Valorant | Recensione (PC)

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Parlare di Valorant è un po’ un casino.
Come in generale è un casino recensire i videogiochi multiplayer senza prima averci buttato una vita sopra.

Su Valorant chi scrive ci ha gettato un centinaio di ore ed ha senza dubbio assaggiato quelle che sono le superfici spigolose o i dolci contenuti, finendo per avere una prima impressione semi definitivo di come si è presentato il prodotto al pubblico durante il corso dei suoi primi due mesi e di cosa succederà di interessante durante il corso dei prossimi mesi.

In primis è necessario riguardare al prodotto da lontano: Valorant o Project A che dir si voglia è un videogioco multigiocatore improntato all’aspetto competitivo che tanto ha fatto parlare di sé perché va a introdursi all’interno di una nicchia piuttosto agguerrita. Valorant mischia il grosso del gameplay degli shooter tattici, con un particolare occhio di riguardo nei confronti di Counter Strike Global Offensive, con alcune particelle che provengono direttamente dall’hero shooter più famoso sulla faccia della terra AKA Overwatch.

La risultante di questa meravigliosa operazione è il prodotto di Riot, un videogioco che da numerosi punti di vista non fa altro che toccare l’eccellenza e rimodellarla a suo piacimento e che, nonostante qualche inciampo, al giorno d’oggi ha tutte le carte in regola per poter sfondare sul mercato videoludico.

Riot Games colpisce ancora.

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Valorant esce oggi dopo due mesi di closed beta infiammatissima, con una media di tre milioni di giocatori che quotidianamente hanno effettuato l’accesso a Valorant. Il lancio del nuovo titolo di Riot Games ha fatto registrare numeri improbabili a Twitch, complice anche il sistema di rilascio delle chiavi, facendo registrare oltre 470 milioni di ore di streaming al leader mondiale per l’intrattenimento videoludico.

Come spesso è successo per altri titoli della stessa software house Valorant ha stracciato record e fatto muovere persone, creato personalità e dato risalto ad eventi particolari. Nonostante l’emergenza COVID-19 lo sparatutto tattico di Riot è riuscito a lanciarsi sul mercato in un elevato numero di paesi, senza tracolli o disastri ma fornendo fin da subito un ottimo riscontro a livello prettamente tecnico.

Perché si, uno dei cavalli di battaglia del marketing fatto intorno a Valorant è stato proprio quello della superiorità tecnica rispetto alla concorrenza.

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Valorant è il primo sparatutto competitivo ad offrire in maniera costante server a 128-tick per i suoi giocatori; questi nonostante non siano in grado di risolvere perfettamente il problema del peeker’s advantage (per le cui spiegazioni vi rimandiamo qui) rendono l’esperienza di gioco maggiormente gradevole per chiunque volesse tentare la ripidissima strada delle ranked.

Potendo sfruttare anche l’imponente rete di data center sparsi in tutto il mondo civilizzato Valorant ha dalla sua anche un ping molto più basso della media con il 70% dei giocatori che si ritrova a lottare con meno di 35ms di ping.
Questo evento, per chi come il sottoscritto ha una connessione da terzo mondo, è comunque positivo perché permette ai meno fortunati di giocare con ping comunque accettabili, tra i 70 ed i 40 millisecondi.

A tutto ciò va aggiunto anche il vanguard system, l’anti cheat proprietario legato al titolo che nonostante sia stato bucato più volte durante il corso della beta lascia ben sperare per il futuro visto che parliamo di un anti cheat proprietario che può essere rimaneggiato in modo celere dalla stessa azienda che si occupa di sviluppare il gioco. Nonostante qualche odioso caso di falso positivo (che verrà risolto col tempo, secondo quanto dichiarato più volte dagli sviluppatori), il Vanguard System è al giorno d’oggi una delle tecnologie da tenere più sotto d’occhio quando si parla di videogiochi multigiocatore.

Spara che ti passa.

Tutte queste tecnologie, nel nostro caso, sono messe a disposizione di un videogioco che è stato fatto da gente che ha speso chissà quante migliaia di ore su una pletora differenti di titoli che serpeggiano nel mondo dei videogiochi da decine d’anni. Valorant è un chiaro figlio di Counter Strike Global Offensive, o forse figlio di CS 1.6 con ispirazioni prese da destra e manca per cercare di dare al titolo una personalità ben più forte di quella che anima le sfide terroristi contro anti-terroristi.

Parliamo sempre di sfide cinque contro cinque, di bombe da piazzare, bombe da disinnescare e così via; se non sapete di cosa stiamo parlando avete sicuramente bisogno di ripetizioni in storia del videogame..

Durante la beta abbiamo avuto modo di conoscere nel nerbo le tre mappe che ci sono state messe a disposizione, apprezzandone le caratteristiche estetiche e maledicendone le caratteristiche ludiche. Ci vogliono davvero molte ore di Counter Strike per avere la mentalità giusta per poter controbattere una rotation fulminea realizzata con i teleporter (una delle novità assolute del titolo) e a volte le ore di CS non bastano proprio quando si tratta di armeggiare con combinazioni di skill in grado di far impazzire anche il più stoico dei giocatori.

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Fortunatamente durante il corso del percorso fatto dal gioco in beta Riot ha messo delle pezze su quelli che erano i problemi più evidenti del titolo: personaggi come Raze sono stati pesantemente depotenziati per evitare team wipati con due granate fortunelle, alcune armi sono state ribilanciate e tante piccole correzioni sono state fatte alle mappe; nonostante la persistenza di alcune problematiche è impossibile negare come l’impegno di Riot sia tangibile.

A rimanere sul campo sono tutti i pregi: il gunplay più lascivo rispetto a quello di Counter Strike è ancora oggi uno dei modi migliori per approcciarsi al genere degli shooter tattici. Gli agenti al momento presenti nel gioco sono tutto sommato bilanciati e sono caratterizzati da stili di gioco abbastanza variegati, in grado di soddisfare le papille gustative di una vasta gamma di giocatori. Le mappe, per quanto ancora poche numericamente, sono divertenti da giocare e ancora di più da theorycraftare, permettendo differenti strategie in base alla coordinazione dei giocatori.

Dal punto di vista prettamente ludico Valorant è una bomba, anche soltanto da approcciare. Questo perché Riot ha messo in piedi un playground dove poter sperimentare con armi, abilità e dove poter imparare a mirare che non ha eguali nei tutorial standard degli altri videogiochi, mischiando comodità e informazioni all’interno di mappe con schermi diegetici che potevano semplificare la vita a chissà quanti altri videogiochi prima di esso.

Libidine visiva.

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Le abilità di Riot nel creare estetiche efficaci, consolidatesi in dieci anni di League Of Legends, hanno trovato in Valorant una perfetta valvola di sfogo. Valorant al giorno d’oggi possiede un’estetica incredibilmente affascinante, con un graphic design da urlo, una color palette che mischia stile a usabilità e un ottimo character design, che ben mischia la leggibilità degli scontri a fuoco con uno stile personale il giusto.

Gli undici eroi he sono presenti al lancio ufficiale del gioco, per quanto ancora privi di una lore e di una backstory prepotente (che arriverà nel corso del 2020), sono tutti quanti materiale da action figures, da poster e da merchandise in generale; bellissimi sotto il profilo estetico e fortunatamente anche sotto il profilo prettamente ludico

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Un plauso va fatto anche al sound design che permette ai giocatori di riconoscere abilità e armi ad occhi chiusi grazie ad una scelta timbrico/sonora che merita tutto il rispetto di questo mondo. L’ottimo sound design di Valorant, se unito a delle buone cuffie, funge da elemento extra all’interno del gameplay, permettendo ai giocatori più esperti di geolocalizzare gli avversari sulla base degli spazi percorsi.

Sottolineamo da questo punto di vista un ultimo elemento: Valorant gira letteralmente su di un tostapane. Il lavoro che Riot ha fatto per ottimizzare il gioco su praticamente qualsiasi genere di macchina è encomiabile e amplia moltissimo la forbice di eventuali giocatori che possono interfacciarsi con un prodotto di tale portata. Questo permette in modo semplice a tutti quelli con un computer dalle scarse caratteristiche tecniche di giocare a sessanta frames senza particolari pensieri, facendo puntare tutti gli altri a risoluzioni ben più elevate senza particolari pensieri.

Cosa ci possiamo aspettare dal futuro di Valorant?

Come per ogni gioco multiplayer che si rispetti il vero punto della situazione non va fatto sul lancio ma sul lungo percorso: Valorant, esattamente come gli altri titoli multigiocatore presenti sul mercato nel corso del 2020, deve affrontare una maratona, non uno scatto.

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Con la release ufficiale del gioco, avvenuta durante la giornata odierna, Riot ha aggiunto i primi grandi contenuti al suo prodotto: una mappa nuova (ispirata a Venezia e all’italia) chiamata Ascent, un nuovo agente chiamato Reyna, piuttosto differente da quelli che già sono presenti nel gioco ed una nuova modalità di gioco chiamata Spike Rush, destinata a tutti quelli che vogliono uno stile di gioco più arcadey e rilassato. Partite dalla durata di quindici minuti, con sette round e switch del side al terzo round; abilità gratuite per tutti e armi casuali. Non il modo perfetto per imparare a giocare ma sicuramente quello migliore per sbollire la furia killer dopo la quinta sconfitta filata in ranked.

Valorant Battle Pass

Insieme a tutto ciò Riot ha incluso anche il suo sistema di battle pass ad episodi, con il primo chiamato non a caso Ignition, destinato ad accompagnare i giocatori in cinquanta livelli di ricompensee free e a pagamento.

L’unica vera incognita relativa a tutto ciò resta la scena competitiva/esportiva. Riot ha fatto sapere più volte in comunicati stampa e conferenze di star lavorando alla cosa senza però anticipare i tempi. Nonostante un ottimo riscontro da parte di organizzazioni e giocatori professionisti, ancora non ci sono le infrastrutture necessarie al sostenamento di una scena fiorente e queste arriveranno soltanto durante il corso di questa seconda metà dell’anno. Bisognerà dare tempo al tempo per permettere alla rose di fiorire, in sostanza.


Valorant è il perfetto prodotto Riot, destinato al successo nonostante le flotte di malelingue pronte a spergiurare. La software house venuta su con League Of Legends sa bene come rendere un mondo interessante, sa come cesellare un gameplay intorno a dei concetti cardine e sa come ammiccare ad un certo pubblico; Valorant è la perfetta dimostrazione di tali caratteristiche. Nonostante la giovane età mostri ancora il fianco a qualche problema, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista prettamente ludico, tra anti cheat severi e bug di vario tipo, le premesse per un prodotto in grado di conquistare ci sono tutte quante e se Riot saprà mantenerle avrà l’ennesima gallina dalle uova d’oro tra le sue mani.