Il delicato equilibrio tra natura ferita e brace accesa: Wilderfeast è un GDR che ci ha divorati

Manuale e accessori del GDR Wilderfeast
Il delicato equilibrio tra natura ferita e brace accesa: Wilderfeast è un GDR che ci ha divorati (Player.it)

Tra i giochi di ruolo che più ci hanno divertito quest’anno, Wilderfeast di KC Shi, Horrible Guild e Grumpy Bear di sicuro è sul nostro podio. Già dalla nostra anteprima allo scorso Play 2025 di Bologna ci aveva dato davvero delle ottime impressioni per le sue meccaniche, la cura dell’ambientazione e, soprattutto, il centro nevralgico del suo concept: il cibo.

In Wilderfeast, infatti, si va a caccia di mostri giganti e infetti che, una volta sconfitti, vanno cucinati per non diffonderne il morbo e per assimilarne i poteri; la particolarità è che l’atto del mangiare non è flavor né è unicamente un’esperienza narrativa: mangiare è gioco in quanto prevede scelte, tiri ed effetti. Insomma, non è un caso se Wilderfeast sia tra i candidati al miglior GDR dell’anno al Lucca Comics & Games 2025.

La divisione in fasi e le tante meccaniche di Wilderfeast ci hanno estasiato fin da subito, ma ci avevano lasciato l’incognita di come sarebbe stata una campagna più lunga, tempistica che più si addice alle caratteristiche di questo GDR. Ebbene, dopo tante peripezie e avventure, siamo finalmente pronti a dare il nostro verdetto finale.

“Sei quel che mangi” concettualmente e letteralmente

Wilderfeast non si limita a raccontare un mondo in cui il cibo dona poteri: il gioco incarna questo principio nelle sue meccaniche e nelle sue dinamiche, ma anche il manuale, pagina dopo pagina, è la prima portata di un banchetto colmo di pietanze.

A partire dall’impaginazione – ordinata, ricca di dettagli, con illustrazioni mostruose in tutti i sensi, e font ciccioni e colorati per le parole chiave che invitano a masticare ogni riga – tutto parla di un’opera pensata per essere ben assaporata, da non consumare in fretta. Se è vero che si è quel che si mangia, il manuale di Wilderfeast è un riflesso della sua ambientazione: denso, strutturato e profondo.

Il motto “Sei quel che mangi” trova così una doppia valenza: nel tema di gioco, che lega la crescita del personaggio a nutrirsi delle bestie corrotte che affronta, e nella stessa struttura del manuale, che richiede pazienza, attenzione e meticolosità nel tuffarsi in fasi e regole stratificate, in schemi e tabelle.

Schema di un'Area dell'ambientazione del GDR Wilderfeast, con i suoi tratti, le sue comunità e i suoi ingredienti.

Wilderfeast, in altre parole, già dalla sua struttura editoriale dichiara con onestà di essere un GDR che si costruisce con tempo e dedizione; magari non sempre ci può essere spazio e appetito per un banchetto così fastoso, ma chi si siederà al suo tavolo saprà che ne uscirà sazio di contenuti.

Nel corso delle settimane in cui ho giocato Wilderfeast mi ci sono affezionato così tanto che ho acquistato anche gli accessori ufficiali (li trovate sul sito di Grumpy Bear) e devo dire che anch’essi, già provati durante la giocata di Bologna, testimoniano la grande cura nei dettagli adoperata per questo gioco.

L’appetito vien leggendo

Il concept di Wilderfeast, come avrete sicuramente intuito, mescola un po’ la saga videoludica di Monster Hunter al manga Dungeon Food, prendendo da entrambi il necessario per cucinare un’ambientazione dal carattere originale: ci troviamo in una post-apocalisse magica nell’Unica Terra, un super continente dove un’antica civiltà tecnologica (e presumibilmente aliena) è decaduta, e la natura è tornata protagonista.

Qui, alcuni grandi animali sono in preda alla Frenesia, un morbo che consiste in una vera e propria minaccia ecologica dell’Unica Terra. Questa malattia magica altera l’equilibrio del mondo, e per questo è un espediente narrativo che guida la caccia: tali mostri sono vittime di un ecosistema malato che va debellato per il bene della natura stessa.

I giocatori assumono il ruolo dei Wilder, degli umani in grado di assimilare i poteri dei mostri affetti da Frenesia, e per questo in grado di diventare mutanti, ibridi umani-bestia, chiamati proprio a ripristinare l’armonia tra uomo e natura. I Wilder, infatti, sono in grado di cambiare fisicamente e caratterialmente le proprie fattezze tramite l’assimilazione dei Tratti dei mostri uccisi sotto forma di cibo.

Paragrafo di ambientazione del GDR Wilderfeast

L’ambientazione è ben approfondita in una sezione centrale dedicata del manuale, dove sono raccontate sia la storia antica, sia le località attuali dell’Unica Terra. Nonostante la densità di contenuti narrativi, il manuale lascia comunque dei punti sospesi, dando adito alle speculazioni e alla fantasia del Master.

Coadiuvata dalle meccaniche, di cui parleremo a breve, l’ambientazione invita a raccontare storie che non siano solo una banale caccia al mostro, anzi, questa può essere usata benissimo come espediente dal master per far domandare ai giocatori quale sia il costo-opportunità di cacciarlo, e quale sia quello di tenerlo in vita. Assumere bonus e poteri dalla caccia spinge anche il giocatore a pensare a come possa cambiare il personaggio o addirittura le comunità di appartenenza.

La struttura in fasi di Wilderfeast incentiva davvero tanto l’esplorazione geografica quanto quella del proprio ruolo nel mondo, trovando un buon equilibrio tra introspezione e combattimento, tra azione violenta e atto trasformativo, tra scoperta diretta e riflessione ragionata. Ci sono davvero tanti spunti per dilemmi morali da poter sfruttare, il tutto con un tono che mantiene sia epicità fantasy che spensieratezza da anime shōnen.

Illustrazione di un Wilder, personaggio del GDR Wilderfeast

Animali da capire, mostri da cacciare

Il bestiario di Wilderfeast, per tutte le implicazioni di cui abbiamo discusso finora, è per forza di cose il motore simbolico e meccanico che dà vita al mondo. Si tratta di una vera e propria enciclopedia dove ogni mostro rappresenta una tra le tante possibilità di trasformazione, di pericolo o di domanda morale.

Wilderfeast, grazie a una divisione in fasi, incanala l’avventura in una direzione che mira prima a cercare le Avvisaglie della presenza di un mostro Frenetico, e poi a dare inizio alla caccia vera e propria, seguendo orme e indizi. In questa maniera, i giocatori sono portati a dialogare con l’ecosistema attorno a loro, a comprenderlo per individuare quale sia il problema della presenza di una creatura così corrotta.

D’altra parte, ogni illustrazione del manuale, soprattutto nel bestiario, è coerente con questa visione: i disegni oscillano tra il naturalismo biologico e il fantasy sfrenato, dando la sensazione di sfogliare un diario di viaggio scritto da chi ha camminato a lungo in un mondo diviso tra un safari nella giungla e un bel viaggione mentale nella fantasia.

Illustrazione di un mostro di Wilderfeast

L’unica nota negativa che ho potuto trovare al bestiario del manuale, è che secondo me ha troppe poche creature. Ma probabilmente sono anche io un po’ troppo esigente, venendo da mondi come quelli dei Pokémon e di Monster Hunter. E in ogni caso, il manuale fornisce strumenti anche per modificare o crearsi da soli i mostri. Ma se un giorno saltasse fuori un manuale intero fatto di catalogazioni di creature… sinceramente i miei soldi sono già pronti!

Un sistema da domare

Wilderfeast ibrida alcune meccaniche dei giochi da tavolo nel suo sistema di gioco, mentre modifica e prende spunto per alcuni comparti dai Forged in the Dark (come per esempio, nell’utilizzo degli orologi). Il suo funzionamento è molto schematico e preciso, con fasi e regole ferree da rispettare che possono tanto rappresentare dei paletti alla creatività, quanto dei binari lungo cui lasciar correre la fantasia.

L’esperienza di Wilderfeast ruota quasi interamente sul concetto della caccia; idealmente, ogni sessione si muove verso un conflitto con una creatura afflitta dalla Frenesia, ma nel corso di un’intera campagna può capitare che alcune delle fasi del gioco non riescano a dischiudersi tutte all’interno della stessa sessione, o che alcune sessioni siano totalmente focalizzate su un’unica fase.
Il manuale cataloga le sue fasi di gioco nelle seguenti sezioni:

  • l’Interazione è la quiete prima della tempesta, dove si stabiliscono gli obiettivi della sessione interagendo tra il Branco (il party) e gli abitanti dell’Unica Terra.
  • La Pista è il momento su cui ci si mette sulle tracce di un male, noto o ignoto, da debellare; superando Aree ed Eventi unici, foraggiando Ingredienti e superando Prove, si giunge poi alla prossima fase.
  • La Caccia è quando si entra nel vivo dello scontro con la minaccia identificata; combattere con essa significa studiare le sue mosse e i suoi comportamenti mentre al contempo si cerca di fare affidamento ai propri poteri.
  • Il Banchetto, infine, è il momento conviviale e rituale in cui, dopo aver sconfitto la minaccia di turno, ci si ciba dei suoi resti mandando avanti la narrazione e accumulando bonus ed effetti per il level up.

Sta al Master trovare un”idea per cercare di collegare la caccia del caso a un nuovo espediente narrativo; il rischio, infatti, è che in campagne lunghe si incorra in molte ripetizioni e situazioni “già viste“.

Data la natura spiccatamente meccanica di Wilderfeast, vi consiglio caldamente di giocarci dal vivo. Giocare online è possibile, e vi parlerò anche di strumenti utili nei prossimi paragrafi, ma rallenta notevolmente i processi di gioco.

Abilità e Stile

Ogni Wilder è contraddistinto da 3 caratteristiche fondamentali: Stili, Abilità e Tratti. Gli Stili sono delle statistiche che determinano l’approccio con cui i Wilder effettuano azioni, mentre le Abilità sono le capacità con cui le effettuano.

Fare una prova di qualsiasi tipo in Wilderfeast, consiste nell’unire uno Stile a un’Abilità: ciò, meccanicamente, si traduce in un tiro composto da Dadi Stile (tanti D6 quanto è alto il punteggio), un Dado Azione (un d8 se si usano abilità umane, un d20 se ci si Scatena utilizzando abilità mostruose) e il bonus corrispondente sulla scheda alla voce dell’Abilità selezionata.

Dadi del GDR Wilderfeast

Ogni risultato di 5 o più sui Dadi Stile è un Successo, mentre il Dado Azione determina la qualità del successo: da 1 a 4 è un successo parziale, da 5 a 7 è un successo standard, con 8 o più è un successo critico. Il bonus dell’Abilità può essere aggiunto in qualsiasi quantità a un Dado Azione o a un Dado Stile, a seconda di cosa possa convenire.

Scatenarsi consente di avere un output più vasto per la riuscita della propria prova, ma un suo fallimento consiste in effetti negativi ragguardevoli, tra cui una perdita di Armonia. Quando si ottengono più successi, inoltre, si possono spendere punti extra per attivare i Tratti del Wilder. Un Tratto è una qualità che consente di performare azioni speciali. In particolare, proprio i Tratti possono essere ereditati dalle creature che si mangiano dopo una caccia.

Il Rituale della Caccia

La cosa che più mi è piaciuta di Wilderfeast sul piano personale, è come si percepisca anche nelle meccaniche il senso di caccia vera e propria nella fase della Pista, dove i giocatori sono chiamati a cercare e scoprire indizi sfruttando le proprie abilità meccaniche e la propria inventiva individuale, spesso combinandole con quelle del proprio branco. E, soprattutto, tenendo d’occhio l’indicatore di Armonia, una meccanica che lega indissolubilmente il Branco al mondo di gioco.

Prima di affrontare un mostro, i Wilder raccolgono informazioni, esplorano il territorio, preparano i propri strumenti e cercano di comprendere cosa accade a un ecosistema sotto minaccia; proprio qui, si intravede la componente più strategica, dove l’esplorazione delle aree e gestita dal master in maniera schematica con una suddivisione in aree, e dai giocatori, delegati a catalogare e raccogliere tutto ciò che trovano.

Oltre alle normali classi e abilità da scegliere per i propri Wilder, infatti, i giocatori devono anche suddividersi ruoli specifici per l’avventura: chi annota l’inventario (che è comune per tutto il party, a livello meccanico), chi invece si prende carico di inserire informazioni sulla mappa, chi invece sui mostri e le loro proprietà, chi sulla lore e sulle informazioni narrative che si apprendono lungo l’avventura.

Quando poi si passa alla fase della Caccia vera e propria, la partita cambia totalmente ritmo: la battaglia è frenetica e non si muove su una griglia, ma segue comunque regole ben precise di distanza da un centro – il mostro di turno – entro cui le abilità e le proprietà dei giocatori possono fare la differenza.

Tratti dei Mostri del GDR Wilderfeast

Ogni posizione, ogni movimento e ogni abilità contano, e si possono infierire anche colpi localizzati per alcuni mostri, volti a spaccare parti di mostro specifiche e a metterle fuori uso (proprio come accade in Monster Hunter).

I turni dei giocatori sono scanditi da riserve di Energia che possono spendere per compiere le proprie azioni, mentre i mostri gestiti dal Master seguono comportamenti schematizzati nei paragrafi del bestiario.

Alla fase del Banchetto è affidata praticamente la progressione dei personaggi, dove la crescita dei Wilder passa proprio da ciò che ingeriscono, sia in senso meccanico che simbolico, assumendone i Tratti come poteri.

Al di là del Banchetto, il cibo in Wilderfeast è centrale anche nella creazione del personaggio, dove il proprio background è proprio collegato a tre portate significative per la vita del Wilder, a fungere proprio da spinte motivazionali del personaggio. Non me l’aspettavo, ma durante il corso delle mie prove, i giocatori si sono davvero sbizzarriti tanto nell’inventare piatti, sia durante la creazione del personaggio, sia nelle fasi di gioco.

La mia prova di Wilderfeast

Oltre ad aver già giocato al Play 2025, ho provato Wilderfeast con un gruppo di amici in una piccola campagna di 3 sessioni (diventate poi 4) in questi mesi, con elementi custom inventati da me, proprio per testare anche come si potesse intervenire sui materiali di gioco con la propria creatività.

Mappa con diagramma e dettagli di un'ambientazione personalizzata costruita sul GDR Wilderfeast attraverso il software web Miro

Abbiamo avuto prima una sessione zero, e poi una vera e propria prima sessione su internet. Abbiamo usato Roll20 per gestire i tiri, ma per i materiali grafici, siccome c’era parecchia carne sul fuoco tra appunti che doveva prendere il party, cartine geografiche e mie note personali, abbiamo utilizzato la lavagna digitale Miro, la quale consente di accedere a strumenti utili come le card e i diagrammi che hanno fatto sia da mappa concettuale dei collegamenti tra le aree della mappa, sia da contenitori degli appunti miei e dei giocatori.

La prima sessione è andata molto sulle lunghe, dati i tempi dilatati lungo le partite online, per questo abbiamo deciso di continuare le nostre giocate di persona, quando è stato possibile. Lo scenario che ho creato era ispirato a meme e riferimenti alla nostra città riadattati in modo serio e fantasy, tramite cui ho potuto testare la personalizzazione e la modifica degli elementi base di Wilderfeast.

Gran parte di quanto ho creato è scaturito direttamente dalla Sessione zero, dove i miei giocatori hanno deciso di voler essere un Branco di Ricerca. Per questo motivo, ho strutturato l’ambientazione di modo che li portasse a scoprire un complotto e antichi segreti.

Paragrafi che guidano a varianti di gioco del GDR Wilderfeast

I miei Wilder erano studiosi di un’Accademia, che abbiamo chiamato Accademia di Altavista: un rudere romantico-gotico che era stato abbandonato dalla Charter, organizzazione para-industriale che indossa le vesti del vero cattivo già nell’ambientazione regolare di Wilderfeast. Questa struttura è stata riqualificata dalla popolazione locale, e riadattata a centro di ricerca e biblioteca del sapere proprio dal gruppo di cui fanno parte i giocatori.

Come prima Avvisaglia, ho fatto trovare un documento antico, non appartenente all’Accademia: qualcuno lo stava trasportando verso l’Accademia, magari completo di altri documenti, o magari facente parte di un libro intero. Studiando il documento e le tracce presenti, i giocatori hanno scoperto che c’è stata un’aggressione.

I giocatori hanno così scoperto un gruppo di umani affiliati alla Charter che stavano conducendo esperimenti sui mostri Frenetici, utilizzando proprio vecchie documentazioni della Charter. Nella prima sessione hanno affrontato un normale mostro Frenetico che gli si è frapposto sulla loro strada, un Kakwari.

Nel corso delle sessioni successive, l’Accademia si trasforma nel frattempo in un vero e proprio centro investigativo, dove i giocatori si sono suddivisi i compiti con gli altri abitanti, analizzando i documenti recuperati e confrontando le informazioni con le osservazioni fatte sul comportamento degli animali altri animali frenetici incontrati nelle sessioni.

Scheda di un personaggio del GDR Wilderfeast
Scheda di un Wilder creata da una mia giocatrice nella prima sessione online

Infine, dopo un paio di spedizioni verso due buchi nell’acqua (ma comunque due mostri pericolosi), i Wilder riescono a identificare l’origine del complotto, arrivando a misurarsi con un mostro modificato da me: un Luporegio mutato con Riflessi Fulminei e un Soffio Glaciale (non esisteva come tratto, ho modificato l’esistente Soffio Infuocato).

Da assaporare con calma

Wilderfeast è un esperienza che ha bisogno di tempo e che si costruisce con dedizione e immaginazione. Il gioco richiede attenzione, ma ricompensa abbondantemente chi è disposto a investire nella sua densità, nelle sue fasi e nelle sue meccaniche stratificate. La vera forza di Wilderfeast, però, secondo me emerge quando i giocatori si appropriano del mondo e lo piegano alla propria creatività: ai giocatori, infatti, sono concessi alcuni poteri narrativi che, seppur minimi come la presenza di una data risorsa in una data area, sono in grado di creare attaccamento.

Attenzione però: l’ambientazione dettagliata ma ricca di spazi di manovra, il bestiario suggestivo ma con regole che ne permettono la malleabilità, e la divisione in fasi che aiuta a identificare le Cacce come espedienti narrativi per raccontare altro, possono essere tanto strumenti che incentivano la fantasia dei Master e dei giocatori, quanto dei paletti che possono limitarla.

In altre parole, Wilderfeast mostra un uso attento delle risorse narrative, un bilanciamento tra libertà interpretativa e struttura tattica, e chiare direttive al Master nell’aiutarlo a trasformare le sue meccaniche in messaggio. Allo stesso tempo, però, la quantità di sottosistemi, la densità di abilità, tratti, e in generale la specificità delle divisioni in fasi, rischia di appesantire l’esperienza per chi cerca ritmi più snelli e narrazioni più fluide.

Wilderfeast è solido quanto basta a garantire profondità, coerenza, sfida e divertimento. Date sfogo alle vostre interpretazioni personali per rendere ogni campagna unica. Il vero banchetto non è solo quello servito al tavolo, ma quello che i giocatori costruiscono insieme, boccone dopo boccone.