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Elaborazione del lutto: superare la fine di una cronaca di Gioco di Ruolo

Già vi immagino sui social dopo aver visto condiviso il titolo di questo articolo: “xdxd non trovo un gruppo per giocare, figuriamoci finire una campagna” e si vola su commenti memorabili come buffoni del paese.

Spoiler alert: le campagne finiscono, almeno quelle con uno scopo o un tavolo affiatato. Ed è quello che è successo a me ieri con i miei amici.

Accendete Spotify e ascoltatevi questo grande classico intramontabile mentre vi parlerò di come ho “elaborato il lutto”, sarà un po’ autobiografico ma d’altronde è un articolo per il mio blog.

Quando una cronaca finisce

Lasciate che prima vi parli un po’ di me e un po’ del mio ultimo tavolo di compagni di avventura, poi vi parlerò di come elaborare il lutto, lo prometto.

Gioco di ruolo dal 2002, avevamo 13 anni ed eravamo dei protometallarini frequentatori del negozio ludico di paese, giocavamo con regole inventate di D&D 3.0 e ci divertivamo un casino, giocavamo a D&D per dimenticarci del bullismo, delle angherie, degli scompensi umorali e ormonali dell’adolescenza, dei fallimenti e dell’incertezza sul futuro. Evadevamo, il gdr era pura evasione mista a fomento ed epicità, tra spade, scudi e una pessima colonna sonora dei Rhapsody.

La nostra prima cronaca di D&D durò tanti anni, davvero tanti. La scheda del mio nano storico è andata perduta nei meandri del tempo, ma il mio amico/master Federico di quegli anni ha ritrovato un cimelio del primo pg, durato troppo poco.

Da notare il pentacolo sul box “ritratto del personaggio”, dannato metal.

Quell’amore sbocciato su dadi e schede si è perpetuato negli anni con tanti giochi provati, belli o brutti che furono. A 17 ho scoperto il Gioco di ruolo dal vivo, Vampire the Masquerade per la precisione.

Scoprimmo che ci giocavano tanti adulti e il livello era altissimo, mi trovai nel bel mezzo della fine di una cronaca durata tanti anni, non fu facile capire cosa come e quando, ma un personaggio poco sviluppato che aveva molto di me e poco di lui si trovò nel mezzo di scontri politici di cui non capì nulla. Ma anche questo fece parte del gioco.

Poi conobbi Grvitalia, un’associazione che ai tempi era enorme e ben strutturata: oltre 500 persone radunate nei monti Lucchesi a vestire i panni del gioco; lì arrivò l’illuminazione: non c’era un solo narratore, c’era un gruppo ambientazione formato da penne eccelse dell’ambiente del gdr italiano che creavano l’ambientazione e gli intrecci, poi c’erano tanti narratori che dedicavano il loro tempo allo sviluppo del gioco per gruppi grandi e piccoli. Lì ho scoperto per la prima volta la vastità del gioco di ruolo e dell’intreccio delle trame, lì fuori c’era gente che creava mondi ENORMI e cliccabili, una macchina oliata che portava all’evasione oltre 500 persone per settimane intere durante il corso dell’anno.

Quella campagna è durata quasi vent’anni, ne ho giocati 9 di questi fino all’ultima giornata di gioco nella cornice di un castello magnifico nel Lazio; in quegli anni ero cresciuto come fotografo e come persona, fotografai quasi tutti i Live principali, ho scrutato nelle emozioni dei giocatori e le ho immortalate portandomi dietro un ricordo bellissimo di quegli anni.

Da giocatore ovviamente ho vissuto il gioco dal suo interno, non come protagonista ma da fruitore: eravamo realmente tutti protagonisti, la decisione del nuovo o del veterano non importavano, tutti avevano un ruolo, tutti erano importanti. Lì ho capito finalmente l’importanza di una struttura solida e di un gioco che dia un feedback, un accenno di positività e un senso di appartenenza forte, un qualcosa che rimane.

Elaborare la fine di quella campagna in cui ho vestito i panni di svariati personaggi, dove ho vissuto più vite fu davvero difficile. Quello è stato un lutto condiviso da oltre 500 persone, la perdita di un qualcosa che non avverrà più, o se avverrà sarà in forme differenti.

Uno degli ultimi momenti di quella cronaca Live.

Poi sono cresciuto, il mio vocabolario, le mie esperienze, la mia vita era totalmente cambiata, dietro mi sono portato tanti compagni di gioco, non solo dal vivo ma anche online nei play-by-chat e play-by-forum e nei tavoli classici analogici, ho vissuto centinaia di cronache e storie diverse, fino a quell’ottobre del 2015.

Mi chiamò Ravi, un mio caro amico: “vuoi giocare a Dark Heresy? Il master Andrea è bravisismo” – “Cos’è?” – “È un gdr su warhammer 40k, giochiamo a Scerne di Pineto” (Ndr: piccola frazione inutile vicino Pineto, a 15 km circa da casa mia, Giulianova (TE)) .

Se non sapete cos’è Dark Heresy cliccate qui.

Andai a giocare e conobbi quello che a tutti gli effetti è stato il gruppo di gioco più affiatato in questi 18 anni di GDR senza sosta.

In questa cronaca durata 7 anni (5 per me essendo entrato dopo, prima vivevo a Bologna) si sono susseguiti tantissimi avvenimenti, c’è chi ha divorziato, chi ha cambiato diversi amori della vita, chi si è perso, chi ha trovato e cambiato lavoro più e più volte, in 5 anni ne è passata di acqua sotto i ponti ma l’unica costante era quel giovedì a giocare di ruolo, che poi divenne sabato, che poi divenne “ragà quando cazzo si gioca?” con annessi i litigi che ci accomunano tutti nello stivale.

Le nostre schede, nell’ultima sessione.

Al di là delle innumerevoli birre, di cibo schifoso o di pizze unte sulle schede abbiamo vissuto anni interi in una cronaca che ci ha visti protagonisti, con dei personaggi cuciti alla perfezione su di noi, per la prima volta c’è stato un master che per ogni sessione aveva una sorpresa.


Un giorno poteva essere un teschio fatto a mano con dentro un codice da decriptare, un altro poteva essere un diario di 32 pagine scritto a mano con la narrazione di un png secondario, un’altra volta poteva essere l’addio al celibato di uno dei compagni del tavolo con sessione di GDR attorno ad un fuoco in un bosco, un’altra volta semplicemente una colonna sonora al momento giusto, tra le calde lacrime di un personaggio che ci lascia dopo una morte devastante.

Ieri la cronaca che mi ha preso di più in diciotto anni di gioco è finita, con lei se ne va un periodo strano per me e per i miei amici, ma il lutto va elaborato, altrimenti si diventa dei nostalgici e la crescita si ferma facendo posto alla stasi e alla malinconia.

Il gioco di ruolo non è questo, è crescita ed evasione: è inutile evadere per ficcarsi in un’altra prigione scevra dalla maestosità della fantasia. Vi dirò un po’ i miei trucchi, sperando possano esservi utili.

Elaborare il lutto

Se siete arrivati fino a qui sarete motivati a capire come andare avanti, avete letto le parole di uno sconosciuto e la sua storia, ora però dovrete capire che si può andare avanti, il come è dannatamente soggettivo, ma se ha funzionato per me può funzionare anche per voi, forse.

Primo punto: il gioco di ruolo crea amicizie. Quelle non finiscono con la fine di un’avventura di un gioco. È bene capire questo concetto e scindere personaggio da giocatore, finita una sessione o una cronaca su quel tavolo davanti a voi ci saranno solo amici e amiche.

Secondo punto: ci sono tanti GDR!
Non fossilizzatevi, secondo statistica e vendite l’80% di voi che leggerete questo articolo conoscerà solo D&D, probabilmente la 5e dato il successo commerciale.
Non scoraggiatevi, finita una storia se ne comincia un’altra se nel gruppo ci si vuole bene!

Non sarà mai come la precedente, ma magari sarà migliore, prendetevi una pausa di qualche settimana, uscite a prendevi una birra e parlate di altro, poi provate con una sessione zero per capire qual è il gioco che fa per voi e qual è il mood che volete perpetuare. Potrebbero esservi utili i nostri articoli su Player per capire il gioco che fa per voi, altrimenti date uno sguardo a tutti i canali gdr italiani e ai gruppi, troverete sicuramente qualcuno che riaccenderà una nuova scintilla.

Terzo punto: Fate altro.

Se la cronaca è durata tanti anni concentratevi per un po’ su altro, giocate un nuovo videogioco, riscoprite qualche sport, sentite vecchi amici, fate qualcosa.

Se vi fossilizzerete nel ricordo della cronaca e penserete solo al punto di arrivo e non allo svolgimento che c’è stato perderete tutto ciò che ha reso quell’esperienza unica.

Non contaminate il ricordo di un qualcosa di bello con rimostranze dettate dalla nostalgia di un qualcosa di perfetto che è arrivato alla sua fine, non piangetevi addosso pensando di non poter far meglio. Non è una gara.

Una storia bella è una storia bella, dovete essere felici quando la raccontate, dovete portarvi un ricordo non un punto di demarcazione sulla parola fine.

Quarto punto: Se proprio non riuscite a continuare non fate finire la passione per il gdr, visitate i Discord italiani di GDR, i forum, i gruppi fb, cercate sul nostro find.a.player, ma non scoraggiatevi. Ci sarà sempre qualcuno pronto a giocare con voi e a portarvi in qualche avventura strampalata in cui perdervi.


Se siete arrivati fino a qui spero di avervi dato modo di riflettere sulla fine, sul concetto stesso di terminare una storia.

Si può andare avanti, l’importante è non contaminare i ricordi.

La Cellula 17 – senza Matteo che è dovuto andarsene un po’ prima –

Daniele

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