Il nuovo FPS di Reikon Games è un’esperienza brutale che metterà a dura prova i vostri riflessi, e in cui il riposizionamento è la chiave per sopravvivere.
Reikon Games è uno studio polacco ondato nel 2014 e assurto a una certa nomea con il suo titolo di debutto RUINER, uno shooter isometrico di ambientazione cyberpunk, che sacrificava ogni velleità narrativa in nome del puro gameplay. La stessa filosofia è stata applicata anche alla sua opera seconda, Metal Eden, sparatutto in prima persona che fa del riposizionamento costante la chiave del suo gameplay, per dar vita ad un’esperienza frenetica e molto impegnativa che al di là dello spara-spara ha poco o nulla da offrire.
Resettare l’umanità

La narrativa del gioco poteva essere interessante, ma il problema principale è la sua esposizione. Che il plot sia una componente accessoria per il team polacco era evidente già dal suo primo gioco, ma qui la cosa è spinta quasi al parossismo. Metal Eden inizia in medias res, mettendoci subito nei panni della cyborg da combattimento Aska, inviata in una missione potenzialmente suicida sulla città orbitale di MOEBIUS, dove ciò che resta dell’umanità fuggita dalla terra ormai inabitabile è tenuta prigioniera dagli Ingegneri, malevole entità cibernetiche che governano quella che ormai è divenuta una città delle macchine in pieno stile The Matrix.
Definirla una missione di infiltrazione è fuorviante: si tratta piuttosto di un’incursione con sfondamento, dato che la nostra protagonista parla unicamente il linguaggio delle armi, affrontando di petto orde di macchine da guerra poste a difesa della cittadella e delle basi sul pianeta sottostante, Vulcan. Ad ogni morte, Aska viene ricostruita da Nexus, misteriosa AI dietro i cui nobili scopi di liberazione dell’umanità capiamo subito celarsi altro.
Il problema della narrativa del gioco è che ciò che ho scritto sopra è letteralmente tutto ciò che sapremo, fino al finale del gioco che ci svelerà il suo “colpo di scena”. Non si tratta di una narrativa emergente, in cui le informazioni sulla lore sono relegate a datalog e collezionabili sparsi in giro. Si tratta proprio di assenza di qualsivoglia spunto che evolva l’intreccio oltre alle risicate informazioni iniziali. L’approccio scelto dagli autori del gioco è quello di presentare un gameplay senza fronzoli senza parentesi che ne spezzino il flusso. Per questa ragione non ci sono NPC di sorta, né testi da leggere, né altre distrazioni. Le uniche entità che ci rivolgono la parola nel corso del gioco sono il già citato Nexus e l’Operatore, un’altra AI che incontreremo nel corso dell’avventura.

Scordatevi interazioni complesse tra Aska e tali entità: a parte delle brevi cutscene a inizio missione, i dialoghi si innescheranno progredendo nel gioco in punti prestabiliti dei livelli senza interrompere l’azione, solitamente nelle brevissime parentesi esplorative in cui non saremo impegnati a sparare. Anche così, seguire attivamente il flusso dei dialoghi e carpirne informazioni utili è complesso per via dell’azione costante cui siamo sottoposti, tanto da costringere sostanzialmente a star fermi a far nulla se si vuol davvero prestare attenzione a quanto viene detto.
Il problema è che anche questi dialoghi sono estremamente scarni dal punto di vista narrativo: è vero che forniscono qualche elemento in più rispetto agli eventi che hanno portato alla situazione di partenza, ma è anche vero che rimangono molto fumosi, volutamente carenti proprio in virtù della volontà di relegare la chiave di volta al finale del gioco. In mezzo c’è una pletora di filosofia spicciola da parte di Nexus sulla natura di umanità e intelligenza artificiale e qualche ciancia fantascientifica sulle direttive di missione, tipo “disattiva gli scudi” di qua e “penetra nel core” di là.

Intendiamoci, quella di Reikon Games è la scelta consapevole di relegare la narrativa al minimo indispensabile per fornire al giocatore la spinta ad agire, e ben si inserisce nel design complessivo del gioco, che fa dell’azione frenetica la sua ragion d’essere. Così facendo però spreca buona parte del potenziale fascino del setting di gioco, che avrebbe beneficiato molto di qualche spiegazione aggiuntiva. Ovviamente si tratta anche di una decisione volta ad economizzare su cast, cutscenes, mocap e simili. Non è il caso quindi di criticare le ragioni, ma i modi espressivi: Metal Eden ha una narrativa impalpabile che non vi lascerà nulla dopo averlo completato.
Ne risente anche l’ambientazione, che al di là di qualche scorcio suggestivo che si apre su panorami della cittadella, offre un design fantascientifico un po’ privo di mordente, con strutture ciclopiche ma asettiche e brulli terreni rocciosi nei segmenti sulla superfice di Vulcan; un setting molto simile a quanto visto recentemente in Steel Seed, con la differenza che l’opera di Storm in a Tea Cup ha molta più personalità nel design delle ambientazioni e nel comparto artistico delle stese.
Gotta shoot’em all

In Metal Eden non farete altro che sparare, sparare e ancora sparare. Con un’aggiunta importante: dovrete anche muovervi, muovervi e muovervi. Il sistema di gioco messo a punto dal tema polacco è basato sul costante riposizionamento del giocatore. I nemici sono estremamente aggressivi, inseguono e sparano continuamente. Nel gioco manca qualsiasi sistema di copertura, dunque star fermi equivale ad essere annientati nel giro di pochi secondi. Il livello di sfida è decisamente impegnativo già a difficoltà Normale – la seconda delle quattro opzioni di difficoltà presenti – e vi costerà decine di game over. Per far fronte alle insormontabili schiere di robot ostili che Metal Eden ci scaglia contro bisogna sfruttare costantemente le soluzioni offerteci dalle mappe di gioco.
L’avventura è suddivisa in 8 livelli dal design estremamente semplice: si tratta di mondi-corridoio con pochissime strade secondarie – utili a racimolare crediti per potenziare le armi e vite extra – e arene di combattimento multilivello costellate di punti di vantaggio, trampolini, teletrasporti, appigli per il rampino e pareti calpestabili. Tutti questi espedienti offrono modalità si spostamento veloce che dovremo sfruttare ogni pochi secondi per evitare di esser sforacchiati. Sparare in corsa e in salto diventerà presto imprescindibile, così come cambiare costantemente arma e ricorrere all’estrazione del nucleo, la principale meccanica che renderà possibile avere la meglio dei nemici più coriacei.
Aska infatti ha la possibilità di estrarre il nucleo dai nemici previo cooldown della rispettiva abilità. Una volta estratto, potremo utilizzarlo come arma, lanciandolo come una granata o assorbendolo per potenziare l’attacco corpo a corpo. Questo super-pungo, a sua volta, sarà indispensabile per spezzare le corazze di alcune tipologie di nemici, altrimenti invulnerabili. Potremo ottenere lo stesso effetto anche con attacchi elementali o con alcune modalità di fuoco secondario delle armi. Tenuto conto del fatto che, come detto, l’estrazione del nucleo non è sempre disponibile, e che una volta estratto avremo solo una finestra di utilizzo limitata a pochi secondi prima che esso svanisca, costringe ad agire con la massima precisione e rapidità possibile, costantemente sotto una grandine di proiettili.

È indubbio che tali meccaniche suscitino divertimento e un senso di appagamento ogniqualvolta si riesca ad uscire vivi da un’arena (zone chiuse in cui dovremo necessariamente respingere ondate di nemici per poter proseguire nel gioco) ma è anche vero che è pressoché tutto ciò che siamo chiamati a fare in Metal Eden. La componente esplorativa è quasi assente, relegata come detto alla scoperta di piccoli anfratti laterali in cui racimolare risorse extra; vi sono poi sezioni di spostamento rapido con teleferiche e muri su cui correre e saltare, delle fasi per così dire platform dove la responsività dei comandi lascia anche un po’ a desiderare.
Infine ci sono due livelli ambientati sula superficie di Vulcan, dove il gioco cambia un po’ le carte in tavola permettendo ad Aska di assumere una configurazione a sfera: in questa forma possiamo schizzare a tutta velocità investendo i nemici, stordendoli cons cariche elettriche o devastandoli con missili teleguidati. Possiamo anche attivare alcune pedane utili ad aprire paratie sigillate per proseguire nell’avventura, e passare indenni attraverso pozze di lava. Di contro abbiamo una capacità di salto estremamente limitata e una velocità di attacco ridotta. In definitiva si tratta di un’aggiunta carina ma relegata solamente a un paio di occasioni, che non aggiunge granché all’esperienza di gioco e sembra inserita giusto per offrire un minio di varietà al gameplay.

L’esperienza action offerta da Metal Eden tutto sommato funziona, anche in virtù della varietà del nostro arsenale – 8 armi diverse per modalità di tiro e raggio d’azione, modificabili in termini di fuoco secondario e aumento dei parametri – che dovremo sfruttare nella sua interezza per avere ragione delle varie tipologie di avversari: pistole per i nemici volanti, mitragliatori per le orde più deboli, fucili a pompa e lanciagranate per i più coriacei e così via. Vi è poi un sistema di upgrade delle abilità Aska cui potremo accedere in punti precisi del livello (ma ce n’è qualcuno nascosto) per aumentare in modo permanente le sue abilità, ad esempio velocizzando i cooldown delle abilità estrattive o aggiungendo effetti particolari alle nostre manovre d’attacco. Nulla che alteri profondamente il gameplay, ma semplicemente espedienti che ci renderanno un po’ più efficaci in battaglia.
Il gioco potrebbe causare frustrazione eccessiva in alcune sezioni particolarmente ostiche, e a ciò bisogna aggiungere qualche raro caso in cui Aska si incastra in alcuni angoli dell’arena, oppure è impossibilitata a spostarsi perché è circondata da troppi nemici che vanificheranno ogni nostro tentativo di riposizionarci. In questi casi purtroppo è sempre morte certa, e considerato che non è un fenomeno così raro a verificarsi, questo sarebbe un aspetto da correggere.
Metal Eden richiede 8-10 ore per essere completato a difficoltà Normale, a seconda di quanti tentativi vi serviranno per superare le aree più impegnative. Il gioco offre anche un paio di bossfight abbastanza brutali, sebbene abbia patito di più in alcune arene particolarmente zeppe di nemici. Una volta conclusa la partita non ci sono extra o contenuti bonus che possano invogliare una seconda run, se non la volontà masochistica di cimentarsi in un grado di difficoltà maggiore.
Giudizio finale
Metal Eden è un’esperienza fps brutale in cui Reikon Games ha sacrificato narrativa e varietà del level design sull’altare dell’azione frenetica. Se siete amanti di esperienza hardcore senza fronzoli potrebbe essere il gioco adatto a voi. Per tutti gli altri, difficilmente la sua povertà di contenuti sarà sufficiente ad attirare il vostro interesse.
Voto: 6.5
