Final Fantasy VII Rebirth | Recensione (PC) | Vecchio e nuovo

Il secondo capitolo della trilogia remake di Final Fantasy VII sbarca finalmente su PC e Steam Deck.

Circa un anno fa volavo a Londra per provare in anteprima il secondo capitolo di uno dei progetti più chiacchierati degli ultimi anni: il remake in tre parti di Final Fantasy VII. Uscito il 29 febbraio 2024 in esclusiva temporale per PS5 (qui la recensione del nostro caporedattore Graziano Salini), finalmente Final Fantasy Rebirth approda su PC e Steam Deck, accolto da un pubblico in trepidante attesa di potervi mettere mano, tra nostalgici cresciuti negli anni Novanta e nuove leve che si sono avvicinate al titolo per la prima volta in occasione dell’uscita di FF VII Remake nel 2020.

Come detto, disponiamo già della recensione del gioco sul nostro sito (cui vi rimando se proprio non ne sapete nulla), quindi non la farò troppo lunga: pregi e difetti del titolo sono già stati ampiamente evidenziati. Io vorrei limitarmi a qualche osservazione da parte di un giocatore che è cresciuto con il titolo originale e che, nonostante qualche riserva, ha apprezzato la rivisitazione operata da Nomura e soci.

I limiti e rischi di questa operazione di remake in tre parti, un unicum nella storia videoludica, erano tantissimi e inevitabilmente non tutte le scelte operate dagli sviluppatori mi sono sembrate appropriate. Al netto di tutto però, se amate i JRPG, dovete assolutamente giocare Final Fantasy VII Rebirth.

E pure l’originale, che è sempre un capolavoro!

Narrativa: promossa con riserva

ff vii rebirth soldier

Dopo il famigerato diciottesimo capitolo di Remake, a molti tremavano i polsi al pensiero della deriva che avrebbe potuto prendere la narrativa di Rebirth. Timori che sono risultati in parte fondati, eppure vi invito a riflettere: riproporre 1:1 la storia dell’originale in questa trilogia avrebbe avuto senso?

Ovviamente no, poiché erano molte le ellissi, le piccole incongruenze, le eccessive semplificazioni che FF VII portava con sé. Comprensibilmente, essendo pienamente figlio della sua epoca: un gioco di metà anni Novanta sviluppato in circostanze creative particolarissime e con una buona dose di anarchia, in cui le idee erano gettate le calderone senza troppa preoccupazione di voler far quadrare tutti i conti alla perfezione, né di mantenere un tono estremamente coerente dei registri narrativi: ed ecco che in un attimo si passava dal drammatico al comico, fino al pecoreccio.

Rebirth compie un’operazione titanica nel limare questi eccessi, conferendo allo svolgersi dell’intreccio una coerenza maggiore, una linearità e una catena causale degli eventi molto più naturale, tanto che quando ripropone tali e quali alcuni eventi di trama del titolo originale, sono questi ultimi ad apparire stonati o del tutto implausibili – vedere ad esempio l’ingresso di Cait Sith nel party, senza che venga sottoposto a un fuoco di domande da parte dei nostri eroi circa le sue motivazioni.

Al tempo stesso, lo scrittore Kazushige Nojima (con il sicuro zampino di Tetsuya Nomura che governa i lavori dall’altro del ruolo di Creative Director) ha rielaborato alcuni snodi della narrativa originale, introducendo elementi meta-testuali, realtà parallele e nuovi personaggi, assolvendo pure al compito di includere eventi canonizzati dai giochi della Compilation of Final Fantasy VII, ovvero giochi che hanno espanso l’originale raccontando antefatti, side-stories e sviluppi successivi alla conclusione del gioco del 1997.

Per questo motivo, criticare la narrativa della nuova trilogia perché snatura la storia originale trovo abbia poco senso: Square Enix espresse l’intenzione molto chiara di muoversi anche al di fuori dei confini narrativi di FF VII. Chiediamoci semmai se tale nuova soluzione rispetti i requisiti di coerenza interna che sono da esigere da ogni buona narrativa. Da questo punto di vista, la narrazione a capitoli non permette ancora di dare una valutazione complessiva: bisogna sospendere il giudizio fino a che l’opera non avrà raggiunto la sua conclusione col terzo capitolo.

ff vii rebirth canyon cosmo

Al di là dell’insofferenza personale circa l’inflazione dei multiversi che hanno contagiato pressoché qualsiasi opera dell’industria culturale nell’ultimo decennio, è vero che il pacing narrativo di Rebirth mostra saltuariamente il fianco a causa di tempi fin troppo dilatati dello sviluppo dell’intreccio, anche qualora si punti dritto agli eventi principali tralasciando gli incarichi secondari. È un problema di difficile soluzione, e che in definitiva mi sento di sopportare volentieri, perché in cambio abbiamo ottenuto alcune tra le più belle caratterizzazioni di personaggi che abbia mai giocato.

Il punto di partenza era quanto di meglio un autore possa chiedere: Cloud Strife, Aerith Gainsborough, Sephiroth… Il cast di Final Fantasy VII è tra i più iconici della storia dei videogiochi, e svilupparli ulteriormente ha permesso agli autori di sviscerarli in tutta la loro complessità psicologica, pur rimanendo nei binari consolidati degli stereotipi da shonen manga. Le tante scene di intermezzo, e digressioni di trama, le pause quasi forzate all’incedere degli eventi per far spazio agli scambi tra i protagonisti sono gli espedienti tramite cui infondere vita in questi amatissimi personaggi, che da pugno di pixel squadrati e battute a effetto di un tempo sono evoluti in splendidi esseri viventi a tutto tondo, con caratteri ben definiti che interagiscono in modo credibile e naturalissimo, regalando pathos ai momenti più solenni e assicurando spasso in quelli più ilari.

ff vii rebirth Vincent

Un risultato straordinario, che è dovuto anche all’ottimo cast dei doppiatori giapponesi (non me ne vogliano gli anglofoni ma per me è impensabile giocare Rebirth senza la traccia audio nipponica! Ve lo consiglio anche perché i sottotitoli italiani riprendono il testo originale e non la localizzazione inglese), perfettamente in parte, nonché al character design di Roberto Ferrari, che rielabora gli originali di Nomura dando vita alle migliori versioni moderne che si potessero sperare. Ma sono anche i comparti di animazione e regia a svolgere un ruolo chiave, assicurando una messinscena che trasuda cura e passione come raramente si è raggiunta nella videoludica.

Qualche riserva comunque rimane, inutile negarlo: alcune ridicolaggini fanno storcere il naso (tra cui l’inflazione di Sephiroth che appare a Cloud a ogni più sospinto con la sua faccia da schiaffi e suoi modi seducenti da villain), così come alcune rielaborazioni non necessarie di momenti che funzionavano benissimo nel gioco originale e che ora trovo peggiorati – vedasi ad esempio gli eventi che coinvolgono Barret e Dyne, tristemente depotenziati.

Combat System: promosso con lode e bacio accademico

ff vii rebirth sinergie

Dove Final Fantasy VII Rebirth eccelle senza riserve è nel sistema di combattimento, ulteriormente arricchito rispetto a quanto visto in Remake. I fondamentali son sempre quelli, ma l’aggiunta delle sinergie e l’ingresso in party di Red XIII e Cait Sith (oltre a Yuffie, già apparsa in Intergrade) conferiscono ulteriore profondità a un sistema che era difficile da migliorare.

Ormai sempre più a suo agio nei sistemi ibridi action-RPG, Square Enix ha raggiunto qui il suo picco grazie al sapiente sistema imbastito dal Battle Director Teruki Endo, già Lead Game Designer di Monster Hunter World. Tralasciando la spettacolarità di quanto appare a schermo – un tripudio di effetti visivi e animazioni sensazionali di magie, abilità e colpi speciali – è la struttura del sistema a essere il fiore all’occhiello dell’intero gioco. Facendo delle meccaniche di tensione e stremo dei nemici l’anello portante della catena di ogni loop di combattimento, esso si diversifica notevolmente nell’approccio a seconda di quale personaggio controllate e di quale team schiererete.

Ogni eroe ha il suo stile: se Cloud è uno spadaccino che alterna assetto leggero e pesante, Barret è l’ideale per colpire dalla distanza e Aerith è l’immancabile healer/supporter del gruppo, gli altri membri non sono da meno in quanto a utilità sul campo di battaglia. Tifa rimane la damage dealer principale a cui affidarsi per sfruttare al massimo le fasi di stremo grazie alle sue abilità che aumentano il moltiplicatore di danno; Yuffie, dal canto suo, è l’agilità fatta persona, a suo agio sia con gli attacchi ranged che con quelli melee, e le sue doti elementali innate la rendono un’ottima alternativa all’utilizzo diretto della magia.

Le new entry sono particolarmente ghiotte: Red XIII è pensato come buffer/debuffer, e il suo gioco è improntato sulla parata e risposta agli attacchi avversari, sebbene sia in grado di scatenarsi al momento opportuno con poderose esplosioni di colpi sanguisuga. Cait Sith, fedele allo spirito dadaista dell’originale, è il jack-of-all-trades, un personaggio pazzo e concettualmente straorinario, essendo una combinazione di fatto di due entità che sta aa noi decidere quando unire per dar sfogo a tutta la sua potenza oppure separare, magari per distogliere l’attenzioen da un altro personaggio in difficioltà. Oltre a ciò i suoi attacchi infliggono spesso status e danni casuali, rendendo ogni scontro paicevolmente imprevedibile. Ovvio, forse eviterete di usarlo in situazioni particoalrmente critiche, almeno prima di averlo imparato o equipaggiato a dovere.

Perché l’equipaggiamento gioca un ruolo fondamentale nell’economia del combattimento, ed è inevitabile che sia così dato che il materia system di FF VII è ancora oggi uno dei miei sistemi preferiti in assoluto – penso lo sia per molti. Gli sviluppatori si sono divertiti a inventare un gran numero di nuove materie, specialmente quelle di supporto, che automatizzano alcuni processi – assolvendo di fatto al ruolo dei gambit di FF XII – o consentono di dar vita a delle sorta di mini-build costruite sul riempimento della barra ATB, su particolari attributi, sull’assorbimento di PM/PV nemici o addirittura sull’inversione parametrica, tanto per fare degli esempi.

ff vii rebirth sinergie 2

Dicevo poi delle sinergie, novità di Rebirth rispetto a Remake: si tratta di attacchi e/o abilità di coppia, che si sbloccano ottenendo punti esperienza relativi o acquistando/trovando manuali di combattimento – la loro progressione è governata da un ramo di espansione che in sede di anteprima mi aveva ricordato Sferografia di FF X, anche se in realtà è molto più limitata – e che consentono di scagliare assalti particolarmente devastanti, alzare difese impenetrabili o attivare bonus temporali estremamente utili quali consumo ATB zero, aumento del grado delle abilità Limite e altro ancora. La particolarità risiede nel fatto che le sinergie sono uniche a seconda della coppia di eroi che le effettua, tanto per effetti quanto per animazioni, e di conseguenza diventano uan variabile importante da prendere in consideraizone al momento della formazione del nostro team (a meno che non sia limitato per ragioni di trama).

Assimilare tutti i concetti chiave del sistema può essere difficile a inizio gioco, ma Square Enix ha lavorato bene sul fronte dell’accessibilità imbastendo dei tutorial molto esausitivi richiamabili in qualsiasi momento dal menù principale, oltre a proporre delle sfide di combattimento attraverso il simulatore di Chadley pensate apposta per sfruttare tutte le peculiarità dei nostri eroi. Le tre difficioltà selezionabili concorrono ulteriormente ad offrire un’esperienza di gioco adatta sia ai neofiti quanto agli hardcore gamer in cerca di una sfida spietata.

Il risultato è un’esperienza di combattimento dotata di grande profondità tattica e al tempo stesso estremamente responsiva e action-oriented (sebbene sia possibile attivare anche una modalità classica, qualora non vogliate gestire la aprte di combattimento in tempo reale), in un risucitissimo equilibrisimo tra classico e moderno che costituisce quanto di più divertente si possa provare nel genere RPG.

Esecuzione: tanto, non troppo

ff vii rebirth fort condor

Non ho mai visto tanti minigiochi come in Final Fantasy VII Rebirth. È impressionante il numero che sono riusciti ad implementare anche questa scelta figlia del gioco originale che propinava una quantità di minigame mai visti per l’epoca, alcuni più riusciti di altri.

Anche qui, ce ne sono da incorniciare e da dimenticare, o quantomeno da non ricordare. Regina Rossa, il gioco di carte che costituisc ela principale attività ludica secondaria di Rebirth, tiene testa agli altri rappresentanti della serie, dal Triple Triad di FFVIII a Tetra Master di FF IX. È divertente, longevo, comprende tantissime sfide e di difficioltà crescente e permette strategie elaborate con decine e decine di carte diverse. Le sue regole di abse sono semplici – si dispongono le carte su tre linee e si confrontano i punteggi accumulati si ciascuna per determinare il punteggio complessivo di una mano – ma l’applicazioen pratica comporterà parecchi calcoli e una certa capacità predittiva, oltre a dipendere in buona parte dalle sinergie concatenate tra le carte stesse, ilche rende fondamental la composizione couata del mazzo.

L’allevamento dei Chocobo, una delle attività più frustranti e tediose (sebbene iconiche) del gioco originale, è stato completamente rivistato e snellito, anche in virtù della nuova concezione della world map, che non è più un mondo totalmente aperto bensì un insieme di macro-regioni intervallate da sezioni più lineare a intervallare le esplorazioni più libere. Quando siamo lberi discorrazzare, probabilmente vorremo farlo in sella a nostri amici piumati, ma dovremo prima riuscire a catturarli: a ciò è legato un minigioco puzzle basato su meccaniche pseudo-stealth, molto semplici ma non meno divertenti. A seconda dela regione in cui ci troviamo potremo calvacare Chocobo con abilità particolari, da quelli che scalano le montagne e quelli che si librano sull’acqua, fino a quelli in grado di planare e sfruttare correnti acensionali. Questi espedienti contribuiscono a rendere l’esploraizone delle mappa una sorta di minigioco di per sé, alla ricerca del modo giusto per raggiungere questo o quel punto di interesse.

Ovviamente “minigiochi” fa rima con “Gold Saucer“, e qui non si può che applaudire di fronte alla quantità e qualità delle soluzioni di intrattneimento proposte dagli sviluppatori, che vi lasico il piacere di scoprire da soli. Chiaramente sono rimaste le corse dei Chocobo e l’arena di combattimento, mentre è sparito l’incomprensibile e famigerato minigioco dei moguri, che tuttavia sono presenti in Rebirth come mercanti di oggetti di grande valore riscattabili tramite le medaglie moguri raccolte qua è là per il mondo. Per poter accedere ai loro negozo dovremo prima avere ragione di un nuovo minigioco creato ad hoc, nel quale dovremo radunare i pestiferi baby-moguri riportandoli a casa, evitando di finire vittime dei loro scherzi.

Minigiochi a parte, le aree aperte sono costellate di una pletora di attività che sarà possibile intraprendere in aggiunta alla trama principale e alle quest secondarie. Tutte le attività extra andranno a rimpolpare i dossier di Chadley, che fungerà da compendio per la gioia di tutti i completisti. Tra battaglie contro mostri temibili, sorgenti di mako da cui estrarre informazioni sulla storia dei luoghi, torri di avvistamento epr evidenziare i luoghi ntoevoli, cacce al tesoro a suon di Chocobeccate e sincornizzazioni con gli Esper, non vi annoierete mai durante i vostri vagabondaggi. Che oltretutto offrono scorci spettacolari.

ff vii rebirth tiny bronco

Di particolare interesse è poi la raccolta dei vestigi, misteriosi pezzi di un ancor più misterioso manufatto antico sparpagliati in tutto il mondo, la cui ricerca permette di vivere un’intera quest secondaria a sé e vi coinvolgerà in sfide di tipo diverso in ogni regione. Ah, dimenticavo: c’è persino una mappa del tesoro di un antico pirata cui potremo lanciarci alla ricerca una volta ottenuto il nostro… veicolo acquatico.

Queste soluzioni hanno consentito agli sviluppatori di proporre al giocatore un mondo non particolarmente vasto, ma densissimo di attività, che non fa assolutamente rimpiangere la mancanza di un mondo aperto propriamente detto. Si è raggiunto probabilmente l’equilibrio migliore possibile tra aree aperte e chiuse, garantendo varietà e limitando al tempo stesso l’eccessiva dispersione.

L’esplorazione e la navigabilità delle mappe è minata da difetti minori, in primis dei controlli di movimento non proprio perfetti, specie in groppa al Chocobo che finirà occasionalmente per impiantarsi davanti a piccoli ostacoli o bloccarsi davanti a dislivelli minuscoli. Questo vale anche per la Buggy, decisamente scomoda da guidare, mentre va molto meglio per il Tiny Bronco. Anche procedendo a piedi non sarà sempre tutto rosa e fiori: a volte non è chiaro su quali rocce potremo arrampicarci e su quali no, da quali pendii calarci e quali sono preclusi, e così via. L’immancabile presenza di appigli con vernice gialla fa quasi tenerezza, e le interazioni in cui bisogna tenere premuto un tasto per svariati secondi solo per far muovere una leva o premere un interruttore sono un vecchiume di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.

Cait Sith lancia casse

Nelle location lineari, gli sviluppatori hanno cercato di mantenere il senso di esplorazione dotando gli eroi di metodi di interazione unici: ad esempio Yuffie può ricorrere al rampino, Barret può rompere oggetti lontani, Cait Sith rotola in spazi angusti e così via. Raramente questi espedienti risultano originali, comunque tengono impegnata la mente del giocatore evitando di fargli percorrere solamente dei bellissimi ambienti-corridoio inerti, inoltre occasionalmente la curiosità sarà premiata da brevi percorsi alternativi che conducono a segreti o scorciatoie.

Su PC come gira?

Bene direi!

Su un portatile con RTX 3070 e processore Ryzen 9 5900HX, l’esperienza di gioco a 1080p/60 è stata fluida, senza intoppi o bug di sorta, indice di un’attenta ottimizzazione. Square Enix ha predisposto tre configurazioni grafiche di default – bassa, media e alta – ciascuna personalizzabile in ogni suo aspetto, dalla qualità delle texture all’applicazione di algoritmi di supersampling (DLSS, TAA, TAAU), fino alla quantità di poligoni in background e di NPC renderizzati a video. Ciò non toglie che qualche texture a bassa risoluzione faccia occasionamente capolino, ed è ogni volta un pugno negli occhi.

Il gioco supporta framerate fisso o variabile fino a 120fps, ed è in corso l’ottimizzazione per il supporto a Steam Deck. Il DualSense di PlayStation è ovviamente supportato, così come il pad di Xbox, ma volendo si può anche giocare con mouse e tastiera, con configurazione dei comandi modificabili e programmabili per ogni minigioco.

ff vii rebirth nanaki

La versione PS5 del gioco soffriva di difetti nella gestione dell’illuminazione delle superifici e dei personaggi che sono stati lamentati da più parti (compreso il nostro Graziano). Questi sono stati risolti praticamente in toto, eccetto che per situazioni specifiche ovvero il passaggio da zone illuminate a zone buie, dove si verificano ancora strani effetti pitch black o pitch white in cui capita di trovarsi per qualche secondo senza vedere nulla – questo accade soprattutto nelle aree aperte, ogniqualvolta passiamo da una zona assolata ad una ombrosa; personalmente ho rimediato almeno in parte con l’aumento della luminosità generale dalle impostazioni di gioco. In ogni caso è occasionalmente fastidioso.

Conclusioni

Final Fantasy VII Rebirth espande il capolavoro del 1997 in modi che all’epoca si potevano solo sognare. L’immaginazione del giocatore un tempo sopperiva ai limiti tecnici (anche se l’originale FFVII era un prodigio ai suoi tempi), ma ora questo sforzo non è più necessario perché la meraviglia si compie davanti ai nostri occhi. Per tutti coloro che lo hanno giocato all’epoca, l’arrivo del secondo capitolo della trilogia remake ha un significato particolare, e la passione evidente del team di sviluppo trasuda da ogni minuto di gameplay. Sentimentalismi a parte, Square Enix ha confezionato un vastissimo JRPG con un numero spropositato di attività secondarie, minigiochi e segreti che costituisce la miglior rivisitazione possibile di un classico in tempi moderni. Se il prezzo da pagare per tutto questo sono modifiche e aggiunte narrative superflue per la tenuta complessiva, e anzi alle volte tragicomiche nella loro capricciosa volontà di complicare o alterare i nostri cari ricordi, questi difetti non sono tali da adombrare la qualità complessiva della scrittura, che brilla soprattutto nella caratterizzazione dei nostri eroi. Un combat system da incorniciare e una colonna sonora indimenticabile completano un’esperienza da promuovere con poche riserve e tante aspettative per il terzo, conclusivo capitolo della trilogia.

PRO

  • Final Fantasy VII come lo sognavamo all'epoca
  • Caratterizzazione dei protagonisti magistrale
  • Uno dei combat system più divertenti del genere
  • Il miglior compromesso possibile tra mondo corridoio e open world
  • La fiera dei minigiochi!
  • Su PC gira che è un piacere

CONTRO

  • Assurdità narrative degne di uno shonen manga
  • Ancora qualche problema nella gestione dell'illuminazione
  • I controlli di movimento lasciano a desiderare

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9

Storia - 8 / 10

Grafica - 8 / 10

Longevità - 9 / 10

Gameplay - 9 / 10

Sonoro - 9 / 10