L’IA, a seconda dei punti di vista, dovrebbe sparire per sempre o prendersi tutti i nostri guai e aggiustarli. Ma mentre aspetti è meglio non commettere questo errore.
Nel mondo che viviamo adesso tutto pare essere nella traiettoria di questa palla da demolizione che è l’intelligenza artificiale, in ogni sua forma e in ogni sua declinazione. Le società, per bocca dei propri più alti rappresentanti, già parlano dei milioni che si stanno risparmiando e di quelli che si risparmieranno nel prossimo futuro, nel momento in cui tanti operai verranno sostituiti da robot gestiti dalle intelligenze artificiali per le mansioni più disparate.
Ci sono poi quelli che le intelligenze artificiali le stanno costruendo e che cercano in ogni modo di convincerci ad utilizzarle, infilandole in ogni pertugio di software che trovano (salvo poi stupirsi quando siamo abbastanza freddi e refrattari). Questo entusiasmo si scontra con una enorme incertezza. E tanti in questa incertezza stanno commettendo un errore.
L’errore di valutazione con le IA che rischi di fare anche tu
C’è un detto che tante volte riemerge, soprattutto nelle serie TV e nei film in cui uno o più eroi, un po’ scalcinati e sottodimensionati rispetto alla minaccia, si trovano a ragionare se non sia più facile arrendersi. Puntualmente esce qualcuno che dichiara che “non è finita finché non è finita“.

Ed è questo il punto di vista che occorre adottare. Anche perché se invece ci si dà per vinti come lavoratori oppure si decide che l’intelligenza artificiale è la soluzione di tutti i mali, ci si trova a commettere un gravissimo errore.
Questo perché le intelligenze artificiali possono effettivamente sveltire alcuni compiti molto specifici (a seconda poi su cosa sono state addestrate, sono più o meno abili in questi compiti). Quello che però sta emergendo è che ci sono tutta una serie di altri compiti che invece non possiamo e non dobbiamo lasciare a strumenti come Gemini o ChatGPT, perché non essendo loro umani non hanno nessuno strumento che consenta di affrontarli.
Anche in quei campi in cui sembra che invece le IA generative possano essere dirompenti, c’è da riflettere su che cosa effettivamente possono fare. Un esempio facile riguarda la traduzione. Tradurre, per tanti, significa semplicemente che a una parola ‘A’ in una lingua ‘A’ ne corrisponde una ‘B’ nella lingua ‘B’.
Spesso questo è vero, ma di solito ci sono talmente tante cose dietro l’utilizzo di una singola parola che la vera traduzione del vocabolo non funziona nel comunicare il messaggio reale.
Gli strumenti di intelligenza artificiale ci permettono di avere la traduzione istantanea di quello che ci viene detto in un’altra lingua, ma come facciamo, senza conoscere quella lingua, a sapere che effettivamente il messaggio che ci viene inviato è quello che leggiamo o sentiamo sintetizzato da un software che va avanti a zero e uno?
E questa domanda può essere espansa a moltissimi altri settori. L’errore è quindi quello di immaginare che basti qualcosa che sembra corretto.
In conclusione, il problema con le intelligenze artificiali, come con qualunque altra cosa che riguarda gli uomini, non è tanto l’oggetto in sé, che non avendo coscienza non sa quello che fa, quanto le sirene del guadagno facile che si insinuano nelle stanze in cui si prendono le decisioni e in cui sono i grafici a dettare legge.
