Josh Sawyer, noto lead designer di titoli RPG tra cui Fallout: New Vegas, ha spiegato perché secondo lui, i CRPG per un certo periodo sembravano morti.
A pensare agli ultimi anni videoludici, parrebbe davvero assurdo parlare di una crisi del settore degli RPG. I giochi di ruolo, siano questi strategici, con combattimenti a turni, improntati all’action o a un mix, rappresentano forse uno dei generi più fiorenti dell’industria, con dei rappresentati di spicco per ogni categoria. Ma se si sposta lo guardo al passato, tutto ciò non appare più così scontato.

Perché è vero, nonostante il grande successo dell’ultimo periodo, tanto da vedere saghe storiche intraprendere la strada RPG, come nel caso di Assassin’s Creed, la situazione non è sempre stata tutta rose e fiori e giochi che oggi sono considerati dei capolavori, probabilmente, qualche tempo fa non sarebbero nemmeno stati prodotti. O almeno, questa è la valutazione di un’autorevole voce dell’industria, che sugli RPG ha costruito una carriera.
La parole del “papà” di Fallout: New Vegas
Durante il GCAP 2025 (Game Connect Asia Pacific), tenutosi a Melbourne tra il 6 e l’8 ottobre, hanno fatto particolarmente discutere le dichiarazioni di un veterano dell’industria, che ha un po’ voluto tracciare una cronistoria del mondo degli RPG, ricostruendo un po’ le difficoltà nel pubblicare un titolo del genere, in epoche diverse da quella attuale. La persona in questione è Josh Sawyer.
Sawyer è uno sviluppatore che di RPG ne sa decisamente qualcosa: durante la sua carriera, ha legato la sua figura ad alcune delle saghe più acclamate come Neverwinter, Icewind Dale e Pillars of Eternity, sebbene il titolo che l’abbia reso noto alle folle rimanga sicuramente Fallout: New Vegas. Fa davvero riflettere che, a suo dire, i CRPG che oggi vivono una seconda giovinezza, siano stati a rischio di scomparire del tutto.

Molti dei CRPG che hanno fatto la storia, avrebbero infatti rischiato di non esistere, per un motivo molto semplice: i rivenditori non li consideravano abbastanza profittevoli ed erano praticamente convinti che si trattasse di un genere morto. La valutazione sarebbe legata alla natura “di nicchia” che il genere ha sempre avuto e che avrebbe spinto molti sviluppatori a cessare la produzione di titoli in Infinity Engine.
Insomma, se l’industria avesse dato retta ai rivenditori, oggi non avremmo avuto capolavori come Baldur’s Gate 3. C’è ovviamente da ricordare che, il periodo di cui parla Sawyer, mancava di tanti elementi che oggi hanno reso possibile una diffusione capillare, anche di generi parecchio di nicchia. Basti pensare a servizi come Steam e GoG che permettono acquisti a prezzi ridotti, servizi che offrono bundle di giochi a un prezzo simbolico così che in tanti possano scoprire titoli che, altrimenti, non acquisterebbero singolarmente. Sicuramente, da questo punto di vista, l’evoluzione dell’industria ha portato dei significativi frutti.
