Twisted Metal | Recensione (Serie TV) | Trash si, ma con tanto stile

Twisted Metal! Recensione serie TV

Negli anni sono stati tanti i brand videoludici di cui abbiamo potuto vedere delle trasposizioni su grande o piccolo schermo, che non sempre però riuscivano a tenere alto il nome del brand di partenza. È molto più frequente che prodotti del genere, finiscano per essere più che altro mediocri, dimenticabili, nonostante le dovute eccezioni.

Cosa succede però se si prende un brand del passato, ormai dimenticato da molti, ma ancora vivo nel cuore di chi ne ha vissuto il prime, e lo si da in mano allo stesso sceneggiatore dei due Zombieland e dei tre Deadpool, con la collaborazione diretta del creatore originale proprio di quel brand? Beh, non può che venir fuori un prodotto che, tra alti e bassi, riesce quantomeno a ricalcare in maniera fedele, seppur contemporanea, le sensazioni di quel brand di partenza.

Twisted Metal è esattamente questo.
C’è da dire che vi era tanto scetticismo riguardo la serie TV dedicata al celebre brand di folli lotte automobilistiche, in cui vetture tra le più sgangherate si sparavano addosso con qualunque tipo di arma, facendo dello splatter e del gore due elementi di profonda attrazione.

Saranno riusciti dunque, a rendere giustizia a uno dei titoli che ha rappresentato la storia della prima PlayStation?

A tutto gas!

Twisted Metal è una serie che mette subito in chiaro, sin dai primissimi secondi del primo episodio, quanto la prima regola sia quella di non prendersi troppo sul serio. Battute taglienti e spesso efficaci, riescono subito a delineare il clima della serie: un po’ come per Zombieland, il punto di partenza è quello dello scenario post-apocalittico.

La serie riprende uno dei leitmotiv narrativi, di opere di un paio di decenni fa: cosa sarebbe successo se il Millenium Bug fosse stato reale e la tecnologia fosse scomparsa dal mondo (anche solo per un certo periodo). La risposta che Twisted Metal ci da, è l’apparente anarchia. L’abbattimento di tutti i costrutti sociali e civili che tenevano in vita la vecchia società, che adesso è composta tendenzialmente da due macro gruppi di persone: chi sta dentro e chi sta fuori le città fortificate.

sweet tooth
Tutti contro tutti

Una volta che il mondo sprofondò nel caos, vennero prese delle contromisure: vennero costruite città dotate di alte mura invalicabili, per tenere fuori tutti i criminali. Cosa succede all’interno delle mura però, è qualcosa che interessa solo chi all’interno ci vive e non è certo il caso del nostro protagonista. John Doe, interpretato da Anthony Mackie, in questo nuovo mondo, è diventato un Lattaio.

I Lattai, nell’universo di Twisted Metal, sono praticamente dei corrieri: sotto pagamento, il loro compito è trasportate un carico da punto A a punto B. Le vicende raccontate, hanno inizio quando il nostro John Doe (nome utilizzato nel gergo giuridico americano, per individuare un soggetto la cui identità è sconosciuta o va tenuta nascosta), a bordo della sua fedele compagna Evelyn -si, la sua auto si chiama Evelyn-, riceverà una proposta di lavoro dalla reggente della città di New San Francisco: andare a prendere un pacco a New Chicago, senza conoscerne il contenuto. Il tutto, in non più di 10 giorni.

lattaio
Got Milk?

Un incarico rischioso, che richiede di guidare per tutto il continente americano, esposti ai più feroci squadroni di morte che vi stanno nel mezzo, dagli Avvoltoi fagli Uomini Santi, passando per i Macellai. Il premio però, potrebbe valere decisamente la pena: John Doe potrebbe diventare un cittadino da “interno”, venendo accettato a vivere a New San Francisco, abbandonando l’esterno e tutti i pericoli che porta con sé.

Una premessa semplice dunque, che diventerà un pretesto narrativo estremamente efficace, per riuscire a narrare un vero e proprio road trip, in grado di fare della follia il suo punto focale, regalando allo spettatore un incedere mai noioso e scoppiettante.

Sentimenti post-apocalittici

Anche nel più corrotto e folle dei mondi, non può mancare una buona dose di buoni sentimenti. Ovviamente, a che i sentimenti più semplici come l’amore, l’affezione o l’odio, vanno calati in un mondo ormai distrutto, che ha abbandonato qualsivoglia regola di convivenza pacifica, se non per specifiche eccezioni.

A catturare è sicuramente lo sviluppo del rapporto tra John Doe e Quiet, la co-protagonista della serie, interpretata da Stephanie Beatriz, in grado di portare su schermo un’ottima rappresentazione della diffidenza più totale. Dopo aver visto i sopprusi della Legge nei suoi confronti e in quelli del fratello, Quiet ha nella mente solo e soltanto la vendetta.

Quiet JohnDOe
La coppia che scoppia

Il fatto che in sole 10 puntate, si riescano ad approfondire in modo convincente gli aspetti più nascosti degli animi dei protagonisti, è simbolo di quanto la scrittura di Twisted Metal sia decisamente più intelligente ed elaborata di quanto ci si aspetterebbe da una serie del genere. E non solo i protagonisti sono il simbolo di questo concetto.

Il gioco è pregno di easter egg e rferimenti, più o meno velati, sia alla serie videoludica di Twisted Metal che a tantissimi altri videogiochi, da GTA a The Last of Us. Tra i tanti riferimenti al gioco originale, non può certamente mancare il personaggio che ha reso la saga riconoscibile e iconica: il clown pazzo, Sweet Tooth (interpretato dal wrestler Samoa Joe)! Ed è davvero impressionante, nel vero senso della parola, la profondità che viene data al personaggio, che nell’arco di qualche puntata viene svuotato da quell’aura di follia fine a se stessa, assumendo una tridimensionalità insperata.

Come scritto qualche paragrafo sopra, anche questo è un simbolo dell’ottima scrittura che la serie può vantare e che soddisfa sotto diversi punti di vista.

Un compitino di regia

A livello puramente registico però, le sorprese non sono poi tante.
Vi sono sporadici guizzi, che diventano molto presto prevedibili e che tendono un po’ a far calare l’attenzione, non riuscendo sempre a permettere allo spettatore di vivere determinate sequenze, in modo convincente.

I momenti in cui questa sensazione diventa particolarmente fastidiosa, sono sicuramente quelli degli scontri o degli inseguimenti in auto. Per una serie che mette al centro i duelli a bordo di autovetture da guerra, è davvero un peccato assistere a riprese sempre uguali, sempre seguendo gli stessi schemi, senza mai regalare allo spettatore un momento che lasci davvero a bocca aperta.

twisted metal
Tutto si riduce a questo

Certo, nonostante si stia parlando della serie di Twisted Metal, c’è da dire che di scontri in auto non è che ve ne siano poi chissà quanti. Sono molti di più e molto più incisivi, gli scontri a mani nude o con armi (bianche o da fuoco). Una scelta probabilmente dettata da un budget non incredibile. Un vero peccato che non si riesca a concretizzare con la giusta forza, dato che, soprattutto nel finale, le premesse per vedere del metallo totalmente attorcigliato e divelto, vi sono tutte.

Punto sicuramente a favore per quanto riguarda il comparto sonoro e la scelta della colonna sonora: aspetti curati in maniera impeccabile, che riescono a garantire un livello di profondità davvero interessante alla serie, concedendo un po’ di quella epicità trash che gli scontri, visivamente, non raggiungono.

Conclusioni

Nelle 10 puntate da circa 30 minuti l’una della prima stagione di Twisted Metal, sono tanti i punt positivi che emergono: dalla costruzione di una storia semplice ma efficace fino alla caratterizzazione dei personaggi, tutto a loro modo memorabili, complice anche un cast estremamente efficace a cominciare dai protagonisti fino al “villain” principale, l’Agente Stone (Thomas Haden Church). Le premesse per la seconda stagione, in uscita quest’estate, sono decisamente interessanti. Nella speranza di ritrovare una serie che ha imparato dai suoi errori, proponendo magari scontri automobilistici più feroci e meglio strutturati a livello registico, non possiamo certo dirci delusi da una prima stagione che consigliamo a tutti gli appassionati del brand di Twisted Metal o a chiunque cerchi una serie, in grado di fare dell’ironia e del trash fatto bene, punti di forza in grado di compensare a tutti i difettucci che emergono, qui e là.
Jello, amici!