Ti piace chiacchierare con il tuo chatbot preferito? Pensaci meglio la prossima volta perché le vostre conversazioni potrebbero finire online, come qualunque pagina web.
Cosa penseresti di un amico che ti ha registrato per settimane e poi, senza apparente motivo, pubblica tutte le tue conversazioni online e quelle conversazioni diventano come un qualunque altro contenuto?
Una domanda che, se sei caduto nel tranello di pensare che in qualche modo i chatbot che spuntano come funghi fossero amichevoli, ora dovrai porti. Perché milioni di scambi di domande e risposte, di ogni tipo e di ogni livello di imbarazzo, sono ora indicizzate. E sono insieme la dimostrazione che non si dovrebbero fare certe domande alle IA e che c’è ancora un enorme problema di sicurezza di cui non si parla a sufficienza.
Le tue conversazioni private con il chatbot non sono più private
Le intelligenze artificiali, che dovremmo sempre ricordare non sono affatto intelligenti, sono prodotti di ditte private che cercano in ogni modo di convincere il loro pubblico potenziale che questo o quel chatbot è interessante, è utile, è addirittura indispensabile ormai. Premesso che niente di ciò che opfre un chatbot è davvero indispensabile, può capitare a chiunque di farsi prendere dalla curiosità e fare qualche domanda a queste slot machine travestite.

Ma ora è venuto fuori che a causa di una funzione molto semplice, la condivisione, milioni di scambi di battute con Grok, il chatbot sviluppato da una delle società che fanno capo a Elon Musk, sono indicizzati e disponibili per i motori di ricerca. Il che significa che sono disponibili e leggibili da chiunque. Il problema è nato perché per avere la condivisione, le conversazioni vengono collegate a un URL, un URL che motori di ricerca come Google e Bing, possono indicizzare.
Le conversazioni sono le più varie e, per quanto siano affascinanti come spaccato di umanità, è altrettanto raccapricciante pensare che si possano leggere richieste private e intime, domande fatte per commettere potenziali atti criminali, arrivare a recuperare anche nomi e cognomi.
Forse è decisamente il caso di aggiungere ai problemi etici derivanti dall’addestramento delle IA, ai problemi ambientali dovuti allo scandaloso consumo di risorse per la costruzione e il raffreddamento dei datacenter e ai problemi legati all’atrofizzazione delle nostre capacità cerebrali nel momento in cui demandiamo a una IA qualunque cosa anche un nuovo ordine di problemi legati alla privacy, in questo caso eclatante alla assoluta mancanza di privacy, che non protegge le conversazioni che intratteniamo con questi simpatici pallottolieri.
La pubblicazione delle conversazioni con Grok si unisce poi a un problema simile avuto dagli utenti di ChatGPT ma, in questo secondo caso, OpenAI ha poi dichiarato che si trattava di un esperimento e che la funzione di condivisione è stata disabilitata proprio per la natura di alcune conversazioni.
