Ci si preoccupa inutilmente di 3I/ATLAS: il vero problema è molto più vicino. Ecco la minaccia individuata dagli scienziati.
Il comportamento anomalo e la sua traiettoria iperbolica hanno finora alimentato varie angoscianti teorie. C’è chi crede che la cometa possa per esempio essere una gigantesca sonda aliena. C’è pure chi predice un impatto con la Terra. Se così fosse, saremmo tutti spacciati… Ma la NASA ci tiene a tranquillizzarci: 3I/ATLAS non ci colpirà.
Passerà a circa 180 milioni chilometri di distanza dall’atmosfera verso fine novembre. Poi comincerà ad allontanarsi. E forse in quel momento potremmo concentrarsi su questioni più realistiche. Ci sono infatti tanti altri rischi reali e preoccupanti cui badare.
Gli scienziati lo sanno perfettamente. E hanno già indicato la data in cui potrebbe succedere il fattaccio. Se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare con la media attuale, oltre la metà delle piattaforme di ghiaccio dell’Antartide potrebbe collassare entro il 2300, causando un innalzamento irreversibile del livello del mare fino a 10 metri.
Lo afferma un importante studio condotto dall’Università della Sorbona, pubblicato su Nature. In questa analisi, i ricercatori hanno simulato l’evoluzione di una sessantina di piattaforme di ghiaccio antartiche fino al 2300. E secondo i loro dati circa il 60% delle piattaforme di ghiaccio dell’Antartide potrebbero collassare entro il 2300.
Di conseguenza, mezzo mondo dovrebbe fare i conti con l’innalzamento delle acque. Venezia, Napoli, Londra, NewYork, Miami, Lisbona, Shanghai e tante altre città sparirebbero.
Apocalisse vicina: tra sessant’anni saremo fritti
Sì,il 2300 sembra una data parecchio lontana, ma secondo i ricercatori coinvolti in questo studio gli impatti dello scioglimento dei ghiacci inizieranno a farsi notare molto, molto prima. Secondo il modello, il periodo più critico per la perdita delle piattaforme sarà tra il 2085 e il 2170. Quindi tra una sessantina di anni bisognerà già fare i conti con degli sconvolgimenti.

Nel loro studio, i ricercatori ci tengono pure a sottolineare che le loro stime sono conservative. Quindi il collasso potrebbe avvenire parecchio prima. Nei loro modelli, infatti, gli scienziati hanno avuto la bontà di non considerare fenomeni come fratture, scioglimenti superficiale e distacchi improvvisi.
Siamo spacciati? Le scelte attuali sulle emissioni possono ancora cambiare la situazione. Con un contenimento del riscaldamento globale sotto i 2 °C, solo una piattaforma su sessanta sarebbe a rischio. Invece, con un riscaldamento fino a 12 °C, quasi due terzi delle piattaforme sembrano destinate a scomparire.
Oltre alle città che saranno sommerse, ai milioni di sfollati e al danno culturale e artistico, bisogna pensare anche al rilascio di grandi quantità di acqua dolce che potrebbe modificare la circolazione termoalina, influenzando pesantemente il clima in Europa, Nord America e Asia. Gli effetti potrebbero essere uragani, tsunami, siccità e ondate di calore devastanti.
