Diario del dott. Flammini 16 Novembre 1957

Diario del dott. Flammini 16 Novembre 1957

Diario del dott. Flammini 16 Novembre 1957

Succede tutto troppo in fretta.
Questi ultimi giorni sono stati un susseguirsi di eventi e solo ora le mani mi assistono e mi permettono di scrivere, anche se ancora sono terrorizzato da quanto avvenuto. Mi domando: questo incubo è ad occhi aperti o chiusi?

Vedo che l’ultima cosa che ho scritto è stata del mio incontro ravvicinato con il Maestro della Rocca, Germano. Poverino!
Ehi, ora ricordo perfettamente il suo nome. Strano. Bene ma strano!

A proposito, ho scoperto che è stato il suo decesso la causa dei rintocchi uditi l’altro giorno; mi ero dimenticato di scriverlo. Si è risvegliato quasi istantaneamente e il suo corpo ha  assalito immediatamente i poveri ospitalieri che vegliavano su di lui.

Da li sembra essersi catapultato fuori ed aver tentato di raggiungere la mia stanza a tutti i costi, o almeno cosi mi è stato riferito. Pare anche che abbia ignorato chiunque fosse vicino a lui e che abbia aggredito solo coloro che hanno tentato di bloccarlo. Nessun morto, ma mi turba questa cosa che cercasse proprio me.

Fortunatamente Amos è intervenuto in tempo – sempre stando a quanto mi hanno riferito – e certamente sarei morto se non fosse stato per lui.

[…]

Ho riletto parti del diario e scopro che avevo scritto di questo avvenimento, sebbene con dettagli diversi. Non capisco: ho questa strana sensazione che sia trascorso un solo giorno da allora ma non è cosi. Ne sono certo, si! Eppure è come se questi ultimi tempi risultino nella mia mente come compressi. Che poi è la cosa meno interessante se ripenso al sogno fatto l’altro giorno, si, ecco, l’altro giorno, non ieri. Appunto!

E’ statoun sogno vivido. Un rumore sordo di catene proveniva dal collo e dalle caviglie sebbene non ne vedessi affatto e le mie braccia mi risultavano come bloccate da qualcosa, forse cinghie, costringendole ancorate al mio corpo, immobili; inoltre più cercavo di parlare e meno ne ero in grado: come se qualcosa in bocca mi tenesse digrignati i denti ma lasciando le labbra spalancate.
In ultimo il buio intorno a me, sebbene intravedessi delle pareti di cemento che mi risultavano fredde e asettiche come quelle che per anni avevo imparato a conoscere negli  un ospedali di Roma.

D’improvviso tre persone si pararono innanzi al mio volto, figure indistinte per la verità. Un cappuccio a camuffarle; si, mantelli con cappuccio bianco o quel che era. E poi quel rumore come se della carta venisse sfregata ad ogni mio singolo movimento, rimbombando poi prepotentemente nella mia testa.
Che sia il rumore generati dal mio pensiero?
E’ questo il suono che faccio quando penso?

Non so come interpretare tutto ciò e sono certo non sia la prima volta che faccio questo sogno e ciò mi sta turbando.

Ma di più mi turba questo: non era stato il Templare posto di guardia alla mia porta ad aggredirmi?

<-Capitolo XXXVCapitolo XXXVII->

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