Abbiamo intervistato Xeon tra Tekken 8 ed e-sport all’italiana

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Il videogioco, per quanto romanticismo vi si voglia racchiudere, va affrontato come prodotto d’acquisto.

Quando si parla di “industria”, si sta implicitamente affermando che il videogioco è ormai diventato un medium abbastanza maturo, da poter sorreggere un intero apparato produttivo e commerciale; questo, in un certo senso, ha aperto le porte al vivere il videogioco direttamente o indirettamente come una vera e propria professione.

C’è chi un gioco lo sviluppa, chi lo recensisce, chi lo vende e, ovviamente, chi lo gioca. Ma anche tra chi gioca un titolo, bisogna fare delle distinzioni.

Esiste chi videogioca, magari anche tanto in termini numerici, che si tratti di titoli giocati o di monte ore dedicato a questa passione, ma che resta sempre e comunque nel campo dell’amatorialità, della passione appunto.

C’è chi invece, nel videogioco è riuscito a vedere altro. Bisogna quindi fare una distinzione netta tra casual gamer e pro player.

tekken 8
Pronti?

Il casual è, sostanzialmente, l’appassionato di cui parlavamo sopra: una persona, che tra i tanti impegni che ognuno ha nella sua vita, vita, famiglia, lavoro, sceglie di dedicare quelle poche ore libere su un videogioco, senza troppe pretese, puntando più che altro ad ammazzare il tempo prima di andare a letto o di tornare a lavoro, con amici o da solo.

Il pro player è chi magari di ore al gioco, ne dedica decisamente di più e che pian piano sviluppa, oltre che una grande abilità, fuori dall’ordinario, anche una sana voglia di competizione. E questo perché, il videogioco, sin dalle sue origini, ha in sé una componente competitiva innegabile e inamovibile. Che si tratti di scontri con se stessi, con la CPU o con altri giocatori, lo scopo di un gioco che vuole divertire, è quello di farti superare un qualche tipo di sfida.

E sia chiaro che i miei non sono giudizi di merito. Il casual non vale più del pro e viceversa. Si tratta di semplici modi differenti di intendere quella che, a occhi esterni, può apparire assimilabile nelle modalità di sviluppo di una passione.

Capita però molto spesso, che una cattiva informazione, faccia più danni che altro al mercato videoludico, soprattutto in Italia.
Per molti infatti, essere pro player significa riuscire a vivere tranquillamente, giocando ai videogiochi. E in teoria, dovrebbe essere così. Come ogni altro atleta, anche l’e-sportivo dovrebbe avere la possibilità di vivere di quella che, non solo è una passione, ma un vero e proprio lavoro considerato il monte ore e studio che stanno dietro alla preparazione di un pro.

Eppure, non è così. Ma perché?

Parla Xeon

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Nicholas Ramacciotti, in arte Xeon, pro player italiano di Tekken, un’eccellenza del nostro paese. Nella discussione sono stati toccati vari temi, da argomenti un po’ più leggere come le aspettative per Tekken 8, fino alla situazione della scena competitiva in Italia, raccontata da chi la vive giorno per giorno.

Ci vediamo alla fine per qualche considerazione, intanto però ecco a voi l’intervista a Xeon!

xeon
Parola al campione

I: Ciao Nicholas, grazie dell’intervista. Per chi non ti conosce, racconti in maniera sintetica chi sei e di cosa ti occupi?

N: Ciao! Sono un giocatore competitivo ad alto livello. Posso dire, senza rischiare di offendere nessuno, che sono tra i Top 5 in Italia nel mio titolo, che è Tekken 7. Ho iniziato a giocare a Tekken, all’incirca dal 1998 anche ho iniziato, con le competizioni almeno di livello nazionale, tra il 2009 e il 2010.

Ho portato avanti questa passione, soprattutto perché mi divertiva. Oggi, la passione si sta espandendo sotto tanti punti di vista, sia tramite tornei off-line con un’impostazione sempre più professionalizzante, sia con tornei online a cui partecipo molto spesso, da cui porto buoni risultati di volta in volta.

Nel frattempo però, faccio anche informazione sul picchiaduro e sul mondo competitivo attraverso il mio canale Twitch, occasioni di incontri live come quella del Giffoni (fa riferimento al Giffoni Good Games, a cui aveva partecipato pochi giorni prima – NdR) e con interviste come questa.

Diciamo che, restringendo veramente tanto, questo è ciò che faccio e ciò che mi rappresenta.

Xeon top 3
Xeon Vince!

I: Nel mondo del picchiaduro, la community è molto importante. Visto che sei un membro attivo della community di Tekken, sai dirmi se si tratta di una community “chiusa”, chee costituisce una bolla a sé o se comunica con le altre?

N: Fino a qualche anno fa, ti avrei risposto che le varie community erano bolle che non si parlavano. La situazione però è in continua evoluzione, anche perché, oltre alle community locali che hanno dato una spinta alla crescita di tanti giocatori, da quando è diventato “buono” giocare online grazie al potenziamento delle linee internet e dall’introduzione di sistemi come il rollback (una tecnologia che permette maggiore fluidità e stabilità nei giochi online – NdR), la community è cresciuta tanto.

C’è stato tanto rinnovamento. Fino a pochi anni fa la community di Tekken era composta in gran parte da giocatori di vecchia data e, in generale, ho sempre visto una mentalità molto chiusa su molti argomenti. Su quel fronte secondo me nell’ultimo periodo siamo andati avanti, in meglio, e alla vecchia guardia si sono aggiunti tanti nuovi giocatori. Attualmente molti giocatori giocano attivamente anche altri picchiaduro quindi le “barriere” tra le community si stanno assottigliando, forse anche grazie al fatto che Tekken 7 ha un po’ ibridato delle meccaniche con i picchiaduro 2D, e di conseguenza da una parte il gioco ha abituato gli utenti di Tekken a stare in un’ottica diversa, e al tempo stesso ha fatto interessare giocatori provenienti da altri titoli.

I: E invece tu, che peso hai nella community?

N: Io personalmente, ho coltivato una community locale, nella mia città. Organizzavamo sessioni di gioco frequenti, allenamenti, in un posto vicino casa. Si è poi espanso tutto a livello regionale. Attualmente, ho deciso di fare questo lavoro di divulgazione per un pubblico più ampio su Twitch. Mi rivolgo a un pubblico prettamente italiano.

xeon Twitch
Jun V Jun

I: Twitch quindi è stato determinante per accrescere e cambiare la community?

N: Determinante? Non saprei dirti. Magari avrà influito positivamente.

Dal punto di vista torneistico, il fatto che ci siano stati tanti tornei di alto livello, con una grossa produzione dietro, che poi sono stati anche trasmessi da Bandai Namco su Twitch, possiamo dire che la piattaforma di streaming ha sicuramente influito.

Ovviamente però, non si può dire che sia tutto merito di Twitch. La piattaforma secondo me, ha un ruolo non marginale ma nemmeno determinante. A fare da acceleratore sono state le parti di community e-sports, concentrate sull’online.

(N.d.R. se volete seguire Xeon in live, qui trovate il link al suo canale)

I: Hai detto che intorno al 2009/10 ti sei spostato sul competitivo. Ma come hai fatto? Non si tratta di una strada dritta e ben delineata, come si entra in questo mondo? Se ne può fare una professione?

N: Sul farlo diventare una professione, ci stiamo lavorando, ma non escludo che in futuro possa succedere.
Il mio percorso è particolare. Io ho iniziato ere preistoriche fa, in cui era sicuramente diverso il modo di approcciarsi al competitivo. Quando ho preso il gioco in mano la prima volta, avevo 7-8 anni, non c’era l’online e anche le opportunità di incontro in locale, non erano incentivate.

Ciò che mi diede la spinta per tendere al mondo competitivo, fu una cosa in particolare: nel disco di Tekken 3, oltre al gioco, era presente un mini filmato in cui veniva mostrato una sorta di torneo di lancio fatto da Namco, in cui si vedevano cabinati e gente che partecipava a questa competizione. E lì mi partì la scintilla. A modo mio, avevo un po’ predetto l’e-sport di Tekken, vidi la possibilità di poter fare tornei.

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Tekken 3

Ovviamente però, non avevo modo di praticarlo, era da solo. Anche gli amici, non c’erano in maniera fissa. Ero più io che rompevo le scatole agli amici, per farmi sparring partner, ma divertiva solo me. Alcuni ci giocavano, facevano un paio di partite e poi, non riuscendo a vedere un senso di continuità, smettevano.

Il primo fattore veramente determinante dunque, fu che una fumetteria locale, iniziò a organizzare tornei nell’estate del 2005 con la release di Tekken 5. Questo mi permise di iniziare a interfacciarmi coi primi sprazzi di mondo competitivo. Che a pensarci, rispetto a oggi di competitivo aveva ben poco.

Intanto scoprii i forum e iniziai a scovare una community che organizzava tornei, a livello nazionale. In realtà, pare che all’ epoca di Tekken 3, venissero organizzati tornei veramente grossi, anche con 500 partecipanti, col supporto della casa madre (Namco)! Purtroppo l’informazione al riguardo era quella che era e se ci aggiungiamo il fatto che non avevo l’ADSL…

I forum dunque, permisero a me e al gruppetto che iniziò a formarsi di scoprire un’altra realtà intorno al 2005. Non si trattava però di realtà vicine a casa, e quindi solo da più grandi abbiamo potuto iniziare a frequentarle.

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Dark Resurrection

I: il primo titolo su cui hai gareggiato?

N: Un primo torneo, lo feci di Tekken 5: Dark Resurrection, che non avevo nemmeno perché ai tempi a casa, avevo soltanto Tekken 5.0. Mi presentai con un pad PS2 e un adattatore per PC, che mi faceva pure laggare. E nonostante tutto, non andò malissimo, arrivai in top 24 se non ricordo male.

La prima competizione vera e proprio però, arrivò con Tekken 6.

Oggi però la situazione è molto diversa dall’epoca: ci sono tante community locali, sparse per l’Italia, che hanno maggiori canali d’informazioni visto che esistono i social, che sono meno organizzati di quanto lo fossero i forum, ma riescono a raggiungere meglio chi ne deve fruire.

Inoltre adesso c’è la possibilità di fare tornei online. Ci sono diversi circuiti che offrono iscrizione gratuita e premi per i primi classificati. Penso che questi circuiti, possano offrire un’occasione importante per quei giocatori che vogliono, gradualmente, inserirsi nel contesto competitivo.

Ritengo che oggi, sia molto più lineare e semplice entrare nel mondo competitivo, rispetto a quando l’ho fatto io.

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Tekken 8, si parte

I: Parliamo di Tekken 8 adesso. Cosa ti aspetti, rispetto sia a tutto ciò che si è vista sia rispetto a un Tekken 7, che tutto sommato è uscito bene?

N: Tekken 7 diciamo più che altro, che è piaciuto, che è diverso.
Tekken 7 ha puntato su elementi visivamente riconoscibili, anche da un pubblico non incallito, su uno stile di gioco molto divertente e dinamico, ricco di sfaccettature che non annoiano mai e che lo rendono abbastanza bilanciato. A livello alto magari c’è una nicchia dei (personaggi – NdR) più forti, ma le sfide sono sempre combattute fino alla fine.

Mentre queste erano le scelte buone, scavando più a fondo escono fuori delle scelte decisamente più discutibili, aldilà del discorso dei personaggi in 2D, ampiamente criticati dalla community. In Tekken 7, c’è un ventaglio maggiore di “scelte pericolose”, in determinati momenti non c’è un sistema di controllo assoluto che permetta sicuramente di non prendere danno. A volte semplicemente, prendi danno perché è successo. Rispetto ai capitoli precedenti, che avevano un’impostazione più rigida, qui c’è molta più fantasia.

Xeon vince
Keep winning

I: E quindi Tekken 8 che deve avere per farti felice?

N: Bisogna sicuramente andare incontro alle esigenze del pubblico. I miei giochi preferiti (Tekken 6 e Tekken Tag 2) sono quelli che, nel medio periodo, sono stati anche tra i meno giocati e penso che Namco si sia resa conto di ciò. La software house si è resa conto di dover far felici i giocatori di vecchia data, che vogliono competere, con la garanzia che il loro talento sia speso bene; al tempo stesso, sta cercando di offrire qualcosa a chi si affaccia a questo mondo e vuole un feedback più istantaneo.

Penso che, con Tekken 8, stiamo assistendo a qualcosa di interessante.
Sono state implementate delle meccaniche, che danno un segnale molto forte al giocatore poco pratico del gioco come i comandi facilitati, che secondo me sono un’ottima cosa! Ad alto livello sicuramente non si useranno, ma puoi farti la partitella sul divano con l’amico a cui piace Tekken e che magari poi, si appassiona sul serio.

Il gioco sembra impostato in modo da risultare gradevole per chi inizia, però pare che ci sia comunque tanto per l’alto livello. Inoltre, a differenza di Tekken 7, l’ottavo capitolo è stato riprogrammato da zero e si nota da alcuni interazioni tra i poligoni, decisamente migliori.

Tekken World Tour
Tekken World Tour

I: Come vivi il rapporto tra casual e competitive?

N: Ultimamente vivo molto nel competitivo, ma ho comunque una storia di lunga data nel gioco.
Ho avuto a che fare con persone che non avevano mai giocato e da ragazzo, cercavo anche di farli appassionare, riuscendo qualche volta. Tante persone si sono avvicinate, vedendo quello che stavamo costruendo nel competitivo, con l’intenzione di continuare, e alcuni l’hanno fatto.

Altri pensavano che, Tekken fosse imparare una combinazione di tasti a memoria, quasi come il trucco del jetpack di GTA. Si sono poi scontrati con un mondo ben diverso.

Anche a livello di community locale, ho sempre cercato di trasmettere la passione per il competitivo, potendo godere di feedback istantanei, cercando anche di insegnare quello che avevo imparato fin lì. Ovviamente, col tempo, il dialogo si è sbilanciato più sul discorso competitivo.

Diciamo che, su Tekken 7, anche un casual è comunque un po’ tendente al competitivo. Tuttalpiù, gioco dei personaggi che non gioco di solito così da studiarli. Mi è capitato a volte, con amici, che mi venisse proposto “Facciamo una partita a Tekken?”. Io, titubante, magari rispondevo di si ma in casi del genere, non si diverte nessuno, né io né loro.

Armor king
Un peronaggino

I: I tuoi main character sono Armor King e Devil Jin, in base a cosa li hai scelti?

N:  Devil Jin per ora lo uso poco. Ha subito, recentemente, delle modifiche che lo portano a essere un personaggio con alti rischi. Normalmente i personaggi hanno un’impostazione per cui, durante le fasi di attacco, si tende a usare in prevalenza colpi medi, di solito i meno rischiosi, e una minoranza di colpi bassi. In questo senso Devil Jin, è diventato un personaggio sbilanciato, con un colpo basso migliore rispetto alla maggior parte del cast, e i colpi medi che invece sono un po’ sotto tono.

A livello di dinamiche, non lo si limita bene col movimento e spesso contro di lui ci si trova a prendere decisioni pericolose come abbassarsi a caso. Brutto da affrontare ma anche da giocare, al momento. L’ho un po’ mollato ultimamente.

Armor King l’ho scelto per un puro discorso affettivo.
Il gioco, come detto, è abbastanza equilibrato e il giocatore può sopperire bene alle eventuali mancanze del personaggio. È vero che Armor King, in certi contesti, fa un po’ di fatica ma compenso con l’esperienza. Alla fin fine, è il personaggio che mi ha portato in alto in Tekken 6 e Tekken: Tag 2.

È il personaggio che mi permette di esprimermi al meglio!

Alcuni, come main, scelgono il world tier di turno, cosa tipica tra i giocatori del Pakistan, altri semplicemente, provano vari personaggi e vanno con quello che li fa sentire meglio sul campo.

I: Alcuni personaggi sono più facili da giocare di altri?

N: Ci sono personaggi che hanno input meno complicati.
Generalmente, questi personaggi fanno più fatica ad alto livello, su altri aspetti di gioco. Si paga un po’ lo scotto di avere un personaggio più facile.

Tekken X Street fighter
Un episodio crossover

I: Dopo l’entusiasmo pre-release, spesso i titoli picchiaduro finisco per interessare solo a nicchie. Pensi che le software house abbiano una responsabilità in questo?

N: Ultimamente mi sono avvicinato anche ad altri titoli picchiaduro. Quello che potrebbero fare le software house, sarebbe puntare su una larga distribuzione, vedi Tekken 7 che ormai è acquistabile a prezzi molto bassi. Questa cosa porta il gioco a essere più giocato, trasmesso maggiormente sulle piattaforme di streaming e, di conseguenza, più visto.

Potenziare le funzioni online sarebbe un altro metodo per incentivare a giocare.

Ormai non penso sia giusto parlare di “nicchie”: l’impalcatura dei picchiaduro è molto aperta e fatta di tante sfumaure.

I: Come sta il picchiaduro in Italia a livello economico e sociale? Qualcosa si muove?

N: L’Italia è molto indietro. Non ci si sta muovendo assolutamente in una situazione di favore per l’e-sport in generale, anzi, pare che il fenomeno venga proprio ignorato ai piani alti. Immagino che nessuno voglia perdere tempo, per un’antipatica riunione di troppo per parlare dell’argomento.

Le community però sono senza dubbio cresciute. Più persone sono interessate al mondo dei picchiaduro, ci sono più organizzatori e magari ci esce pure qualche sponsor.
Certo, a livello di sponsor sono l’ultimo ruota del carro d’Europa.

A smuovere le cose è la passione e la voglia di fare, che nasce dagli appassionati.

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Videogiochi come la cocaina?

La burocrazia mette i bastoni tra le ruote: quando organizziamo un torneo, anche con soli 20 euro di prizepool, dobbiamo mettere in mezzo associazioni e tessere, una cosa che all’estero non esiste. Questa cosa, negli anni, ha sicuramente inibito l’organizzazione di piccoli eventi, generando un effetto a catena che ha ucciso sul nascere potenziali organizzazioni, e quindi di conseguenza anche di sponsor e investitori.

Negli anni, insieme alle varie ASD di cui ho fatto parte o con cui ho collaborato, ho organizzato e partecipato alla realizzazione di numerosi eventi. C’è sempre stata tanta burocrazia di cui tener di conto, tanto stress e soprattutto un investimento di tempo talmente grande da mettere a rischio la mia qualità di giocatore, motivo per cui attualmente non organizzo tornei.

C’è anche un discorso culturale, magari collegato proprio alla mancanza di politiche, che negli anni aiutassero l’avvicinamento al fenomeno e-sport. Lo politiche alla fine, sono uno specchio della società. Se ripenso a quando ero ragazzo, pensare di vivere giocando ai videogiochi era visto malissimo. Magari quindi, tante persone sono rimaste ancorate a quel pensiero.

La mancanza di investimenti e strutture adatte, ha portato giocatori di altre nazioni più attrezzate a emergere più facilmente. Si crea un circolo vizioso, perché questi giocatori vincenti, hanno attratto sempre di più l’attenzione di sponsor grossi.

Per esempio, recentemente sono stato impegnato nel restream italiano ufficiale di un torneo di Tekken 7 a squadre disputatosi in Arabia Saudita 16 team di 3 giocatori ciascuno, si sono spartiti un montepremi di 1 milione di dollari. L’Italia non c’era. Il Pakistan ha portato a casa mezzo milione di dollari, che ora sicuramente verranno reinvestiti nella community, per allevare anche nuovi talenti.

Noi italiani siamo rimasti indietro, ancora una volta.
Magari con Tekken 8 si rimescolano le carte, perché i talenti ci sono.

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Il campione, Nicholas “Xeon” Ramacciotti

I: Con l’arrivo di Tekken 8, stai un po’ abbandonando il 7?

N: Mi ci impegnerò fino all’ultimo giorno.