Recensione: The Town Of Light

he Town Of Light - Evidenza

Ci sono giochi che ti colpiscono per il gameplay, altri che vengono ricordati da tutti per la grafica, o per un protagonista particolarmente carismatico. Altri invece ti rimangono impressi nella memoria per la storia che raccontano. The Town Of Light, progetto indie tutto italiano che finalmente vediamo su console dopo l’uscita su Steam lo scorso anno, rientra proprio in questa categoria. Abbiamo provato per voi la versione per Playstation 4.

The Town Of Light muove i primissimi passi che lo hanno portato a diventare un videogioco nel 2011

Sviluppato dallo studio fiorentino LKA Studios, nasce quando i ragazzi dello studio visitano per la prima volta l’ex manicomio che funge da setting del gioco. Questa breve ma intensa avventura grafica dalle tinte horror narra la storia di Renèe T, una immaginaria paziente dell’ospedale psichiatrico di Volterra, in Toscana. L’istituzione è realmente esistita e all’inizio del 900 è stata la casa di moltissimi malati pischiatrici provenienti da tutto il centro Italia. Oggi giace in uno stato di abbandono quasi totale, ed è proprio dalle rovine dello stabile principale che comincia la nostra avventura.

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Gli interni del manicomio

Se cercate un’esperienza alla Outlast, non è questo il titolo che fa per voi, ma se vi interessa un’esperienza più lenta, esplorativa e fortemente basata sulla narrazione, più simile ad un Layers Of Fear piuttosto che ad un Amnesia, questo potrebbe essere il titolo che fa per voi. Preparatevi però ad un’esperienza che potrebbe lasciarvi, una volta terminata la stoira, con l’irrefrenabile voglia di prendere a schiaffi qualcuno. The Town Of Light è un’esperienza dura da attraversare, ci mette nei panni di una paziente psichiatrica in un periodo, quello dell’Italia fascista, dove le cure psichiatriche erano barbare e spesso non portavano a nulla se non ad una maggiore sofferenza del paziente, e nostro malgrado ci ritroveremo a ripercorrerle tutte, a volte in prima persona.

Arrivare alla fine di The Town Of Light, per quanto il gameplay sia semplice tanto da essere ridotto all’osso, è difficile, ma non perchè è difficile il gioco, ma perchè la tentazione di dire: no non ce la faccio, non lo sopporto e mollare il controller è forte. Il messaggio che trapela, la storia che racconta, è straziante. E più ci si avvicina alla fine, più è difficile andare avanti. Più ripercorriamo il racconto sconclusionato e pieno di illusioni e allucinazioni di Renèe e più diventa doloroso fare quell’ulteriore passo in avanti che vi porterà al dolorosissimo finale.

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L’esterno del padiglione Charcot

La narrazione asimmetrica, portata avanti su più piani tramite i ricordi di Renèe e il suo diario, i flashback narrati in prima persona e poi attraverso le cartelle cliniche – scritte a mano, in corsivo tra l’altro – che descrivono il decorso della sua malattia crea un’angosciante situazione in cui non si riesce a capire cosa è vero e cosa è un ricordo falsato dalla malattia di Renèe.

L’ambiente in cui ci troviamo a camminare ed esplorare inoltre è buio, pieno di graffiti e bottiglie di vetro abbandonate, è un cantiere abbandonato, quasi a segnalare che qualcuno aveva progettato di riqualificarlo ma, come succede spesso in Italia, i lavori si sono interrotti, e le ombre sono più lunghe, il rumore dei nostri passi amplificati, e l’inquietudine ci segue sempre, ogni volta che apriamo una porta o che entriamo in una stanza.

L’atmosfera è pesante, come una tonnellata di mattoni sulle nostre spalle, e ogni dettaglio che scopriamo della vita di Renèe, dentro e fuori dal nosocomio psichiatrico, fa aumentare quel peso perchè veniamo resi partecipi dell’infelice vita di una persona che praticamente fin da quando ricorda è prigioniera della sua malattia, e stiamo ripercorrendo i suoi passi, leggendo dei suoi progressi e delle sue ricadute, oltre ai suoi pensieri e i suoi ricordi.

Da questo punto di vista, quello puramente narrativo e di atmosfera, The Town Of Light è un piccolo capolavoro.

Per quanto breve – lo si può portare a termine in una sessione di tre o quattro ore, andando con molta calma – è un tour de force che potrebbe, se siete abbastanza empatici, anche portarvi a versare qualche lacrima. O come detto sopra, ad arrabbiarvi parecchio.

D’altro canto però, non è tutto rose e fiori

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I vecchi macchinari medici

Purtroppo The Town Of Light soffre moltissimo sul comparto tecnico, soprattutto quello grafico. L’audio è fatto molto bene, con poche musiche riservate a momenti molto importanti a livello narrativo e poco altro, ma soprattutto con un’ottima gestione dei suoni ambientali, il problema sta tutto nella grafica.

Le texture sono molto belle, dettagliatissime e ricche di particolari, dalle macchie di ruggine alle crepe sul muro, passando per la maniacale attenzione per quanto riguarda la riproduzione di poster pubblicitari, targhe appese ai muri e qualsiasi cosa scritta a mano, ognuna con la sua grafia differente.

Questa dovizia di particolari, questa ricchezza che rende ancora più semplice il compito della trama di portarci angoscia e ansia, appesantisce però moltissimo un motore, Unity, che troppe volte si rivela incapace di gestire al meglio questo florilegio di dettagli, tanto che i pop up grafici, i cali di framerate e a volte i freeze di qualche secondo diventano quasi parte integrante dell’esperienza, e questi problemi rovinano moltissimo l’immersività, elemento fondamentale per le avventure grafiche in prima persona.

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Questo è il tipo di attenzione ai particolari di cui parlavamo

Certo, arriveranno delle patch e dei fix – o almeno così speriamo – che potranno sistemare questo problema, ma sta di fatto che all’uscita effettiva The Town Of Light soffrirà di più di un problema.

Un altro grosso problema riguarda le figure umane

Vero, le vediamo solo nei flashback di Renèe che noi riviviamo in prima persona, quindi filtrate dalla sua percezione falsata della realtà, potrebbe essere una scelta puramente stilistica, ma lascia un po’ l’amaro in bocca vedere figure umane così abbozzate, inespressive e delle animazioni così povere, soprattutto se paragonate alla bellezza e la ricchezza degli ambienti. Molto probabilmente si tratta di una specifica scelta artistica dettata proprio dal tentativo di far percepire a noi giocatori il disagio della protagonista dovuto alla sua incapacità di vedere la realtà senza il filtro della sua malattia, però lo stesso effetto di distorsione grottesca lo si sarebbe potuto ottenere in altre maniere, soprattutto perchè viene distorta anche la figura che rappresenta l’unica cosa positiva per la protagonista, la sua ancora di salvezza, la sua migliore amica, cosa che, dal punto di vista narrativo, non ha molto senso. Allo stesso modo, bisogna dire che l’effetto di straniamento funziona perfettamente, le sequenze flashback sono incubi ad occhi aperti, non solo per le cose terribili che mostrano, ma anche per come te le mostrano.

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Una delle sequenze che riviviamo nei panni di Renèe

D’altra parte però il comparto tecnico di The Town Of Light brilla sul fattore illustrazioni. Mancando le cutscene cinematografiche, buona parte della narrativa viene portata avanti anche da brevi filmati composti da splendide illustrazioni parzialmente animate che si sposano perfettamente con l’ambientazione e l’atmosfera generale del gioco.

Per quanto riguarda la lingua, va segnalato che il gioco è nativo in italiano, con una protagonista toscana per cui è stato doppiamente bello sentire l’accento della zona, per quanto mitigato da una dizione molto curata, e scappa un sorriso quando si sente dire “spengere” invece che “spegnere”, ad un certo punto. Solo una volta, ma è più che abbastanza per identificare un regionalismo così noto e così facilmente riconoscibile. Ma per pura curiosità, la seconda playthrough è stata giocata con la lingua impostata sull’inglese, e dobbiamo dire che la localizzazione nella lingua di albione è fatta veramente molto bene, curata nella sceneggiatura e ben recitata da parte dei doppiatori. Su questo aspetto è stato fatto un ottimo lavoro, che permetterà sicuramente anche ai non italiani di godersi The Town Of Light.

Per chiudere, The Town Of Light è un progetto chiaramente ambizioso e ben riuscito

I suoi punti di forza sono la componente narrativa e di atmosfera, ma purtroppo il gioco inciampa malamente sull’ottimizzazione. Nulla che non si possa riparare in seguito con una patch, o per lo meno arginare, ma resta il fatto che per un gioco così “leggero”, tecnicamente parlando, non si dovrebbero avere pop up così frequenti, nè uno stuttering così marcato, soprattutto durante i caricamenti nascosti. Caricamenti che, a proposito, sono stranamente lunghi, per un gioco di questo tipo, anche per una versione console. Solo il caricamento iniziale passa abbondantemente il minuto di durata, altro segno che l’ottimizzazione scricchiola in più punti.

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Una delle sequenze disegnate

Certo compensa perfettamente con una storia concepita ed eseguita magnificamente, che ti strappa il cuore e te lo restituisce malmenato e contuso, che ti fa vivere sulla pelle le sofferenze che, purtroppo, non sono state solo quelle di un personaggio inventato ad hoc per un videogioco, ma sono le pene e le sofferenze che per decenni sono state alla base della vita dei malati psichiatrici rinchiusi in manicomio. Elettroshock, trattamenti farmacologici di dubbia efficacia, contenzione a letto per giorni, isolamento in camere buie, le vedremo tutte, e ognuna di esse è un pugno allo stomaco.

The Town Of Light non ha paura di far vedere quanto di più osceno c’era negli istituti psichiatrici dei tempi, dal trattamento clinico a quello umano dei pazienti passando per le violenze che essi subivano da parte del personale, e ben presto nel corso della trama vi ritroverete a voler fare ben di più che interagire con gli oggetti e accendere e spegnere la torcia. La rabbia che questo gioco è capace di generare va oltre ad un comparto tecnico che inciampa, e sono proprio questi sentimenti che elevano quest’opera a più di un semplice gioco, ma ad un viaggio vero e proprio, nella storia e nella memoria, purtroppo dimenticata, di chi soffre e lotta con i disordini psichiatrici tutti i giorni.

The Town Of Light è un gioco che sulla carta, sul piano narrativo funziona benissimo, con un’atmosfera angosciante che amplifica i tanti sentimenti contrastanti che ne creano le fondamenta. Soffre purtroppo di un comparto tecnico che zoppica, soprattutto quello grafico, ma la forza della storia che racconta ti fa dimenticare in fretta i problemi tecnici. È consigliabile tenere un pacchetto di fazzoletti vicino, mentre si gioca.

Pro
+ Storia splendida per quanto cruda
+ Atmosfera perfetta
+ Attenzione per i piccoli dettagli dei luoghi
+ Ottima localizzazione
+ Buon sonoro
+ Rigiocabilità

Contro
– Ottimizzazione da rivedere
– A volte la trama sembra spingere “troppo” e dato il tema trattato, diventa pesantissima
– Figure umane troppo abbozzate
– Animazioni legnose

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Ringraziamo calorosamente Wired Productions per averci fornito la key di prova di The Town Of Light