Pigri che vi affidate ormai per tutto all’IA, attenzione: rischiate di finire in galera. Alcune leggi stanno già cambiando ed è bene esserne consapevoli.
Le varie società che si occupano di sviluppare le intelligenze artificiali (IA) cercano in ogni modo di convincerci che siano strumenti di cui non possiamo più fare a meno. Ma, probabilmente, non è così e non sarà così per moltissimo tempo.
Basta guardare allo studio portato avanti da Apple e pubblicato di recente, che mette nero su bianco quello che in tanti pensano: le intelligenze artificiali non sono intelligenti.
E verrebbe da dire che forse non sono neanche troppo intelligenti quelli che si appoggiano senza criterio a questi servizi. La dimostrazione viene da quello che sta succedendo in un ambito molto delicato che ha a che fare con la giustizia.
Se usate l’intelligenza artificiale, rischiate il carcere: dovete lavorare
Online ogni tanto appare qualche scandalo legato all’utilizzo improprio dell’intelligenza artificiale: foto generate che non esistono di situazioni che non esistono, romanzi scritti e pubblicati con all’interno ancora i prompt copiati e incollati, poster e immagini più finti della plastica di certi ritocchi estetici.
Ma l’ultimo trend, estremamente pericoloso tra l’altro, riguarda un settore delle attività umane in cui invece l’occhio umano dovrebbe lavorare instancabilmente: la giustizia.
L’Alta Corte di Inghilterra e Galles ha dovuto ribadire che gli avvocati non possono arrivare in aula con testi scritti dalle intelligenze artificiali senza un accurato controllo della veridicità di ciò che c’è scritto nei testi che vengono proposti.
Perché questo ammonimento? Perché sono saltati fuori e continuano a saltare fuori processi in cui gli avvocati cercano di tagliare i costi e di stringere i tempi chiedendo alle intelligenze artificiali come ChatGPT di costruire le loro linee difensive o linee d’attacco.
Il problema è che le IA non hanno modo (sempre per il fatto che non ragionano) di distinguere ciò che è reale da quello che l’essere umano vuole sentirsi dire e, pur di produrre una risposta, inventano di sana pianta citazioni e processi.
Oltre a sembrare un lavoro raffazzonato, i giudici dell’Alta Corte hanno sottolineato che gli avvocati che non dovessero attenersi alle regole, e quindi se saltasse fuori che arringhe e citazioni contengono riferimenti che non esistono, incorreranno in sanzioni che vanno dagli ammonimenti pubblici fino alla denuncia alle forze dell’ordine.
Nel nostro Paese non sono ancora emersi casi di questo tipo, ma non fatichiamo a immaginare che nel futuro potrebbero emergere.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale, quindi, come predetto da alcuni, rischia soltanto di rendere più complicato il lavoro.
Questo perché se si commissiona a un’IA la stesura di una arringa che poi va controllata centimetro dopo centimetro, tanto vale eseguire da soli le ricerche e costruire il testo in autonomia. Qualcosa che vale per gli avvocati, ma non solo.