Quando nel 2018 Telltale Games annunciò il licenziamento in massa dei suoi dipendenti e la sospensione della maggior parte dei progetti, l’intero panorama delle avventure grafiche cinematografiche subì un duro colpo.
Dietro le quinte però il genere resisteva, come gli autori e i registi dietro Tales from the Borderlands e The Wolf Among Us che si sono riuniti sotto la bandiera di AdHoc Studios. Il loro primo gioco, Dispatch, è un titolo che promette di colmare quel vuoto lasciato anni fa.
Assieme ad uno stile grafico che strizza l’occhio al fumetto, una narrazione matura che si muove tra le atmosfere ciniche di Invincible e The Boys, e la collaborazione ufficiale con il colosso di Critical Role (un’alleanza che, ne siamo certi, non sarà l’ultima), AdHoc Studios presenta la sua opera prima ambendo già alle stelle.
Dopo aver completato i primi quattro capitoli, è tempo di tirare le prime somme e scoprire se Dispatch è il razzo che catapulterà AdHoc nei grandi, o meno.
Disclaimer: Questa è una recensione “a puntate” e verrà aggiornata man mano che verranno rilasciati i successivi episodi di Dispatch. Al momento della scrittura, sono stati giocati i primi 4 episodi su 8.
Mecha-man o normal man?

L’incipit della trama è abbastanza semplice: in una Los Angeles dove i supereroi, alieni e mostri sono quasi all’ordine del giorno, i giocatori vestiranno i panni di Mechaman, un supereroe senza poteri tranne che per il suo fidato Mecha. Questo status non durerà molto però, visto che l’armatura viene distrutta in un intervento, lasciando solo, sotto tutti gli strati di metallo accartocciato, un uomo senza poteri e con il nome più default della storia: Robert Robertson (praticamente al pari Mario Marioni).
Da qui al protagonista verrà offerto un modo per continuare a fare l’eroe, lavorare come “dispatcher” (centralinista delle forze dell’ordine) e gestire le chiamate di soccorso che arrivano all’agenzia di supereroi, un super centralinista insomma.
Le faccende si complicano quando la squadra assegnatali è in parole povere una suicide squad di disadattati e piccoli criminali, battezzata dal protagonista stesso “Z-Team”.
Da qui la trama si evolve velocemente offrendo un cast variopinto e caratterizzato in cui ognuno trova la sua nicchia comica senza mai diventare ridicolo.
Dispatch ha una scrittura matura e un umorismo tagliente e pieno di insulti e battute esplicite che gettano però un velo di autenticità che rende la storia davvero entusiasmante, senza dimenticarsi di includere qualche momento serio qua e là.
I primi quattro capitoli vi lasceranno assetati del resto e le ore di gioco saranno più che sufficienti per farvi desiderare più tempo con i suoi personaggi brillanti
Gestione disperata

I giochi narrativi delle Telltale hanno sempre avuto come punto critico il loro gameplay, consistente spesso di QTE e scelte che influenzavano la trama. Dispatch riparte da queste basi solide e ci aggiunge due ulteriori meccaniche di gameplay che aiutano molto: la gestione del team e l’hackeraggio.
Infatti gli eventi di trama di ogni episodio saranno intervallati con delle fasi attive di gameplay in cui il protagonista dovrà gestire il team di eroi, rispondendo alle chiamate di soccorso e mandando uno o più eroi in missione.
Questa parte è un vero e proprio gioco nel gioco, infatti ogni eroe avrà delle caratteristiche, dei poteri e degli effetti segreti che si attivano solo quando determinate situazioni si avverano, come coppie specifiche o numero di eroi in missione. La gestione non sarà solo meccanica, ma richiederà anche un grado di comprensione del personaggio e delle dinamiche di gruppo. Infatti ogni evento potrà avere interruzioni o evoluzioni a cui alcuni membri del gruppo potranno rispondere meglio, oppure ci saranno missioni per le quali alcuni si rifiuteranno per principio o per ragioni di trama, dando la sensazione di star gestendo un gruppo di super criminali con un carattere permaloso e infantile, eppure mantenendo costantemente il divertimento senza mai diventare frustrante.

Talvolta il nostro Robert Robertson sarà chiamato in causa a colmare il ruolo di Hackerman e soccorrere gli eroi penetrando i vari sistemi di sicurezza. Ogni hackeraggio è un piccolo puzzle che richiede coordinazione e pianificazione (e un goccio di memoria), e aiuta a mantenere il tempo della narrazione alto. Alcuni hackeraggi hanno i limiti del tempo, altri un “antivirus” da evitare, le combinazioni sono sempre diverse.
Questo scambio e alternarsi tra fasi di storytelling, in cui le scelte hanno un impatto immediato e talvolta sono veri e propri bivi, e le fasi di gameplay più attive e dal pacing più alto, rendono dispatch una evoluzione sicuramente positiva del genere di videogiochi cinematografici narrativi, il tutto senza far perdere un colpo alla storia.
Insomma, un’esecuzione magistrale dell’equilibrio tra storia e gameplay.
Super arte per super eroi

Anche il comparto artistico non è da meno. Dispatch si presenta con una resa grafica che strizza l’occhio ai fumetti, ma lo fa senza esagerare con gli shader mantenendo una leggibilità e una chiarezza straordinari.
Anche gli elementi di interfaccia grafica delle fasi di gestione e hackeraggio sono perfettamente diegetici e si amalgamano perfettamente con il resto dello stile grafico.
Infine, doppiatori del calibro di Matthew Mercer, Laura Bailey, Aaron Paul, Erin Yvette e Travis Willingham, anche il comparto sonoro e attoriale non può che eccellere, mettendo una ciliegina finale su una torta che ha già tanto di super.
Conclusioni (Episodi 1-4)
Sin dai primi episodi è chiaro che Dispatch è un super-debutto con i fiocchi e tutti i crismi per AdHoc studios che fa sentire la sua voce tra una brillante scrittura, una combinazione di meccaniche bilanciata e divertente, e una direzione artistica che trasuda passione e voglia di fare qualcosa di bello.
Voto: 8.5*
* Ci riserviamo la possibilità di cambiare voto in corso d’opera man mano che proveremo gli episodi
