Banishers – Ghosts of New Eden | Recensione (PS5) | Storia di spettri e d’amore

banishers

Fin dall’alba dei tempi, le storie sono servite alle persone per riflettere sulle loro paure, specie quelle primordiali, e questo vale soprattutto per le storie di fantasmi: confrontandoci con la morte, con il lutto e con tutte le loro conseguenze, riusciamo anche a ragionare sul valore della vita e delle nostre scelte. 

Anche il videogioco è spesso riuscito a toccare questi picchi, in maniera sempre peculiare, e se già con Vampyr (2018) Don’t Nod aveva deciso di sfiorare il tema, con Banishers – Ghosts of New Eden l’intento sembra più che chiaro.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Una storia oscura

Se lo vediamo nella sua interezza, Banishers – Ghosts of New Eden potrebbe essere l’ennesimo esponente di un sottogenere dell’action-rpg molto diffuso e fortunato negli ultimi dieci anni, quello degli eredi di un classico come The Witcher 3: Wild Hunt: come nel gioiello di CD Projekt Red o di suoi “figli” come Greedfall o il già citato Vampyr, l’obiettivo del gioco è metterci nei panni di un personaggio pre-generato che, immerso in un territorio ostile e pieno di avventure, deve plasmare il suo destino affrontando i nemici e, soprattutto, scegliendo come reagire ad alcuni ostacoli morali di vario tipo. 

Una formula di gioco che, a livello di setting come di gameplay, incrocia senza pietà epica pseudo-storica (per intenderci, quella da “cappa-e-spada”) con un fantasy molto low che a volte sfocia nell’horror.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Questo è esattamente il caso di Banishers, che, proprio come Vampyr, parte da una premessa fantastorica per imbastire un’epopea dark fantasy.

Siamo in una sorta di 1690 alternativo nel quale il soprannaturale sembra far parte della vita di tutti i giorni (tanto che persino gli ecclesiastici sembrano “autorizzare” l’utilizzo della magia) e nel quale agli orrori delle pestilenze, della guerra e della povertà si sommano quelli degli spettri. Questi sembrano abitare il mondo da così tanto tempo da richiedere l’intervento degli Epuratori (o banishers), stregoni specializzati nel risolvere questo tipo di problemi. Siamo nel territorio degli odierni Stati Uniti chiamato New England, e più precisamente nel territorio della colonia fittizia di New Eden, insediamento remoto dal quale lo sguardo di Dio sembra essersi allontanato per sempre. 

Qui giungono da oltreoceano gli epuratori Anthea Duarte e Red mac Raith, amanti e compagni di avventure, per indagare su un mistero che sembra coinvolgerli personalmente.
Tuttavia, durante i primi passi dell’indagine Anthea cade sotto i colpi del Male che era chiamata ad affrontare, divenendo a sua volta uno spettro in grado tuttavia di aiutare Red nella sua avventura. Di fronte a questo lutto, i due amanti intraprendono un vero e proprio viaggio in una natura straordinaria e incontaminata alla ricerca del Male che ha colpito Anthea e, forse, di un modo di farla tornare. 

A caccia di fantasmi

Affrontando quest’impresa, come giocatori saremo chiamati a guidare questa coppia di eroi in una serie di livelli open map molto ben strutturati nei quali troveremo piccoli insediamenti e zone isolate che sono territorio di caccia di infestazioni paranormali, che saremo chiamati a risolvere. 

Lo schema di gioco ricorda quindi, non troppo “casualmente”, quella del già citato The Witcher 3, con una trama che incede di tappa in tappa attraverso eventi principali che portano avanti la trama e incarichi secondari che ci permetteranno di fare esperienza da spendere nel perfezionamento delle nostre abilità di combattimento peculiari, nonché di far luce sui misteri di New Eden. 

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Attenzione, tuttavia: se il gioco di CD Projekt, pur essendo diviso in “aree”, era un vero e proprio open-world in grado di metterci davanti svariati punti di interesse e locazioni da esplorare e risolvere, la formula di Banisher mixa la libertà di esplorazione con un’anima più strettamente story-driven che mette al centro le scelte del giocatore, spesso in grado di influenzare lo svolgersi di alcuni eventi. Addirittura, in alcune parti del gioco potremo scegliere quale tra due o più aree esplorare per prima, e i progressi porteranno il mondo a cambiare leggermente ottenendo degli esiti diversi. 

È quindi interessante come Don’t Nod abbia voluto seguire una strada un po’ più in linea con quella di The Witcher 2: Assassins of Kings o a tratti di RPG puri come Baldur’s Gate.

Un plauso particolare, in termini di “progettazione generale” dell’opera, va senza dubbio alla costruzione del level design, con aree ampie abbastanza da invogliare ad una profonda esplorazione senza però risultare dispersiva, merito anche di una caratterizzazione artistica di alto livello. 

In termini di gameplay stretto, va detto subito che Banishers è un gioco molto derivativo, che ripropone alcuni dei cardini del suo genere in maniera convincente. 

Infatti, anche se giocando avremo l’impressione di trovare tracce di altri giochi in praticamente ogni “strumento” o abilità che Red e Anthea avranno a disposizione nel loro viaggio, la forte identità del gioco, così come la capacità di Don’t Nod di amalgamare il tutto con un mood convincente, riesce a restituire al giocatore un’esperienza efficace e originale. Il merito va al fatto di poter switchare costantemente tra i due protagonisti, ognuno chiamato a risolvere un certo tipo di situazioni: se Red avrà quasi sempre la funzione di “tank” e sarà perfetto per affrontare gli scontri corpi a corpo, grazie anche al fatto di poter sferrare potenti colpi epuranti in grado di annientare un nemico all’istante, le particolari facoltà “da spettro” di Anthea saranno la nostra chiave per le sezioni di detection, o per combattere alcune tipologie di nemici ben specifiche.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod
Red “epura” un’anima inquieta dal nostro mondo

Ad aggiungere un pizzico di adrenalina c’è inoltre il fatto che, quando decideremo di usare Anthea in combattimento, quest’ultima sarà disponibile solo finché la sua forza spiritica (segnalata a schermo da una barra di energia) non arriverà a zero, momento in cui dovremo tornare nei panni di Red. Inoltre, non mancheranno alcune sezioni di gioco nelle quali passare ad Anthea sarà impossibile senza prima distruggere gli artefatti scacciaspettri all’interno di un livello.

Si tratta di una dinamica molto ben costruita, snella e, proprio per questo, divertente, che ottimizza al meglio un combat system altrimenti piuttosto elementare; questo, infatti, oltre ai colpi speciali si “limita” a un’alternanza di colpi leggeri e pesanti (che fortunatamente risultano tanto spettacolari quanto devastanti) che dovremo saper concatenare per creare il miglior risultato possibile.

Tuttavia, il successo di queste fasi risulta purtroppo mitigato da un bestiario di nemici molto esiguo, al limite del deludente. All’interno degli scontri “di routine” Banishers propone infatti non più di tre categorie di nemici che, se da una parte sono ben caratterizzate e seguono pattern specifici e ingegnosi, dall’altra finiscono spesso per rendere le fight scene fin troppo simili. Va un po’ meglio con i boss o con le sfide che potremo trovare in situazioni di gioco più particolari e circoscritte come i viaggi astrali che a volte dovremo compiere, ma l’impressione è in generale di amareggiata delusione. 

Un’altra nota stonata, quasi un’ingenuità abbastanza fastidiosa, è l’impossibilità di fuggire dagli scontri/incontri nel quali cadremo inevitabilmente durante il nostro viaggio: non solo ciò limita abbastanza la nostra libertà di approccio in determinate situazioni, ma soprattutto rende alcune fasi molto goffe, in quanto ci costringono a non poter abbandonare un’area finché non ci saremo accertati di aver eliminato fino all’ultimo nemico anche in situazioni nelle quali vorremmo semplicemente passare oltre. 

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod
Anthea si getta su un pericoloso spettro

Il lato visivo: Don’t Nod fa un passo in avanti

Diciamo la verità: di tutta l’opera che stiamo esaminando, il lato tecnico/grafico era forse il lato che più poteva destare un preoccupato interesse

Essendo il secondo esperimento action-rpg del team francese dopo Vampyr, un gioco che riusciva a mascherare evidenti limiti di programmazione con una scrittura molto buona, non era difficile pensare che Banishers seguisse la stessa strada, risultando più una solida esperienza di gioco story-driven che un portento di tecnica. Invece, paradossalmente, il lato grafico di Banishers risulta essere il vero passo avanti di Don’t Nod come team.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Sia chiaro, Banishers non è un gioco in grado di giocare nello stesso campionato di kolossal come le esclusive Sony o anche solo di un piccolo gioiello come A Plague Tale: Requiem, e neanche vuole farlo in quanto, pad alla mano, il fulcro dell’esperienza è sempre il comparto ludico-narrativo. Eppure, forse anche per merito dei tanti investimenti fatti negli ultimi anni per ampliare le risorse a sua disposizione, Don’t Nod è riuscita a costruire un gioco visivamente accattivante e soprattutto snello e per lo più pulito, soprattutto se pensiamo alla difficoltà di gestire livelli aperti e per questo ricchi dinamiche ambientali.

La morbidezza dei movimenti degli elementi a schermo, la bellezza degli effetti di luce o dell’increspamento dell’acqua, la convincente riproduzione di effetti atmosferici come neve o pioggia danno l’idea della volontà di Don’t Nod di darci un gioco che non fosse soltanto una grande esperienza ludica, ma anche un gioco in grado di tenere il passo con i tempi. Più di una volta chi scrive si è ritrovato ad ammirare la superficie di un lago o del mare, o il sole al tramonto e il suo bagnare malinconicamente un mulino sperduto, o ancora a rimanere piacevolmente sorpreso dalla cura con cui era stata riprodotta la vegetazione.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Certo, come tanti action-rpg anche Banishers ha carenze tecniche in aspetti come la riproduzione di una vera e propria fisica, così come non manca di mettere in mostra piccoli segni di sporcizia se stressato, ma sono pecche davvero secondarie, soprattutto a fronte di un’ottimizzazione che soltanto pochissime volte ha mostrato il fianco a rallentamenti o lag di vario tipo (e parliamo di un gioco senza ancora patch, okay?).

Molto convincente è anche l’aspetto puramente visivo, sia in termini di ricostruzione storica che di design: l’America del 1690 di Banishers è un delizioso spettacolo dark fantasy dall’anima decadente, nel quale la meraviglia della natura si fonde con scenari tetri e minacciosi come montagne desolate, forti abbandonati, tetre miniere nelle quali puoi sentire il Male strisciare alle tue spalle.

La palette riesce miracolosamente ad alternare momenti in cui la fanno da padrone i colori scuri e tetri tipici degli insediamenti puritani con altri in cui i colori più caldi “esplodono” fino a divenire preponderanti e quasi simbolici, come nelle sezioni in cui Anthea riesce a svelare le fonti di “energia spirituale” attorno a lei, o semplicemente quando ci ritroviamo in un bosco rigoglioso in pieno giorno.

L’impressione finale è quindi quella di un impianto grafico costruito con cura e passione, perfetta ciliegina sulla torta di un piatto tanto “classico” nello spirito quanto divertente da gustare.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod
Il gioco ci mette a disposizione anche un rudimentale moschetto alchemico, perfetto per mettere a nanna le creature soprannaturali

Infine, due parole sulla narrativa

Abbiamo già parlato della premessa dark-fantasy del gioco e di quanto sia interessante, tuttavia prima di lasciarci vorrei focalizzare l’attenzione su un paio di aspetti puramente di storytelling.

Il primo riguarda l’ambientazione, ma soprattutto la capacità di Banishers di delinearla con efficacia senza spiegoni, senza intermezzi, quasi senza dialoghi che raccontino alcune premesse.

Per tutto il gioco, tutto il focus della regia e dello script rimane sulle vicende di Red, Anthea e, tutt’al più, di quelle della colonia di New Eden, e in questo caso solo attraverso qualche informazione appresa da un manoscritto, una pergamena, un segno lasciato sul muro e commentato dai nostri antieroi durante le loro indagini. Non ci sono testi a schermo a raccontare la storia pregressa di questo mondo, né filmati esplicativi, né digressioni sulla lore del gioco, sul motivo per cui i fantasmi popolano questo mondo, o la natura/ruolo della magia.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Messa giù così sembra una mancanza, un segno di superficialità, in quanto in teoria venendo a mancare la premessa “storica” è difficile seguire certi ragionamenti, e per assurdo a volte avrei voluto che i “casi” di Red e Anthea facessero anche un po’ più luce su alcune dinamiche delle possessioni, delle infestazioni o semplicemente ai rituali degli Epuratori.

Tuttavia, l’effetto finale di queste scelte è invece molto piacevole e affascinante; di fatto, Banishers: Ghosts of New Eden non è un gioco su un mondo, ma un gioco su una delle tante storie di quel mondo, una storia di umili, di persone sì con poteri straordinarie ma che in fondo si trovano lì “per caso” e non sono chiamate a salvare realmente qualcuno, ma solo a sopravvivere e a cercare di fare la cosa giusta, ogni giorno, con difficoltà.

E questo ci dà il per parlare dell’altro animo del comparto narrativo, ovvero i personaggi e i loro conflitti. Anche in questo caso, il gioco ci permette di scoprire lati delle loro storie solo da qualche sporadica conversazione, una battuta, un gesto, uno sguardo, e quando ci ritroviamo di fronte a un bivio narrativo – ovvero, quando dovremo giudicare i responsabili di un’infestazione, o dare credito a questo o a quel PNG facendo evolvere la trama in un certo modo – a guidarci non avremo pregressi caratteriali da rispettare.

Banishers: Ghosts of New Eden recensione playstation 5, Don't Nod

Il risultato è un gioco che ci permette davvero di entrare in empatia con i personaggi, le loro scelte, il loro dramma interiore (e teniamo presente che dalle nostre scelte dipenderà anche il destino di Anthea…), anche se – e questa sì che è una pecca – troppo pochi saranno i bivi morali interni alle singole missioni che ci metteranno davvero in crisi o ci faranno dubitare seriamente di quale strada prendere. 

Una piccola imperfezione che forse toglie un po’ di “fattore drama” ma che, tuttavia, non intacca una storia bellissima, appassionante e a suo modo profonda.

Banishers – Ghosts of New Eden è un gioco in grado di fare la felicità di tutti gli appassionati di action-rpg sulla falsariga di classici come The Witcher 3: Wild Hunt grazie a una scrittura solida, coinvolgente e in grado di appassionare e a una confezione tecnica di alto livello. Si tratta di un titolo estremamente derivativo, in praticamente ogni suo comparto, ma ciascun elemento dell’insieme riesce a funzionare alla perfezione grazie a una direzione chiara, ispirata e che ha un solo, grande obiettivo: immergerci in una grande storia dark-fantasy con il giusto mood. 

PRO

  • Confezione tecnica e art design creano qualcosa di davvero piacevole
  • Storytelling e ambientazioni profondi e curati
  • Gameplay snello e coinvolgente

CONTRO

  • Impianto generale molto derivativo da alcuni classici del genere
  • Bestiario davvero troppo esiguo
  • Alcune ingenuità come l’impossibilità di fuggire dai combattimenti

Se hai letto tutta la recensione (e l'hai letta per davvero tutta senza imbrogliare) puoi cliccare qui sotto per scoprire il voto:

8.0

Storia - 9 / 10

Grafica - 8 / 10

Longevità - 8 / 10

Gameplay - 7 / 10

Sonoro - 8 / 10

Animo dark - 8 / 10