Diario del dott. Flammini 31 Ottobre 1957

Flammini 31 Ottobre 1957

Diario del dott. Flammini 31 Ottobre 1957

E quindi eccoci qui, questa sera niente comodità. Abbiamo fatto male i conti e ora siamo rimasti troppo lontani dal prossimo punto salvo.
Dicono che non troppo lontano dovrebbe esserci una… dogana?

Si, credo di aver capito cosi. Dovrebbe essere a qualche chilometro da qui ma i cavalli sono stanchi, hanno viaggiato tutto il giorno, ed avere un passeggero in più non facilità di certo il viaggio: siamo più pesanti; che poi chissà perché ci tiriamo dietro quel cazzone.

Stamane aveva posato la sua dannata pala sul mantello di Raimondo e quando l’è andato a prendere era tutto tagliato ed ora l’ha dovuto sostituire con uno straccio vecchio e logoro di colore nero. Non sarà bello a vedersi ma almeno mi pare ben caldo.

Oggi abbiamo viaggiato ancora e Torino ormai non è troppo lontana, dicono loro.
Secondo i calcoli dovrebbe essere a due giorni, massimo tre ed io sto iniziando a stancarmi di parlare nonostante ci sia sempre qualcosa di interessante da scoprire.

Raimondo e quel Mario, ad esempio, hanno parlottato un po tra loro e sembra che il becchino stesse riferendo di alcuni avvenimenti successi in un convento di frati camaldolesi nei boschi casentinesi in cui si era imbattuto.
Soggetto della conversazione: una certa bolla papale che aveva a che fare con i Morti.

La cosa che più mi ha colpito è che perché il pazzo con la pala sostiene con forza che i Morti possono pensare ed agire come noi, tanto da saper preparare  trappole molto ingegnose come usare altri uomini per attirare l’attenzione.
Raimondo continua, invece, a sostenere il contrario:  sono gusci vuoti governati da Satana.

Sta di fatto che non sono giunti ad alcun punto di convergenza ed hanno deciso che la conversazione era giunta al termine.

Giorgio, invece, è rimasto in silenzio tutto il tempo. Non posso che accettare la teoria che lo voglia muto. Al contrario Valter e Francesco sono più compagnoni e ho volentieri scambiato due battute con loro.

Ho scoperto che sono più giovani di me, hanno una ventina d’anni circa e la guerra la ricordano solo con gli occhi di fanciullo. Gli ho parlato di quei tempi e li ho visti affascinati dai miei racconti. Ai loro occhi devo risultare quale un eroe di guerra.

Mi hanno ascoltato estasiati tutto il tempo, mi hanno fatto molte domande sul mondo da cui provengo; su come era finita la guerra; del papa e della repubblica. Loro sanno cosa sia una repubblica, per loro vi è stato solo il passaggio da un regime ad un altro, non sanno cosa sia la libertà di pensiero; qui si devono solo eseguire gli ordini ed affidarsi a Dio.
Molto romantico, si, qualche secolo fa, non di certo ora.

Rimane che Raimondo, forse alterato, ha bloccato bruscamente la nostra conversazione e si è successivamente allontanato per pregare.

Anche gli altri stanno pregando, armi in pugno e non avevo mai notato che avessero con se degli elmi con loro. Ho sentito dire a Raimondo, quando lo ha indossato, che il suo è ancora in perfetto stato e che non lo ha mai abbandonato, nonostante fosse vecchio e malandato. Poi ha litigato con la visiera come fosse rotta o bloccata e infine l’ha lasciata com’era.

E’ il turno di guardia di Francesco ed io sto crollando dal sonno.
E’ ora che dorma, domani sarà un altro lungo giorno di cammino.

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