno di questa nuova versione del gioco, non si conosce bene le motivazioni contrattuali che hanno portato a questo switch ma poco ci possiamo fare. Per un’esperienza di gioco interessante, tutto quello che ci serve è esattamente al suo posto!
- Character Samanosuke Akechi by(C) Fu Long Production,
- Guest Creator:Takeshi Kaneshiro