L’incubo post-umano di Bloober si concretizza con Cronos: The New Dawn: ecco la nostra recensione su PS5

Bloober Team ha quasi raggiunto la maggiore età e sembra essre diventata una fucina inesauribile di buonissimi prodotti all’interno di una nicchia, quella dei giochi horror, che ha fatto della qualità altalenante uno dei suoi cavalli di battaglia. Nonostante sia “tecnicamente” un genere più semplice nell’approccio rispetto ai giochi di ruolo, di giochi horror “brutti” ce ne sono veramente una montagna.

Fortunatamente Bloober è quasi sempre riuscita a schivare completamente questo problema, complice anche il suo concentrarsi su produzioni più legate a un buon livello di scrittura e aun gameplay essenziale che altro. Nel corso degli ultimi anni l’azienda ha poi sorpreso il mondo intero grazie al competentissimo remake di Silent Hill 2, considerato quasi in maniera unanime uno dei migliori 5 giochi horror della storia, da noi anche recensito con il giusto numero di lodi.

Cronos The New Dawn è il nuovo progetto della software house polacca ed è una nuova IP che, se il mercato ben recepisce, potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza per un brand particolarmente interessante.

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Il gioco, per di più, rappresenta il primo VERO passo della SH all’interno del mercato mainstream per i giochi horror, lasciando da parte i titoli dall’impronta psicologica che hanno fatto la fortuna dell’azienda durante i suoi primi dieci anni di vita. A confermarlo c’è proprio un’intervista del 2023 con il co-founder dell’azienda, Piotr Babieno, che parla di questa necessità di parlare a un pubblico più vasto rispetto al passato.

E quali sono stati gli ingredienti principali di questa transizione? A parlarne è stato il director Wojciech Piejk all’interno di un’altra intervista in cui parla di due giochi specifici, anzi tre: Dead Space, Alan Wake e Resident Evil

Un viaggio nel post-uomo

L'esterno dell'acciaieria in Cronos: The New Dawn
Un viaggio nel post-uomo (player.it)

Ripartiamo dall’inizio: Cronos: The New Dawn è un survival horror in terza persona in cui il giocatore interpreta un “viaggiatore”, ovvero un emissario di questa entità chiama “la collettività” che ha il compito di trovare il suo predecessore e continuare con il raggiungimento della “vocazione”, ovvero impedire che avvenga il mutamento.

Quest’ultimo è una catastrofe accaduta che ha decimato l’umanità e trasformato la terra in un mondo privo di vita, in piena post-apocalisse, con qualche rimasuglio di edifici cementizi a stagliarsi sopra un infinito cumulo di cenere e terriccio.

Per impedire il cambiamento i viaggiatori possono utilizzare le tecnologie avanzatissime in seno alla collettività per viaggiare indietro nel tempo e “salvare”, da alcuni luoghi chiave della Polonia anni ottanta, determinate figure; queste le promesse fatte al giocatore, un viaggio che dura una decina abbondante di ore da vivere tra un paio di piani temporali.

Come ogni catastrofe che si rispetti, però, il cambiamento non ha soltanto cambiato i connotati del pianeta terra ma ne ha anche “riscritto” gli abitanti, trasformandoli in creature ripugnanti a voler essere gentili.

Un momento di gameplay di Cronos: The New Dawn
Un viaggio nel post-uomo (player.it)

Gli orfani sono ammassi di carne che soltanto vagamente ricordano gli esseri umani e che, però, hanno la tendenza più umana di tutte: quella di far gruppo, anzi, di “unirsi”. Nel senso letteralmente del termine, eh. Un orfano è in grado di inglobare il cadavere di un suo simile per “evolvere” e diventare più grande e minaccioso, anche più volte se non tenuto a bada con il suo nemico naturale, ovvero il fuoco.

E pensare che in tutto questo le uniche figure “amichevoli” che incontreremo sono tutta una serie di gatti….

Tra colori e proiettili

La prima cosa che colpisce di Cronos è il suo comparto estetico/narrativo, in bilico tra il racconto della post-apocalisse e tutta una lunghissima serie di riferimenti all’horror muscolare e truculento degli anni ottanta (non a caso “La Cosa” di Carpenter è uno dei riferimenti estetici per alcuni elementi del videogioco.

Esplorando una vecchia acciaiera in Cronos: The New Dawn
Tra colori e proiettili (player.it)

Le avventure della nostra viaggiatrice cominciano in un “non luogo”, uno dei tanti che permeano le vie di Nuova Alba e che sentono pesantemente l’influenza dall’architettura brutalista ma anche dall’estetica post-sovietica che Internet ha reso nuovamente popolare nel corso degli ultimi dieci anni; gli edifici e le vie che ci ritroveremo a percorrere sono frattali di cemento e lamiere in cui si annidano le peggiori bestie e che possiamo navigare soltanto a patto di abituarci ad un buio profondo e abissale, da affrontare grazie alla nostra potente torcia.

Quando si esce alla luce del “sole”, se così vogliamo chiamarlo, ci troveremo però davanti a spettacolari giochi di luci derivanti dalle anomalie temporali che sono sparse per i luoghi che ci troveremo a esplorare.

In questo caso a farla da padrone sono luci dallo spropositato numero di Lumen che tingono l’esistente con colori iper-saturi, straniando quasi il giocatore che si è fatto venti minuti di navigazione al buio ma aiutando la costruzione di un atmosfera davvero impareggiabile.

Un palazzo spezzato a mezz'aria a Nuova Alba nel gioco Cronos: The New Dawn
Tra colori e proiettili (player.it)

A tutto questo poi si deve aggiungere un pesante alone di retrofuturismo che si può evincere nelle tecnologie impiegate dai nostri, o anche soltanto dallo scafandro con il quale è rivestito il nostro avatar, che riesce nell’avere una sua espressività nei movimenti e delle azioni anche sembrando quanto di più lontano possibile dall’umana specie.

Volendo invece parlare di gameplay è meglio invece mettere fin da subito le mani avanti: Cronos è un videogioco molto più difficile della media recente del genere, in quanto obbliga il giocatore a essere strategico nella scelte che fa e sopratutto nella gestione delle risorse.

Queste ultime sono centellinate nella mappa di gioco, e la loro scarsità in un certo senso “obbliga” il giocatore a interfacciarsi con l’esplorazione delle mappe di gioco, queste abbastanza in linea per dimensioni e struttura con quanto fatto nei remake di Resident Evil, per capirci.

L’esplorazione è poi intervallata da tutta una serie di semplici enigmi che si risolvono nel giro di qualche chiave o codice sparso in giro e che spezzano un po’ il ritmo, dando modo al giocatore di riprendere il fiato; a quest’ultimo scopo arriva poi anche l’intelligente level design delle mappe che costella le ambientazioni di “safe zone” in cui poter un attimo fare il punto della situazione, tra gestione dell’inventario, armi da potenziare e punti di salvataggio.

L’elemento centrale dell’esperienza è rappresentano dal sistema di combattimento: quello di un third person shooter molto ragionato e molto “pesante”, in cui la gestione del campo di battaglia è fondamentale per evitare che la situazione deragli rapidamente verso la dipartita del giocatore.

La viaggiatrice in Cronos: The New Dawn
Tra colori e proiettili (player.it)

Questo perché, come abbiamo detto prima, gli orfani hanno la terribile caratteristica di “fondersi tra di loro” anche e sopratutto se uno di questi non è più in vita; per eliminare un cadavere dal campo di battaglia è fondamentale bruciarlo utilizzando un arma dedicata o uno dei tanti elementi esplosivi sopravvissuti al mutamento descritto nella storia.

Semmai un orfano si dovesse fondere con un altro, ci ritroveremmo a combattere una creatura estremamente più forte e pericolosa, in grado di eliminarci con un singolo colpo ben assestato e che, per di più, può sempre fondersi ancora una volta diventando ancora più pericolosa.

Ultimo dettaglio non da poco: alcuni orfani hanno abilità speciali, come poter attaccare a distanza o poter generare pozze di acido; se utilizzati per una fusione, l’orfano risultante avrà ANCHE queste sopracitate abilità.

Una scritta su un muro in Cronos: The New Dawn
Tra colori e proiettili (player.it)

Rispetto ai tradizionali zombie/necromorfi, giusto per tornare ai dichiarati riferimenti del gioco, gli orfani sono decisamente più coriacei e pericolosi e fortunatamente l’arsenale del gioco, nelle sue limitazioni, offre comunque il necessario. Tanto per cominciare, ogni arma ha due diverse tipologie di fuoco: una tradizionale e un colpo caricato, che è decisamente più potente (man che lento nel rendersi disponibile al giocatore); i colpi caricati, oltre a fare più danni, permettono anche di stordire brevemente gli orfani, cosa che è fondamentale durante il processo di assimilazione dei propri simili.

Tenendo sempre a mente che le munizioni sono più scarse che mai, saper calibrare i propri colpi e scegliere quando utilizzare ogni singola arma è più importante che mai, facendo quasi passare in secondo piano l’importanza della mira (cosa che rimane fondamentale per la buona riuscita della partita).

Una mano ulteriore al giocatore viene dato dal sistema di “essenze”, ovvero buff passivi che si possono ottenere esplorando e “estraendo” le personalità da alcune delle figure nominate all’interno della narrativa del gioco, con risvolti di trama che però non vi stiamo ad approfondire.

Tutti i dettagli dell’incubo

Non ci rimane altro che parlare di ciò che è prettamente tecnico in Cronos, tra impianto grafico e sonoro. Il sound design è di altissimo livello, con una cura maniacale riposta nel creare tutta una serie di indizi sonori per suggerire al giocatore la presenza di una o più creature, e una buonissima colonna sonora d’accompagnamento che però fa capolino soltanto nei momenti più narrativi o nel momento in cui si arriva all’interno di una safe room.

L’impianto grafico, invece, si appoggia sulle gambe del tanto chiacchierato Unreal Engine 5 e nella nostra prova su PS5 base si è comportato in maniera egregia, con 30 FPS stabili in modalità qualità e 60 FPS in modalità prestazioni, con qualche fisiologico calo nelle situazioni più indemoniate (e nelle ambientazioni più ricche di dettagli). Inutile dirlo, ma il colpo d’occhio è veramente notevolissimo, complice anche il comparto estetico che aiuta nel presentare un mondo di gioco che sa lasciare a occhi aperti per la crudezza con la quale presenta situazioni, luoghi e atmosfere; davvero poco di cui lamentarsi: questa è la migliore prestazioni di Bloober in questo campo.

Dov’è quindi che Cronos non funziona? A doverci lamentare, oltre che in una traduzione italiana con qualche dissonanza nella terminologia, non potremmo far altro che parlare dei “dungeon” che cercano sempre di andare davvero per le lunghe, obbligando il giocatore a scarpinate interminabili nel buio per recuperare “quella chiave” “quel codice” “quella cosa” e così via; il ritmo finale è quindi “diluito” rispetto l’esperienza ideale ma è un difetto di poco conto nell’economia complessiva. Meno bene con il posizionamento dei checkpoint, invece, che non sono equamente distribuiti nelle varie zone e che possono costringere il giocatore a una decina di minuti di gameplay buttato in caso di morte accidentale (e fidatevi che può accadere, complice anche la malvagità degli sviluppatori nella gestione degli incontri con i mob).

Conclusioni

Cronos: The New Dawn può vantare un comparto tecnico di tutto rispetto al servizio di un mondo terrorizzante e affascinante allo stesso tempo, dove si muovono creature orribili e sinceramente pericolose. Nel dipanarsi di una narrativa che fa l’occhiolino a un certo miscuglio di horror e fantascienza, la storia dei viaggiatori e del collettivo tiene duro abbastanza da accompagnare il giocatore lungo le quindici ore di durata del gioco, per un prodotto finale di rilievo in grado di farsi strada come il miglior gioco horror ad alto budget uscito fuori nel 2025.

Voto finale: 8.5