Cinque cose da sapere su Dragon’s Dogma in attesa di Dragon’s Dogma 2

Uscito nel 2012, e poi nel 2013 nella versione Dark Arisen che a sua volta è stata rimasterizzata e rilasciata nel 2017 sulle console della generazione in vigore all’epoca, Dragon’s Dogma è uno dei massimi esempi di gioco di ruolo fantasy. Sottovalutato ai tempi, ma oggetto di culto per chi lo giocò, sta tornando alla ribalta in questi giorni grazie all’annuncio del suo seguito.

Capcom ha di recente reso noto lo sviluppo già in corso di Dragon’s Dogma 2, senza purtroppo pubblicare alcun tipo di informazione aggiuntiva, compreso un trailer. Chi non ha mai giocato il primo capitolo, potrebbe dunque trovarsi spiazzato di fronte all’entusiasmo di chi invece lo ha adorato ai tempi e continua a venerarlo oggi.

Il consiglio è di recuperarlo all’istante, a maggior ragione se si è appassionati di rpg sia in formato digitale sia cartaceo, perché Dragon’s Dogma è fortemente influenzato da Dungeons & Dragons, ma prima di farlo forse vi conviene leggere questo articolo in cui vi forniamo alcuni dettagli su cosa vi aspetta.

Dragon’s Dogma è quasi un souls…

…ma non bisogna prendere alla lettera questa definizione. Il titolo da molti è considerato il souls di Capcom, anche se questa affermazione è influenzata in parte dal fatto che il gioco uscì nello stesso periodo di Dark Souls. Non è neanche del tutto errata, però potrebbe spaventare chi non è avvezzo ai giochi From Software.

Dragon’s Dogma non è affatto un’esperienza facile, pur mantenendo le distanze dai souls in alcuni aspetti. In primo luogo, è possibile scegliere la difficoltà, in secondo luogo gli obiettivi di missione vengono segnalati sulla mini-mappa. In cosa allora Dragon’s Dogma può essere considerato meno accessibile rispetto alla media?

Senza dubbio, il combat system ha molte cose in comune con un Dark Souls, la legnosità di certe animazioni si fa ancora sentire, non parliamo poi di un hack and slash, nonostante al titolo abbia lavorato anche un designer di Devil May Cry, l’approccio va ponderato, si basa su parate e roll, oltre ovviamente alle statistiche del personaggio, come è normale che sia in un rpg.

Dove però Dragon’s Dogma può essere considerato un po’ “bastardo” è nell’esplorazione. Non ci sono cavalli, bisogna farsela a piedi, detta in modo schietto, esiste un teletrasporto ma si sblocca molto avanti nell’avventura ed è limitato all’utilizzo delle pietre del trasporto che sono rare, costano un po’ e appesantiscono anche il pg.

Andare in giro per Gransys, la regione in cui è ambientato, non è una passeggiata di salute, non è raro cadere in imboscate di banditi o di bestie feroci che si fanno più cattive ed enormi più ci si spinge in là. Può capitare di morire e mandare in vacca due-tre ore di gioco perché l’ultimo salvataggio è stato effettuato alla locanda.

La notte è un incubo

La seconda cosa da sapere per essere preparati è che girare di notte può essere un vero incubo. Se di giorno le imboscate e gli incontri casuali possono creare grattacapi sostenibili, di notte si rischia davvero la pelle, soprattutto se non si va verso la meta dopo aver predisposto tutto il necessario, equipaggiamento, oggetti curativi, companion di livello adeguato.

Quello di Dragon’s Dogma è probabilmente il ciclo giorno/notte più realistico mai creato. La differenza non è infatti solo estetica, ma di gameplay, difatti va a modificare l’approccio all’esplorazione. In prima istanza, di notte non si vede nulla… per davvero. Potrete anche cercare di barare impostando la luminosità al massimo nelle opzioni, ma non ci sarà nulla da fare.

Di notte, in Dragon’s Dogma, bisogna girare con la lanterna che, però, non è infinita. L’olio può esaurirsi e se non avete avuto la bell’idea di riempire le fiaschette con olio aggiuntivo, dovrete vedervela con l’oscurità totale. Intendiamoci, facendoci l’abitudine, si riesce comunque a capire dove andare e dove ci si trova, ma con molta più difficoltà.

Inoltre, di notte a Gransys succedono cose inaspettate. Ad esempio, potreste ritrovarvi nel bel mezzo di una processione di hobgoblin con fiaccole o di un rito occulto con protagonisti degli spiriti abbastanza fastidiosi. La notte in Dragon’s Dogma è notevolmente souls.

Il sistema di pedine

Qualche paragrafo più su abbiamo parlato di companion. In Dragon’s Dogma questi si chiamano pedine e hanno una funzione molto più approfondita del semplice seguimi e combatti. Il nostro pg può essere accompagnato da un massimo di tre pedine, di cui una creata da noi stessi.

Quest’ultima aumenterà di livello progressivamente, mentre le altre, per favorire un ricambio, saranno legate al livello in cui si trovano nel momento in cui le ingaggiamo. Le pedine si dividono in classi, ci sono dunque maghi, guerrieri, arcieri e poi pedine di classi superiori, come cacciatori, distruttori e stregoni.

Il sistema di ingaggio è molto particolare: nel mondo di gioco si possono trovare parecchie pedine appartenenti ad altri giocatori reali, queste possono essere assunte sia gratuitamente sia previo pagamento di uno “stipendio” una tantum in punti classe. Le pedine possono essere trovate con più facilità nella Faglia, un luogo mistico raggiungibile toccando una particolare pietra posta spesso all’interno di grandi città.

Qui Capcom ha dotato il gioco di un motore di ricerca interno che permette al giocatore di cercare la pedina in base a dei parametri, quali classe, costo e livello. Ok, tutto bello, ma le pedine oltre ad eseguire semplici ordini e combattere, cosa fanno? Imparano. Avete capito bene.

Le pedine combattendo ed esplorando apprendono cose nuove su nemici e luoghi. Se incontriamo spesso arpie delle nevi, le pedine capiranno come abbatterle più facilmente, mentre se ci perdiamo potrebbero darci indicazioni su dove andare perché hanno immagazzinato quell’informazione.

Una lore da approfondire nel post game

La trama di Dragon’s Dogma ha alti e bassi, non è un capolavoro di scrittura, ciononostante è assolutamente in linea con le produzioni fantasy in cui a farla da padrona sono i draghi. In realtà, la storia non è nulla di eccezionale, ma la lore sì. Una volta terminato il gioco, con tanto di titoli di coda che scorrono, è possibile continuare a giocare, ma non tanto per portare a compimento quest lasciate in sospeso, piuttosto per immergersi ancora di più nella lore e capire maggiormente il ruolo di alcuni personaggi.

Infatti, in Dragon’s Dogma esistono un “game” e un “post game”. Finita la main quest, ci si ritrova in un luogo che consente al giocatore di portare avanti ulteriori missioni che approfondiscono ciò che è successo precedentemente. Non sono molte, però i nemici qui risultano notevolmente più arcigni, pertanto il post game è nettamente più difficile del gioco normale.

Per avere un’idea chiara di tutta la vicenda, di cosa sia un Arisen, dell’origine dei draghi, del perché si comportino in quel modo, è consigliabile continuare l’avventura anche dopo i crediti finali. Questo sarà importante, soprattutto se Dragon’s Dogma 2 vorrà riprendere quella lore. Ma non è escluso che voglia crearne una del tutto inedita.

Gustatevi ogni momento prendendovi le giuste pause

Questo è più un consiglio. Dragon’s Dogma, come tantissimi altri prodotti dell’epoca, deve confrontarsi col trascorrere del tempo, tuttavia rimane un gioco godibile e in grado di regalare enormi soddisfazioni. Gustatevi ogni singolo momento, fermatevi a osservare le maestose fortificazioni, non correte in direzione dell’obiettivo senza aver prima ammirato i paesaggi ispirati a luoghi reali presenti in Inghilterra.

Quando vi trovate in una città, parlate con gli abitanti, visitate i commercianti, riposatevi in una locanda, soprattutto durante la notte, in modo da rimettervi in cammino alle prime luci dell’alba. Non è un vezzo, il gioco vuole portarvi a fare proprio questo, altrimenti la notte sarebbe stata uguale alla mattina.

Dragon’s Dogma vuole ricreare l’atmosfera di una sessione di gioco di ruolo, se non assecondate queste dinamiche vi perderete una grossa fetta del lavoro svolto dallo sviluppatore, poiché il divertimento in Dragon’s Dogma non risiede solo nell’affrontare l’ennesimo combattimento, ma nell’attesa che succeda qualcosa di epico e imprevisto.