Avendo avuto la possibilità di provare, già in anteprima, Towa and the Guardians of the Sacred Tree, eravamo riusciti a farci una prima idea del titolo che Brownies e Bandai Namco volevano proporre: un roguelite, ma davvero lite, che rappresentava però un altro tassello della nuova strada intrapresa da Bandai Namco, che ha ben scelto di puntare su quei generi considerati più di nicchia (come nel caso di Shadow Labyrinth), con un’impostazione un po’ più “per tutti”.
Sul fatto di dover rendere necessariamente un videogioco “per tutti”, in termini di difficoltà e accessibilità, se ne potrebbe parlare tantissimo e dunque, in questa sede, cerchiamo di stringere il campo solo su Towa e sull’operazione che vi sta dietro. Come detto, Towa and the Guardias of the Sacred Tree rappresenta forse una delle forme più leggere ed edulcorate di roguelite.
Vengono certamente mantenuti alcuni punti fermi del (sotto-)genere come per esempio il permadeath per ogni run con obbligo di ricominciare tutto da capo, i premi che si accumulano a ogni fine run con tanto di statistiche in pieno stile arcade. A ciò si aggiungono alcuni dettagli, che ne alleggeriscono la formula e cercano di rendere il titolo più gradevole anche per quella fetta di giocatori casual, che non puntano su un’esperienza hardcore a tutti i costi.
Operazioni del genere però, non sempre sono apprezzate o riuscite, soprattutto da chi si considera ‘zoccolo duro’ di un certo genere. In questo spettro ampio che va da “rivoluzione” a “fallimento”, dove si colloca Towa and the Guardians of the Sacred Tree?
Da non volersi mai staccare…
Partiamo subito parlando di ciò che in Towa and the Guardians of the Sacred Tree funziona meglio: il gameplay, nella sua interezza.

Il gioco si propone, a voler cercare una somiglianza celebre, come un Hades-like, che dal capolavoro di Supergiant riprende sia l’impostazione della visuale che il dinamismo e la velocità degli sconti. Towa però, va ad arricchire le meccaniche di combattimento, ottenendo da una parte l’effetto di aggiungere varietà al gameplay e dall’altra di rendere più complicato l’apprendimento iniziale.
Tra Tsurugi e Kagura, ricercate il flow
In Towa infatti, per ogni run bisognerà scegliere un personaggio tra 8 (almeno inizialmente). Quel personaggio sarà il nostro “Tsurugi”, il personaggio che controlleremo in maniera diretta che potrà contare su due tipologie di attacchi, con due diversi tipi di spade: Honzashi e Wakizashi. Ogni spada, avrà un attacco unico e in quest’ottica, si incastra la prima difficoltà aggiuntiva rispetto ad altri titoli.
Le due spade hanno una barra della durevolezza. Più si utilizzerà una spada, più quella spada si consumerà e, quando la barra si esaurirà, il danno inflitto verrà dimezzato. Un’importantissima meccanica del combattimento infatti, è lo scambio delle armi che, oltre a essere di fatto un attacco a cui possono essere applicati effetti passivi, necessita di un giusto tempismo e di uno studio del moveset che comporta, così da poterlo sfruttare in modo ottimale contro ogni tipo di nemico.
Non vi sarà lo “Zagreus” di turno dunque: a ognuno dei personaggi giocabili, corrisponderà un moveset specifico, con un pool di abilità proprietarie. Dovrete dunque cercare di capire se prediligere la lotta dalla distanza, il corpo a corpo o una via di mezzo. Potreste trovarvi ad avere un personaggio con attacchi a distanza con la Honzashi e attacchi ravvicinati con la Wakizashi e, in quel caso, sarà essenziale studiare la distanza percorsa dal movimento di cambio dell’arma.

Nonostante all’inizio possa sembrare un gran casino, vi renderete conto di come, in poche ore, riuscirete ad apprendere in maniera ottimale i comandi così da renderli quasi “automatici”, riuscendo veramente a vivere il gioco con il ‘flow’ che gli sviluppatori volevano regalare. Ma c’è un altro elemento, che diventa essenziale conoscere e saper utilizzare, per la buona riuscita di una run: il personaggio secondario, Kagura.
Il Kagura della squadra, sarà praticamente un caster: seguirà il personaggio principale a distanza ravvicinata e potrà lanciare incantesimi che o faranno danno o serviranno a proteggere Tsurugi. Nonostante Kagura abbia un funzionamento anche in forma passiva, può contare su due incantesimi attivi, che il giocatore dovrà capire quando utilizzare e che possono essere cambiati anche nel corso delle run.
Tsurugi e Kagura hanno punti vita separati ma unificati in una sola barra della vita. Contro i nemici più complessi come i boss, cercate di proteggere più possibile Tsurugi: Kagura può infatti permanere sotto forma di “spettro”. Per usarli al meglio, vi consigliamo di studiare i vari incantesimi di Kagura, dato che la maggior parte richiederanno che quest’ultimo stia immobile per lanciarli, cosa che lo esporrà necessariamente a danni.
Un roguelite davvero lite
Come detto, con Towa pare che l’intento di Brownies sia stato quello di prendere la formula roguelite e snellirla: nonostante la descrizione delle meccaniche di combattimento possa apparire complessa e confusionaria, è in realtà molto più intuitiva a farsi che a dirsi. E non è certo l’unico aspetto che risente di quell’alleggerimento della formula classica del genere.
Per prima cosa, Towa and the Guardians and the Sacred Tree pone un fortissimo accento sull’aspetto della narrazione e della storia. In questo senso, al giocatore a inizio gioco, viene proposta la selezione della difficoltà, con la possibilità di selezionare la modalità Storia. Com’è intuibile, si tratta di una modalità pensata per chi vuole vivere a pieno la storia del gioco, senza necessariamente avere un’esperienza particolarmente complessa e punitiva, come altrimenti rischierebbe di essere.
Una scelta che segna un inevitabile passo verso quel “per tutti”, che è una chiara dichiarazione di intenti e che potrebbe essere un primo tassello, verso l’uscita dalla nicchia del roguelite. Certo, c’è da dire che la storia in sé non è certamente eccezionale: soluzioni abbastanza banali, in cui male e bene, giusto e sbagliato sono esattamente separati, senza sfumature. Una storia che viene facilmente a noia, non aiutata sicuramente da dialoghi parecchio vuoti e ridondanti, che vi terranno un’incessante compagnia per circa 20-25 ore.

Ma nel caso in cui vogliate godervi quel che il gioco racconta, con una buona alternanza di scene in grafica di gioco con disegni in tecnica tradizionale, godendovi più le atmosfere del villaggio di Shinju e puntando su aspetti secondari ma comunque interessanti come la fabbricazione di armi (con una sequenza di minigiochi per forgiatura della lama), la pesca, la ricostruzione di edifici e quant’altro, potete farlo. In modalità Storia dunque, potrete affrontare le varie run più come metodo per recuperare risorse, utili a tutte le attività collaterali.
In ogni caso, potrete comunque semplificarvi la vita dopo ogni run, potendo contare su una seria di potenziamenti davvero ampi: dalle armi ai singoli personaggi, da statistiche a stili di combattimento, tutto potrà essere migliorato. A pensarci bene, forse proprio il modo in cui tutti i vari potenziamenti vengono presentati, non è certamente eccezionale, dato che molto spesso ci si ritrova a spezzare l’azione in maniera eccessiva, tra una run e l’altra, per leggere tutorial su tutorial.
E forse quello del ritmo, è il più grande problema del gioco: passare da run estremamente adrenaliniche, durante le quali non vorresti fermarti mai, a momenti di storia particolarmente ridondanti, vuoti o semplicemente colmi di istruzioni da imparare, va un po’ ad ammazzare il trasporto che si potrebbe avere, giocando a un roguelite del genere.
La “semplicità” si avverte anche nella costruzione delle build durante le run: se non si vuole stare lì a studiare ogni singola statistica, basterà affidarsi a forme e colori: seguendo i potenziamenti che hanno stessa icona infatti, si otterrà una progressione verticale su quella specifica tipologia di potenziamento che, basandosi su un sistema molto “rpg” di gerarchi dei colori e rarità, passerà nel giro di poche stanze dalla rarità Comune fino a quella finale e più potente. Nessuno sforzo mentale, l’importante è che si passi dal colore grigio a quello dorato e le cose andranno meglio, facile no?
Un Giappone da favola
È ovviamente un Giappone mistico, surreale, fantastico quello che viene rappresentato in Towa and the Guardians of the Sacred Tree. C’è la spiritualità, c’è il mito, ci sono i demoni e ci sono gli eroi, le carpe koi, i furry e le katane. Pare di trovarsi all’interno di un manga figlio del perfetto mix tra Kishimoto e Mashima.
E nonostante a livello stilistico non tutto sia di livello, è innegabile che l’arte degli sfondi, degli scenari e anche di diversi character design, raggiunge ottimi livelli, in grado di trasmettere con un’occhiata una sensazione, una personalità. Ad aiutare a immergersi nell’esperienza, è sicuramente la musica che, soprattutto durante le boss fight, diventa cavalcante, travolgente.

A livello tecnico, Towa si presenta in maniera decisamente solida: giocando prima l’anteprima su PC e poi il gioco completo su PS5, si può notare come sia solido e fluido su entrambe le piattaforme, senza alcun problema se non qualche difficoltà nel riconoscimento di determinate hit box, una confusione a schermo che a volte rischia di diventare eccessiva vista la natura che tende a unire action frenetico alla necessità di positioning strategico. A volte poi, abbiamo notato qualche sparuto problema d’input, soprattutto quando bisogna praticare lo scambio d’armi.
In generale però, le idee di un game design che punta meno possibile alla frustrazione dell’utente, ci sono. Una su tutte, la possibilità di utilizzare in maniera “infinita” e continua lo scatto, quando non si è in combattimento, così da poter ridurre il tempo degli spostamenti. Lo stesso scatto, durante i combattimenti, è sottoposto a determinati limiti, che come ogni altra meccanica, possono essere estesi.
Conclusioni
Fresco, dinamico e travolgente: questi tre aggettivi che descrivono perfettamente Towa. Un gioco che non è perfetto e in cui la componente narrativa, seppur con alcuni spunti interessanti, non riesce mai a brillare ma che è in grado di presentare un gameplay complesso all’apparenza, ma perfettamente gestibile. Un plauso alla disposizione dei comandi sul pad, che rende comodo qualcosa di particolarmente odioso sulla carta, come l’utilizzo di due personaggi. Towa and th Guardians of the Sacred Tree rappresenta un grande esordio per Brownies, da cui adesso sarà d’obbligo aspettarsi grandi cose in futuro!
