Non fu solo un programma televisivo, ma un vero evento culturale: oltre alle celebrazioni arrivano le critiche.
I volti che hanno fatto la storia di quel programma oggi raccontano con orgoglio e nostalgia di aver preso parte a un successo clamoroso. Ma non tutti quanti sembrano cedere alla pura e acritica celebrazione.
Trent’anni fa si concludeva l’ultima stagione di Non è la Rai, il programma Mediaset ideato e diretto da Gianni Boncompagni che rivoluzionò la tv italiana. Lo show pomeridiano era la risposta pop e giovanile ai programmi pomeridiani della tv pubblica. Dove il pubblico di riferimento cambiava. Non ci si rivolgeva più alle casalinghe, ma agli adolescenti, mettendo in primo piano centinaia di ragazzine (spesso minorenni) che cantavano, ballavano e partecipavano a giochi telefonici.
Tra queste c’era Alessia Merz, che oggi ha scelto di allontanarsi dal mondo dello spettacolo per dedicarsi solo alla sua famiglia. Intervistata dal Corriere della Sera, ha ricordato il suo arrivo a Roma da Trento, la fuga dalle chiacchiere che giudicavano la sua scelta: “Sembrava andassi a fare la poco di buono“.
Al tempo, era molto timida: “In studio, al Palatino, la solidarietà femminile era poca: le ragazze più sgamate non ti lasciavano nemmeno sedere in prima fila“, ha raccontato Alessia. “Ma lì mi sono formata il carattere. I miei genitori mi imposero di continuare a studiare, mentre molte altre abbandonavano la scuola o addirittura i loro genitori lasciavano il lavoro per seguirle, convinti che Non è la Rai fosse il punto d’arrivo“.
Alessia Metz racconta cosa succedeva a Non è la Rai
La tv, non vuole più farla, Alessia. E tranne per qualche ospitata sporadica non è disposta a trattare. Preferisce dedicarsi al marito e ai figli. “Ormai vado per i cinquantuno, ho già dato“, ha aggiunto l’ex protagonista di Non è la Rai poi esplosa come velina a Striscia la Notizia.

La Merz conferma che dietro il programma c’erano tante questioni morali poco chiare. Le ragazzine erano spesso accanite e strumentalizzate. Già all’epoca della messa in onda si parlò di lolitismo televisivo e di sessualizzazione precoce.
Col tempo si è poi scoperto che le ragazze non potevano parlare con la stampa, e si diceva che Boncompagni suggerisse le battute tramite auricolari, alimentando il mito del burattinaio. C’è da dire che ci vide molto lungo…
Non è la Rai non ha raccontato solo l’Italia dell’avvento del berlusconismo, tra liberazione e mercificazione, sogni e cinismo. Su tutto è stato un programma cult che ha anticipato certe dinamiche ora dominanti sui social.
