Disney Infinity – Recensione

Articolo a cura di Paolo Gimondi

Alla fine Disney ha fatto la sua mossa. C’era da aspettarsi che prima o poi un colosso del suo calibro riconoscesse l’enorme potenzialità di marketing che sta alle spalle di un sistema basato sulla collezione e lo scambio di statuette e ammennicoli correlati. Chi resta incantato di fronte alle storie Disney? Chi ama i loro personaggi? Chi ha sempre desiderato mettere tutto assieme nel proprio mondo dei sogni? Chiunque abbia un briciolo d’amore in fondo al cuore avrà sicuramente alzato la mano almeno una volta, e per tutte quelle persone, specialmente se bambini tra i 7 e i 12 anni, Disney ha voluto creare Infinity, una nuova piattaforma di gioco dove poter baloccarsi con tutto l’universo espanso della casa di Topolino e dare sfogo, senza ritegno, alla propria fantasia.

Un nuovo modo d’intendere i videogiochi

Piuttosto che “videogioco” intenso in modo canonico, al progetto di Disney Infinity calza meglio l’appellativo di “piattaforma” in quanto si tratta di un’esperienza modulare, tanto che l’offerta data dallo starter pack non è altro che un assaggio delle potenzialità che il titolo avrà modo di esplorare col passare del tempo. Più nello specifico il gioco sviluppato da Avalanche Software si suddivide in due macro aree: la prima è quella creativa nella quale viene messo a disposizione del giocatore un mondo in cui spostarsi liberamente e arrangiare o modificare come meglio si vuole i vari oggetti disponibili. Si possono costruire palazzi, creare delle piste per auto o ricreare parti di altri giochi, grazie anche alla presenza di elementi collegabili tra loro con basilari algoritmi logici. Le possibilità sono veramente tante, ma all’inizio si hanno a disposizione pochi pezzi e per trovarne di nuovi è necessario entrare nella seconda area, quella dei Mondi. Ognuno di essi riporta in forma videoludica un brand specifico estratto dall’enorme catalogo che include Disney, Disney Pixar, Marvel, Star Wars oltre a tanti altri, e propone al giocatore un’avventura che ricalca la relativa pellicola cinematografica, con un gameplay adattato per ogni occasione. È qui che entra in gioco il fattore collezionismo, in quanto, all’infuori dei tre mondi presenti nello Starter Pack, gli altri andranno via via acquistati separatamente e per ognuno di essi verranno distribuite svariate statuette dei Personaggi Interattivi (di ottima fattura), disponibili singolarmente o in pack. In aggiunta ad essi è possibile acquistare, in bustine chiuse che non lasciano intendere quale sia precisamente il contenuto, i Gettoni che possono dare dei benefici al personaggio mentre si è nell’avventura oppure, all’interno dell’editor, possono aggiungere degli oggetti particolari o addirittura modificare l’intero tema del mondo. Tutta questa gadgettistica comunica con le console grazie alla Base Disney Infinity che utilizza la tecnologia NFC; in questo modo tutti i Personaggi Interattivi e tutti i Gettoni non saranno relegati ad una sola famiglia di console ma potranno essere scambiati liberamente.

Cosa ci aspetta nella scatola?

Per quel che riguarda lo Starter Pack sono inclusi nella confezione i Mondi di Monster University, Gli Incredibili e Pirati dei Caraibi, con le relative statuette di Sully, Mr Incredibile e, ovviamente, Capitan Jack Sparrow. Una volta collegata la Base alla console e infilato il disco, verremo accolti da un particolare tutorial che ci guiderà attraverso le caratteristiche basilari del titolo tramite salti continui, ma ben amalgamanti, tra un Mondo e l’altro, dando un assaggio istantaneo di gameplay. Lo scopo è quello di dimostrare che oltre alla Scatola dei Giochi, che altro non è che l’editor sopracitato, esistono anche le avventure che comprendono stili diversi. Ne “Gli Incredibili” si è di fronte ad una struttura simile a quella di Prototype o InFamous, con il protagonista che può muoversi liberamente per Metroville, prestando aiuto ai bisognosi. Le dinamiche di gioco sono per lo più incentrate sui combattimenti, visto che la città è costantemente occupata da Omnidroidi e dalle malefatte di Sindrome. La sfida degli scontri non raggiunge mai vette di difficoltà insostenibile, tanto che la parata e la schivata si rivelano pressoché inutili anche con l’aumentare di potenza dei nemici. In quasi la totalità delle missioni, come anche negli altri Mondi, è possibile avere una freccia attorno al personaggio che indica costantemente la meta ed evita di perdersi all’interno della (a tratti anonima) metropoli. Purtroppo gran parte degli incarichi vengono impartiti nella base degli Incredibili che si trova in un’isola distaccata, richiedendo così al giocatore di fare continuamente la spola tra la base e la città. I viaggi non sono lunghi ma non aggiungono nulla di realmente interessante al gameplay, rischiando invece di annoiare in fretta, soprattutto se dall’altra parte del pad c’è un bambino. Monster University, invece, è basato sulla rivalità tra gli studenti della M.U. e della Fear Tech; mentre si è liberi di vagare per i due campus è possibile incontrare personaggi secondari che man mano conferiscono le varie missioni, le quali vertono più che altro sul ripulire il proprio campus, imbrattare quello avversario, cercare e spaventare qualcuno in particolare oppure architettare qualche scherzo posizionando bacheche o divani modificati a puntino, negli spazi aperti. Le parti relativamente più complesse sono quelle dall’anima stealth, in cui bisogna agire in maniera discreta senza essere scovati dai nemici. Ad ogni modo, come in tutti gli altri Mondi, è possibile attivare più missioni contemporaneamente e quindi portarle avanti in parallelo senza arrivare a momenti di frustrazione a causa di un punto insuperabile. Infine Pirati dei Caraibi è incentrato per lo più sulla navigazione, le battaglie navali e la cura della propria nave. Quando però non si è per mare a dar da fare ai cannoni, si può anche esplorare la terra ferma dove ci sono puzzle da risolvere e tesori da scovare.

Mai scordarsi il gameplay

In tutti e tre i Mondi il collante tra le varie meccaniche è sempre il fattore platform che, in un modo o nell’altro, diventa ogni volta fondamentale per la riuscita delle missioni. Purtroppo però, la qualità delle meccaniche di movimento e salto dei personaggi in gioco non è delle migliori, a causa una certa illeggibilità delle conseguenze in gioco date dagli input; visto il target, sarebbe stato più indicato optare per una soluzione che non desse più di tanta libertà al giocatore, in maniera similare ad un Uncharted o, meglio ancora, a Enslaved, in modo tale da evitare inutili cadute e rendere più fluenti gli spostamenti. Anche la configurazione dei tasti non sembra essere stata calibrata al meglio, in quanto richiede che il giocatore abbia una conoscenza profonda del controller per poter padroneggiare al meglio le varie caratteristiche peculiari, ma anche per le azioni più basilari è quasi sempre necessario passare per svariati tasti prima di ottenere un risultato. La cosa assume connotati ancor più complessi quando si entra nel vivo dell’editor, in quanto si sposta l’oggetto con la levetta sinistra, si muove la visuale con quella destra, si ruota l’oggetto con la croce direzionale e per sfogliare i vari giocattoli disponibili bisogna usare in combinazione i quattro pulsanti dorsali. Più che una scintilla, sembra di manovrare un Caterpillar. Ad aggravare la situazione ci si mettono in mezzo i menu che hanno un’impostazione al quanto vetusta e complicano quasi ogni azione con richieste di conferma. Per darvi un’idea, se dalla Scatola dei Giochi si è intenzionati a scaricare un mondo creato da un altro utente, è necessario passare per circa dieci schermate diverse, senza contare che è richiesto un account Disney; un’operazione impensabile per i bambini d’oggi abituati ad avere tutto in pochi “touch”. Senza dubbio che siamo di fronte ad un titolo che, in fin dei conti, è profondo e complesso, ma ciò non giustifica un’interfaccia così poco snella e intuitiva. Per quel che riguarda il punto di vista tecnico sembrano per lo più spariti i pesanti problemi di frame rate che avevano accompagnato il gioco durante il suo sviluppo, restando relegati solo nei punti di caricamento o in momenti con troppa azione a schermo.

Commento finale

Disney ha fatto un grande sforzo per confezionare un lavoro che racchiude sotto un’unica identità giocattolosa e il medesimo stile grafico tante opere diametralmente opposte tra loro. Le statuette, vero fiore all’occhiello della produzione, sono ottime sotto ogni aspetto, tanto da risultare interessanti anche al di là del videogioco stesso. Peccato che l’effettivo gameplay delle tre proposte dello Starter Pack, e più in generale l’interfaccia, non sappiano convincere fino in fondo e mettano in dubbio l’effettivo impegno del team di sviluppo nel playtesting con dei bambini. L’idea di base resta comunque vincente e non dubitiamo che Disney Infinity saprà ritagliarsi un buono spazio sulle mensole degli appassionati.