Con il termine di AI slop si indica quella massa indistinta di contenuti generati dall’intelligenza artificiale, senza cura né autenticità, che ha invaso i social.
I feed dei social network sono ormai saturi di immondizia AI. Deepfake, immagini e video sviluppati in grandi quantità, anche senza alcun controllo umano, e di scarsa qualità e di infimo contenuto concettuale. Forme ripetitive e peggiorative di trend casuali, banali ganci finalizzati a colpire il pubblico medio, post privi di qualsiasi valore informativo e spesso anche di senso.
I social sono nati come luoghi di interazione umana. Facebook, il vecchio Twitter, Instagram erano pensati per mettere in contatto le persone, farle chiacchierare, condividere foto e commenti. Piano piano, questi spazi si sono trasformati in vetrine deformanti per l’autocelebrazione, il racconto inautentico, l’aggressione e il voyeurismo.
Sembrava di aver già toccato il fondo e invece è arrivata l’intelligenza artificiale, che ha cambiate le regole del gioco. Da tempo non sono più gli utenti a produrre contenuti, ma gli algoritmi che generano testi, immagini e video, assecondando le mode dominanti, reiterando stanchi cliché e riducendo all’osso il messaggio intellettuale o emotivo.
Così la piazza virtuale, che doveva essere fatta di voci umane pronte a confrontarsi, si è saturata di voci artificiali che non dicono niente. In tanti credono che l’AI abbia già ucciso i social. In realtà, il decesso non è ancora stato registrato. E l’intervento dell’intelligenza artificiale non sembra essere teso alla distruzione dell’universo social, quanto alla trasformazione.
Falsi, stupidi e inutili: i contenuti AI ammazzano i social
Presto la maggior parte dei contenuti visibile sui social sarà prodotta da AI. Ma la dinamica nel network non cambierà. Gli utenti continueranno verosimilmente a scrollare video e post, a commentare, mettere like e ripostare.

Al massimo l’intelligenza artificiale, quindi, potrà trasformare i social media in un ecosistema differente, più simile a un deserto antisociale che a un’agorà virtuale. La passività trionferà sull’azione e sull’interazione. I contenuti di bassa qualità, tutto ciò che chiamiamo AI slop, piacciono fin troppo agli utenti medi. Così come piacciono i deepfake e le interazioni impersonali.
Sembra quasi che l’AI stia solo portando i social media a realizzare un destino già scritto. Attraverso i social, dalla preistoria di MySpace al presente di TikTok, gli utenti hanno intrapreso un cammino di spersonalizzazione progressiva.
Dall’idealizzazione dei corpi e gli stili di vita alla celebrazione degli influencer, sembra che l’utente medio non sia mai stato realmente interessato a comunicare, a confrontarsi. Ha cercato soprattutto appiattimento critico, distrazioni, modelli plastificati, menzogne, recite, conferme.
L’AI, con i suoi contenuti automatici, sempre più sciocchi e beceri, rende questa continua negazione dell’autenticità immediatamente disponibile e ancora più facile da gestire.
