Dal web è ancora possibile usare DeepSeek, l’alternativa made in China a ChatGPT, mentre la app è di fatto congelata.
Più di una settimana fa DeepSeek è sparita dall’elenco di app scaricabili in Italia sugli store ufficiali di Apple e Google. Il blocco non è categorico: è partita una richiesta di informazioni a DeepSeek da parte del Garante della Privacy. E ora la startup cinese è dunque chiamata a chiarire alcuni aspetti concernenti questioni relative alla privacy, al copyright e all’indicizzazione dei contenuti.
Qual è il problema? Per il Garante della Privacy italiano, DeepSeek è un modello AI che agisce in modo opaco. C’è il rischio che utilizzi tecniche di raccolta e di elaborazione dei dati non pienamente conformi alle stringenti normative europee sulla privacy, come il GDPR. Da qui la scelta di limitare l’accesso al servizio in Italia, per evitare problemi agli utenti.
Gli stessi problemi sono stati riscontrati negli Stati Uniti, in Giappone, in Australia, in India e in Corea del Sud, dove qualche giorno fa è arrivato il blocco totale del modello di linguaggio cinese basato sull’Intelligenza artificiale. La Cina, ovviamente, non ci sta. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun ha dichiarato che la Cina “difenderà fermamente i diritti legittimi delle imprese nazionali”.
C’è anche il timore che l’AI cinese metta in campo tecniche di scraping e indicizzazione di contenuti protetti da copyright, creando problemi legati ai diritti d’autore. Più in generale, si teme che la app non riesca a proteggere i dati personali degli utenti.
Blocco alla balena: DeepSeek invia e conserva dati in server al di fuori dell’UE
Per ora, quindi, la app continuerà a non essere disponibile sull’App Store di Apple e sul PlayStore Android. E la situazione non cambierà finché la startup non metterà in chiaro la politica di gestione delle informazioni acquisite da DeepSeek. Il timore, abbastanza fondato in base alle prove finora raccolte, è che tutti i dati vengano inviati e archiviati in server al di fuori dell’UE, in Cina. Si parla già di dati esposti sul web riguardanti più di un milione di utenti.
C’è poi chi sostiene che all’interno del programma operi un codice nascosto capace di inviare dati sensibili degli utenti direttamente al Governo cinese. Intanto DeepSeek ha dichiarato di non operare in Italia e di non essere dunque soggetta alla disciplina europea in materia di protezione dei dati personali.
Ma quale sarebbe il vero pericolo insito nell’uso dell’AI cinese? Secondo il Garante, dare dei dati in pasto a DeepSeek significa perderne totalmente il controllo. E per usare il modello bisogna registrarsi. Quindi la propria mail sarebbe poi consegnata a spammer e hacker. Per ora la AI cinese soffre anche di evidenti carenze nelle misure di protezione dei dati. Alcuni utenti stanno già cercando modi per usare la AI senza rischiare di consegnare dati alla Cina. Per esempio scaricare il programma e interrogare il modello in locale o usando i servizi di Amazon o Nvidia.