Ancor prima che un gioco esca e arrivi in un mercato che lo fagocita, questo ha la possibilità di diventare una bella storia da raccontare. Dietro allo sviluppo di un titolo, può esservi una storia di rivalsa, la voglia di farsi sentire, di esprimere la propria arte. Spesso, quelle storie sanno conquistare i videogiocatori, molto più di quanto non riescano a fare i giochi stessi, dato che si finisce con l’empatizzare con chi in quel gioco ha riversato tempo, denaro, speranze e idee.
Ma la vita, si sa, è crudele e con i buoni propositi al massimo, ci si riempie la bocca durante una cena di Capodanno, mezzi avvinazzati e totalmente illusi che le cose possano funzionare, anche quando tutto pare difficile. E Lost Souls Aside eredita un po’ di quella voglia, infantile e briosa, per cui credere davvero in una cosa, fa sì che quella non solo si realizzerà ma rappresenterà anche un bellissimo sogno da cui non ci si vorrà mai più svegliare.
Lost Soul Aside, prima che un gioco di cui parlare in maniera quanto più analitica possibile, è proprio questo: una storia. La storia di una singola persona, Yang Bing, che con la forza delle sue idee è riuscita a passare dallo sviluppo totalmente indipendente, nel suo piccolo studio in Cina, ad attirare l’attenzione di Sony grazie a un trailer del gioco, che nel 2016 divenne virale e attirò l’attenzione di tutti gli orfani di Devil May Cry o, in generale, degli action frenetici di una volta.
Un titolo a cui un singolo sviluppatore lavora ininterrottamente dal 2014, utilizzando Unreal Engine 4 e arrivando finalmente a una release mondiale, in pompa magna, con Sony a fare da “spalla”. Ma per citare il Poeta, Lost Soul Aside visse un solo giorno, come tutte le più belle cose, come le rose. Come ogni storia, anche questa pare essere giunta a termine e purtroppo, non è forse la conclusione che ci si sarebbe auspicati.
Una storia semplice, vestita di profondità
Nelle fasi iniziali, nonostante le varie perplessità per l’aspetto tecnico che da subito si rivela altalenante (approfondiremo più avanti), ciò su cui l’attenzione si posa è la storia. Ci viene presentata una situazione complessa e confusa, tra sogni premonitori e una realtà infelice. Nei panni di Kaser, il protagonista del titolo, inizieremo a scoprire che, il mondo entro cui ci muoviamo, è dominato da un regime politico e da un Imperatore estremamente violento e autoritario.
Kaser, sua sorella Louisa e tutta un’altra infilata di comprimari, faranno parte del BARLUME, un’associazione clandestina che ha come scopo quello di sovvertire il regime, risvegliando le coscienze sopite di una popolazione asettica. E proprio quando il loro piano parrà concretizzarsi… dei demoni/alieni invaderanno la Terra…?

Se vi pare una risoluzione da film di serie Z, è perché lo è. L’intento appare anche nobile: unire due topoi narrativi potenti -rivoluzione contro i potenti in stile Final Fantasy 7, e alieni/demoni che si risvegliano, dopo essere stati sigillati un migliaio di anni prima, un po’in stile Devilman. Il risultato è, in ordine sparso: banale, confusionario, mal orchestrato, mal descritto, mal gestito.
Un insieme sconnesso di tematiche, il tutto accompagnato da dialoghi ridondanti che ricordano il peggiore anime stagionale a cui possiate pensare, con personaggi scritti in maniere superficiali e stereotipate, intrecci di trama che diventano immediatamente pretestuosi sin dalle primissime battute, dalla prima vera missione.
Era davvero complicato fare peggio di così a livello narrativo, non riuscendo mai a creare un dialogo, un personaggio o una situazione che fosse se non interessante, quantomeno verosimile, realistica, coerente con le regole stesse che l’autore da al mondo di gioco. Un frittatone che lascia in bocca soltanto amarezza. In questa sede non andremo comunque a fondo nella spiegazione della trama, nel caso a qualcuno possa interessare scoprire gli eventi.
Un mondo morto
Come appendice dell’aspetto narrativo, vorrei approfondire un tema che mi sta particolarmente a cuore e che, da parecchi anni a questa parte, è ciò che mi permette di vivere un gioco in maniera piena: la narrazione silenziosa del mondo di gioco.
Una delle cose più belle di un videogioco, per chi scrive, è proprio lasciarsi trasportare da ciò che tutto il mondo di gioco racconta, senza mai aprire bocca: scenari, npc, routine degli npc, processi di azione e reazione. In una sola parola: vita. Un mondo vivo è un mondo credibile, e un mondo credibile è un mondo che sa trascinarti.

Avrete già capito dove stiamo andando a parare: Lost Soul Aside è tutto men che credibile e vivo. Nessun npc ha routine di alcun tipo, molti propongono dialoghi con palesi richieste, come fossero quest secondarie, che mai diventano però quest o incarichi che potrebbero arricchire il contesto di gioco.
Anche i contesti visivi, sebbene evochino delle sensazioni (la città super futuristica ma con commercianti con le baracche di legno, il tempio in stile Maya, il Monte Salvezza) non raccontano mai qualcosa. Sono belle location da osservare, ma senza alcun tipo di profondità, di cuore, di storia.
Come detto, nonostante l’impostazione iniziale della trama lasci presagire uno sviluppo molto finalfantasy7iano, non serve molto prima di trovarsi in quella che pare più una bozza di un’idea di Masami Kurumada (e il paragone con i Cavalieri dello Zodiaco non è casuale). Nulla più che un pretesto, per tutte la sequenze di combattimento, rivelando la vera anima del titolo: un’enorme boss rush. E non c’è nulla di sbagliato nel proporre un action con impostazione di boss rush, l’importante è che sia divertente da giocare… perché è divertente da giocare, vero?
Pad alla mano, tra soddisfazioni e rimpianti
Il gameplay di Lost Soul Aside è quello di un classico action, come si facevano una volta: interamente basato sul combattimento, con sparuti puzzle ambientali che non rappresentano altro se non una scusa, per evitare che il gioco sia un enorme corridoio cosparso di boss e mini boss. Ciò che maggiormente bisogna discutere dunque, è il combat system.
E questo è sicuramente l’aspetto più interessante e divertente del titolo. Un tasto per gli attacchi leggeri, uno per gli attacchi pesanti, solo 3 tipologie di armi (spada, spadone, doppie spade) e abilità, attive e passive da sbloccare tramite albero delle abilità. Nulla di più semplice e immediato. A ciò si aggiungono i Poteri di Arena, un’entità che ci accompagnerà per tutta la ventina d’ore necessarie a completare il titolo. Questi altri non sono che abilità attive, che necessitano di accumulare energie combattendo, prima di essere scagliate.

Man mano che si progredisce, il combat system si arricchisce, seppur in maniera abbastanza verticale e senza che qualcosa risulti particolarmente ostica da comprendere. Più abilità vengono introdotte nell’equazione, più ne guadagna la spettacolarità, più ci si diverte, andando a ricercare gli scontri per puro ludibrio. Come meccaniche difensive, vi sono poi schivata e parata. Sono meccaniche potenziabili, che possono essere arricchite con passive che permettono di sfruttarle anche per infliggere danno o per effettuare contrattacchi.
Gli scontri in sé però, sono abbastanza imprecisi: si fatica spesso a capire da dove arrivino i nemici, soprattutto quando ve ne sono a orde; i boss, soprattutto quelli mastodontici, sono estremamente complicati da leggere e spesso ci si ritrova a subire danno, senza ben capire come mai. In ciò non aiutano le animazioni, molto spesso quasi accennate e sommarie, quasi a rappresentare uno “schizzo” di quella che dovrebbe essere un’animazione finale.
Vi sono poi delle modalità extra, che consistono in vere e proprie challenge, durante le quali dovrete affrontare un tot di nemici rispettando determinati criteri (tempo, salute massima e così via). Anche qui, tornano quei problemi che rendono di difficile lettura gli scontri con le orde e il risultato non può che essere un button mashing abbastanza confusionario e impreciso, affidandosi a un target inaffidabile che spesso cambia senza che sia il giocatore a deciderlo.
Arte e tecnica
Partendo dal lato artistico, Lost Soul Aside è davvero parecchio anonimo: charatcter design, map design, scrittura, props grossolanamente sistemati. Si salvano l’aspetto musicale e quello del doppiaggio (NON IN INGLESE). Come già accennato, nulla a livello artistico riesce a raccontare una storia o sa dare immersione nell’anodino mondo di gioco.
Tecnicamente, il gioco è pieno di errori grossolani, chiaramente frutto di inesperienza. La prima cosa che colpisce, in negativo, è la regia delle cutscene e il loro pacing durante tutta la storia. I movimenti di camera sembrano realizzati con un cheat engine. Non si avverte la cinematograficità che si desiderava riversarvi.

Abbiamo giocato su PS5 e, dopo le prime patch, non abbiamo più riscontrato grossi problemi di lag o stutter. Da quel punto di vista, il gioco gira abbastanza bene, sebbene si noti essere parecchio anacronistico tecnicamente, con texture slavate e poco definite, un feedback dei colpi quasi inesistente e per nulla soddisfacente e una serie di scelte di game design davvero infelici come il dover necessariamente attendere un dialogo (non skippabile) ogni volta che si vuole effettuare un salvataggio, il target che cambia anche se stiamo correndo dritti contro un nemico; il fatto che se durante un dialogo si seleziona l’opzione “automatico”, non sarà possibile in alcun modo skippare il dialogo anche se questo dovesse protrarsi più del previsto.
Non stiamo ovviamente parlando del prezzo, non essendo questa un’analisi economica. Se però, vi dovessi parlare in modo più diretto di costo-opportunità, diciamo che avrei delle remore a consigliarvi Lost Soul Aside, indirizzandovi a investire i vostri (70) euro su altro.
Conclusioni
Lost Soul Aside convince davvero poco e lascia con un forte amaro in bocca. Per carità, aspettarsi un capolavoro da un titolo con ambizioni così sfrenate, sviluppato da una singola persona per buona parte della sua produzione, non è giusto. Ma così, si rischia davvero di affossare una carriera sul nascere: sarò onesto, se non avessi dovuto recensirlo, mi sarei sentito male ad acquistare Lost Soul Aside a prezzo pieno e il motivo è presto detto: banale, scontato, ridondante e impreciso sono aggettivo che riescono solo parzialmente a far capire tutto ciò che al gioco manca, per riuscire a essere un’esperienza quantomeno entusiasmante.
