Insoddisfazione da film videoludici: una malattia | #Crossplayer

Partiamo da un assunto molto generico: la maggioranza dei film hanno il compito di generare incassi tali da recuperare i costi sostenuti per la produzione e generare ricavi tali da accontentare i produttori. Per farlo chi produce il film deve fare attenzione a diversi fattori: il cast, le scenografie, la trama e non ultimo il target AKA ovvero la categoria di persone a cui il film è destinato.

L’adattamento cinematografico di un videogioco, in particolare, vede di fronte a sé un primo scalino su cui molti produttori inciampano ovvero il target di cui poco sopra abbiamo parlato.

In questo caso avremo due macrocategorie in cui possiamo suddividere chi fruirà del prodotto: chi ha molta confidenza con il prodotto originale e chi invece ne ignora l’esistenza.

Lo scopo della produzione sarà quello di fare leva sui fans (che sicuramente, in nome dell’amore che nutrono nei confronti del titolo, correranno al cinema non appena possibile) ma anche riuscire a creare un film in grado di affascinare ed interessare anche la seconda categoria sopra descritta, un pubblico nuovo, generalmente più numeroso.

Già con queste premesse le speranze per un risultato finale di qualità gradevole non sono delle migliori. Risulta infatti piuttosto complicato riuscire a mettere d’accordo due categorie così distinte e comunque riuscire a tirare fuori un prodotto valido e godibile.

Proviamo a sezionare l’argomenti, cercando di vedere da vicino le possibili motivazioni che purtroppo continuano a trasmutare i film ispirati ai videogiochi in barzellette audiovisive.

Quanto c’entrano i soldi quando il film fa schifo?

I film che cercano di essere videogiochi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, una grossa delusione per il pubblico. I motivi per cui questo accade sono tanti e diversi, vediamo per primi quelli strettamente legati al fattore economico.

Budget

Sarà banale ma questa è la cosa più semplice da spiegare.
Generalmente le produzioni che decidono di intraprendere quest’ardua impresa, partono da un budget molto alto, quasi imbarazzante. Ma dimenticatevi l’ambientazione meravigliosa, una colonna sonora indimenticabile, o ancora la magia, le esplosioni e tutti gli effetti speciali che ci piacciono tanto! Dobbiamo prima ricordare che, per cominciare, una parte del budget sarà impiegata per acquistare la licenza della casa videoludica e, generalmente, più il videogioco è grande, più grande sarà la cifra.

Cast

Per quanto grandi possano essere le aspettative ed il progetto, è importante ridimensionare tutto in funzione dei costi.

Avete mai fatto caso al fatto che gli attori presenti in un film tratto da un videogioco di una certa importanza, difficilmente sono i pezzi grossi di Hollywood che tutti amiamo?

La verità è che non tutte le grandi produzioni hanno la fortuna di trovare attori come il bellissimo e talentuoso Henry Cavill che sceglie di interpretare il ruolo di Geralt di Rivia, pur sottopagato, perché innamorato della saga di Andrzej Sapkowski.

Nella maggior parte dei casi i film tratti dai videogiochi non possono permettersi gli attori che hanno ispirato i personaggi digitali creati dagli sviluppatori, per mere questioni monetarie, perdendo quindi quella parte di pubblico che tende a seguire gli attori di produzione in produzione.

Non c’è da disperare!
Al posto di questi protagonisti ci sarà una timida imitazione degli stessi: generalmente un tipo sconosciuto con doti recitative discrete che, in caso di successo, diventerà un colosso del cinema richiestissimo in tutte le produzioni a seguire. Questo nel migliore dei casi, perché nella maggioranza delle altre occasioni finirà per cadere nello stesso dimenticatoio dal quale è arrivato.

Tempi di sviluppo

Tutti i film (ma in particolare quelli ispirati ai videogiochi) non riescono a mettere da parte le logiche di marketing. È risaputo che la vendita di gadgets, magliette e oggettini di vario genere in concomitanza con la distribuzione di un prodotto nelle sale cinematografiche subisca una crescita notevole. Questo comportamento serve ad aumentare l’interesse generalizzato il prodotto, specie nelle fasce più giovani di pubblico ed è parte di tutta una serie di strategie di marketing.

Il marketing, quindi, è un indicazione a cui è difficile sottrarsi per ogni casa di produzione che si rispetti ed il tempismo ad esso collegato è forse una degli elementi più influenti dentro cui imbrigliare processi produttivi creativi come il filmmaking. L’idea moderna e malsana che esista un momento perfetto per ogni cosa non aiuta un creativo a lavorare bene.

Affetto, emotività ed altri fattori

Come provare a definire un buon film? Il film ben riuscito è quello che riesce nel trovare un giusto equilibrio tra le scelte narrative che strizzano l’occhio ai fan e le semplificazioni per accontentare il resto degli spettatori, questi ultimi spesso sprovvisti del background necessario per poter comprendere pienamente una storyline 1:1 con quella del videogioco.

Questo significa anche che allo sceneggiatore spetta il compito di comprimere in massimo un paio d’ore una storia che nel videogioco ha molto più tempo per svilupparsi, andando ad operare con cesure e limature. Ecco, forse questo è il più grande limite di questo genere di produzioni.

Il videogioco infatti è un mezzo espressivo che si può protrarre anche per tempi lunghi, con oltre dieci ore di durata per la fruizione della storia. In queste ore il giocatore ha il tempo materiale di entrare in confidenza con i fatti per comprendere al meglio il mondo ed i personaggi che lo abitano. Quest secondarie, sottotrame e altri elementi contribuiscono il processo di immedesimazioni facendo vivere al giocatore in maniera approfondita trama e personaggi.

Un tipo di coinvolgimento così lento non è dissimile da quello di libri e fumetti e qui il cinema ha provato a risolvere il problema attraverso il meccanismo della serialità, specie negli ultimi anni.

Ricreare in maniera ravvicinata la magia di un videogioco non è facile, questo è poco ma sicuro. Durante il processo produttivo un regista deve cercare di sfruttare i meccanismi propri del suo medium per traslare elementi videoludici che il più delle volte risultano o forzati o intraducibili; questo spesso vuol dire tagliare scene interessanti o dettagli fondamentali ai fini della trama.

L’immedesimazione in ambienti e personaggi che molti vedono per la prima volta su schermo di certo non è la stessa che i giocatori riescono a costruire in ore e ore di gioco.

Ci sono due prodotti che promettono di cambiare leggermente le carte in tavola: la prima è la serie televisiva di The Last Of Us mentre il secondo è il sequel di Silent Hill annunciato recentemente da Konami (molti ignorano che un imbarazzante sequel del primo film esiste già, ma forse è meglio così).

Cosa possiamo aspettarci da queste prossime uscite? Gli autori avranno cercato di rimediare agli errori fatti in passato, o li vedremo ripetuti su schermo ancora e ancora?