FLASHBACK: Tekken, vent’anni tra l’arcade e la console – Parte 2

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I primi due capitoli segnarono un cambio di rotta nettissimo nel mondo dei picchiaduro. Cosa faranno terzo e quarto?

Parte 2 – Motion Cap, Draghetti Flatulenti e Rivoluzioni

Due giochi, due hit. Nell’arco di due anni, Namco si impone su un mercato pieno nomi grossi e affermati e lo fa con due giochi da record. E se è vero che tre indizi fanno una prova, Tekken 3 è l’indizio schiacciante della direzione che il mondo dei picchiaduro è destinato a prendere. Ormai appurato che la terza dimensione è diventato lo standard verso cui tutti gli sviluppatori si stanno muovendo – lo stesso anno viene rilasciato Mortal Kombat 4, il primo capitolo tridimensionale – Tekken 3 rimescola però le carte nel proprio mazzo. Non si siede sugli allori e pur non cambiando formula, rivoluziona il roster togliendo personaggi storici – tra cui uno dei protagonisti – e aggiungendo facce nuove, manda avanti la timeline di vent’anni, da un tocco di no-sense tra modalità da riviera romagnola e draghetti diversamente alti e soprattutto fa dono ai propri personaggi di movimenti più fluidi e realistici, tramite una forma ancora un po’ embrionale di motion capture.

Rilasciato a Marzo del 1997 in cabinato, Tekken 3 gira su una scheda denominata System 12, una versione migliorata della scheda basata sull’architettura di Playstation su cui giravano i due titoli precedenti, e mostra un netto miglioramento nella fluidità dei movimenti e del gioco stesso, una grafica più dettagliata sia per quanto riguarda i poligoni dei personaggi che delle arene e una nuova meccanica di dodge che enfatizza la schivata laterale più che la parata. Viene nerfato inoltre il salto, così che i personaggi non possano più saltare verso l’infinito e oltre come se ci fosse la gravità lunare invece che quella terrestre. Per il resto, il gameplay resta invariato, la modalità arcade è quella e non viene minimamente toccata.

Cambia invece il roster dei personaggi, che riceve un makeover estremo, con ben quindici personaggi nuovi e solo sette che ritornano dal secondo capitolo. Alcuni di questi hanno legami molto stretti con quelli scomparsi, come il protagonista Jin Kazama, figlio di Kazuya e Jun, o Hworang in quanto studente del maestro di Taekwondo Baek, altri invece sono facce completamente nuove, come Bryan Fury, Ling Xiaoyu e Eddy Gordo. Ci sono anche personaggi che a dispetto dei vent’anni trascorsi tra il secondo e il terzo Torneo Tekken non sentono il peso dell’età, come l’agente segreta Nina e sua sorella Anna, criogenicamente conservate e “scongelate” all’occorrenza tanto che per loro non sembra passato neanche un giorno. Vedere tante facce nuove appena messo dentro il gettone è un po’ uno shock, preannunciato però dal bel faccione di Jin stampato sui lati del cabinato, ma è forse questa la forza dirompente di questo terzo capitolo: non si siede, non si ferma, non si fossilizza su personaggi ormai noti e arcinoti. Cambia addirittura il cattivone finale. Non più uno dei Mishima, bensì un’entità soprannaturale che da solo occupa quasi metà dello schermo.

E tutti i personaggi, vecchi e nuovi, ricevono in dono dal nuovo sistema movimenti e mosse più fluide, donate non solo dalla bravura degli animatori che hanno preparato le animazioni scheletriche a mano, ma anche dalla già citata motion capture. Eddy Gordo infatti, il nuovo personaggio giunto dal Brasile e diventato in fretta il simbolo di Tekken 3 anche grazie alla sua grande giocabilità, prende le sue movenze da un maestro di Capoeira, Marcelo Pereira. Pur non diventando la maggior fonte per le animazioni della serie Tekken, l’uso della motion capture per Eddy ha permesso agli animatori di traslare un’arte marziale molto complessa e fluida su schermo. E con Eddy, il button mashing è servito.

Ma non c’è solo posto per Eddy e nuove tecniche utilizzate per crearne i movimenti, c’è il posto anche per un po’ di no sense in Tekken 3, a partire dall’inserimento nel roster della versione Playstation del piccolo Gon, un dinosaurino protagonista di una serie di manga di successo in Giappone che sbuca dal nulla come personaggio sbloccabile e si stampa indelebilmente nella memoria collettiva dei videogiocatori.

Controlli precisi, grafica ben oltre le aspettative, una lore in continua espansione che si arricchisce ad ogni capitolo di dettagli ed eventi interessanti e, in salsa tipicamente giapponese, esagerati all’inverosimile, rendono Tekken 3 uno dei giochi migliori mai realizzati, e tutt’ora viene nominato in numerose liste dei giochi migliori mai realizzati secondo questa e quella testata. E ci entra di diritto! Con uno score su Metacritic del 96% sia per la versione arcade che per la versione Playstation – che compensa il downgrade grafico con l’aggiunta di modalità nuove come Tekken Force, un beat ‘em up a scorrimento, e Tekken Bowl – Tekken 3 è effettivamente uno dei giochi che più si avvicinano allo score perfetto, ed è forse il miglior picchiaduro tridimensionale mai realizzato. E se la critica lo ha ricevuto in maniera più che positiva, provate a chiedere ad un trentenne cosa ne pensa di Tekken 3. Probabilmente vi dirà che automaticamente, quando pensa a Tekken, pensa al terzo capitolo, neanche l’avesse marchiato a fuoco nella propria memoria.

Campione di incassi oltre che di voti, Tekken 3 è il secondo videogame picchiaduro più venduto, preceduto sul podio solo da Super Smash Bros Brawl, e anche oggi è giocabile e godibilissimo, se avete una Playstation che ancora funziona oppure se trovate una sala giochi che ancora ce l’ha, magari in un angolo, potrete notare come Tekken 3 sia invecchiato egregiamente, e sia fonte di tante gioie e altrettante frustrazioni. Perchè Eddy sarà anche il salvatore del button masher, ma se vi scontrate contro una persona che lo sa usare bene rischiate grosso.

Forti quindi di un terzo capitolo di enorme successo che segna la terza hit di fila per la saga, Namco ci pensa un attimo prima di rilasciare il prossimo capitolo che porti avanti la storia di Tekken, e si dedica allo sviluppo del capitolo off-canon Tekken Tag Tournament, di cui parleremo in un articolo a parte.

Tre anni dopo l’uscita di Tekken 3, Namco torna nelle sale giochi di tutto il mondo con Tekken 4, altro capitolo che ha rivoluzionato la saga facendo il primo passo verso quello che è Tekken ora. Rilasciato sul Namco System 246, una scheda basata sull’hardware di Playstation 2, Tekken 4 è un’ulteriore nuova mano di vernice che su un muro già riccamente decorato.

Con un hardware nettamente più potente a disposizione, il team di sviluppo si prende dei rischi e rifà il look al gioco e, di nuovo, al roster. Ventitre personaggi giocabili, tre grandi ritorni da Tekken 2, e sei nuovi volti si scontrano nel quarto torneo del pugno di ferro e hanno un aspetto sempre meno poligonale e sempre più umano, la la vera rivoluzione sono le arene.

Tekken 4 segna la fine delle arene bidimensionali e infinite introducendo limiti e confini, ma non solo: gli stage diventano interagibili, in quanto sarà possibile spingere l’avversario – e ovviamente essere spinti da essi – contro il muro e iniziare una serie di combo difficile da schivare o fermare proprio perchè con le spalle al muro, si potranno distruggere oggetti e cadute a terra molto pesanti, come quelle che risultano da certe mosse speciali, lasceranno il segno (seppur solo per il tempo dello stage) su pavimenti, colonne e in certi casi automobili. Anche i costumi diventano interattivi. Basti pensare al costume base di Jin, che comprende il cappuccio della felpa alzato a coprirgli il volto, determinati movimenti faranno abbassare il cappuccio per mostrargli il viso. Steve Fox, uno dei personaggi nuovi, indossa una camicia aperta in uno dei costumi e i lembi si muovono. Inoltre, per la prima volta, vediamo Paul senza i quintali di gel che gli tenevano i capelli in posizioni impossibili ma sciolti e fluenti come in una pubblicità di un prodotto per capelli.

Se la trilogia per la prima Playstation racconta l’ascesa di Kazuya e la sconfitta di Heihachi, per poi segnare la sconfitta del primo e la rivincita del secondo che si vede poi mettere dei bastoni belli grossi fra le ruote dal nipote, questa nuova era di Tekken vede come protagonista incontrastato Jin Kazama, scomparso dopo il terzo capitolo, e la sua lotta contro la Mishima Corporation e il Gene Del Diavolo.

Certo, Namco si prese parecchi rischi, non è passato troppo tempo dall’uscita Tekken Tag Tournament e la formula inizia ad essere ripetitiva, tanto che se uno va a vedere la critica, il metascore è nettamente più basso, seppur comunque più che buono, ma viene fatto notare come nonostante le novità e la grafica migliorata, Tekken 4 non offra molto di più dei capitoli precedenti, pur rimanendo un gioco solido e divertente anche a lungo andare. Ciononostante, anche Tekken 4 si rivela essere un successo sia su piattaforma arcade che come vendite per Playstation 2, superando agevolmente il milione di copie in relativamente poco tempo.

Si dovrà attendere ancora qualche anno per vedere un nuovo Tekken, ma la serie è ormai affermata ed è entrata di prepotenza nell’Olimpo dei giochi di combattimento e non sembra intenzionato ad andarsene.