Get Even – Recensione

Articolo a cura di Gianluca “DottorKillex”Arena

Intrigante, diverso dal solito, ambizioso, sono solamente alcuni degli aggettivi che potrebbero qualificare Get Even, nuova proprietà intellettuale su cui Bandai Namco ha scommesso: sviluppata dai ragazzi di The Farm 51, team polacco giovane ma che ingloba elementi navigati dell’industria, questo sparatutto in prima persona pone grande enfasi sulla narrazione e sulle scelte del giocatore, rallentando i ritmi del genere di riferimento e ponendosi obiettivi inconsueti. Lo abbiamo provato a fondo per voi in versione PS4 e siamo pronti a dirvi cosa ne pensiamo. 

Nella testa di Cole Black

L’arco narrativo, o sarebbe meglio dire il cerchio, visto che la vicenda si apre e chiude nella testa di Cole Black, protagonista della vicenda ed alter ego del giocatore a schermo, è quanto mai ingarbugliato e misterioso, e utilizza brillantemente un espediente narrativo abusato ma sempre efficace, ovvero quello di mettere il giocatore ed il suo avatar nella medesima condizione di ignoranza degli eventi.

Cole Black è, apparentemente, un mercenario, un fucile al soldo del miglior offerente, impegnato inizialmente in un’ardua missione di salvataggio di un ostaggio, che funge anche da tutorial: al collo della malcapitata ragazza sequestrata è stata vincolata una bomba, della quale Cole sembra riuscire ad evitare l’esplosione.

“Sembra”, però, è il verbo chiave in Get Even: non è mai davvero chiaro quanto sia reale ciò che il giocatore vede attraverso gli occhi di Cole, soprattutto quando quest’ultimo si risveglia un paio di giorni dopo la missione di salvataggio (nel giugno del 2015) con uno strano aggeggio collegato alla testa, all’interno di quello che sembra un manicomio in disuso.

Per evitare fastidiosi e quantomai inopportuni spoiler, ci fermiamo qui, ma se vi sembra che la trama sia confusa e criptica non siete lontani dalla realtà dei fatti, quantomeno per tutta la prima parte dell’avventura: come un appassionato di puzzle che mette via prima i pezzi della cornice, il giocatore colleziona indizi, registrazioni, informazioni testuali e documenti su cosa sia realmente accaduto e questi, ad un primo sguardo, non sembrano avere alcuna connessione tra loro.

Con il passare delle ore, pian piano, l’intreccio si svela, mantenendo comunque un’aura di mistero fino alle battute finali, tra false piste, mezze verità e tranelli più o meno celati: sebbene alcuni dei temi trattati non siano esattamente nuovi per il medium, la trama del prodotto sviluppato da Farm 51, inizialmente lenta e confusionaria, diviene progressivamente uno dei punti di forza della produzione, nonostante un paio di domande rimangano irrisolte allo scorrere dei titoli di coda.

Come vedremo in seguito nel paragrafo dedicato alle meccaniche di gioco, Get Even è molto più a suo agio quando deve raccontare una storia, i dilemmi dei suoi personaggi e le emozioni anche forti che ne scaturiscono che non quando deve intrattenere a livello ludico il giocatore: probabilmente il team di sviluppo non si è fidato fino in fondo della forza della sua sceneggiatura

Ma come si gioca?

Il gameplay di Get Even è fondamentalmente diviso in due sezioni, quelle di investigazione e quelle di shooting, che si intersecano e si alternano nel corso delle missioni, condividendo tanto la visuale in prima persona quanto alcuni limiti intrinseci, che impediscono alla produzione di ambire ad un voto ancora più alto.

A nostro avviso, il team di sviluppo non si è fidato fino in fondo della solidità dell’impalcatura narrativa del suo prodotto, preferendo alternare le fasi più spiccatamente esplorative con altre tipiche degli sparatutto che però, nonostante l’introduzione di un gadget molto interessante come la corner gun, si rivelano da subito come l’anello più debole della catena.

Ma andiamo con ordine: nella maggioranza dei casi, il giocatore si troverà nei panni di Cole, e dovrà sfruttare sapientemente le funzioni più avanzate del suo smartphone per fare luce sui numerosi nodi narrativi della trama: oltre alla canonica torcia, sarà possibile visualizzare le fonti di calore, così da osservare la disposizione dei nemici anche al di là di muri e altri ostacoli, e anche servirsi di raggi ultravioletti, utili a rinvenire impronte digitali ed altre tracce organiche.

Sebbene il percorso da seguire sia perlopiù uno solo e, come tutti i titoli spiccatamente narrativi, il giocatore si senta spesso guidato dagli eventi stessi, le fasi di investigazione funzionano, anche perché, con una tecnica resa immortale dallo splendido Memento di Christopher Nolan, il giocatore ottiene frammenti di fatti e ricordi un pezzettino alla volta, spesso in ordine errato, e dovrà fare quindi un grande lavoro per ricomporre una mappa mentale delle vicende.

Se Get Even si fosse fermato qui, insomma, rimanendo un’avventura in prima persona a forti tinte narrative, non avrebbe evidenziato particolari debolezze

E invece, forse per andare incontro alle tendenze del mercato o per abbracciare un pubblico molto più ampio di quello dei cosiddetti “walking simulator”, Farm 51 ha inserito numerose fasi shooting, durante le quali ha dimostrato, purtroppo, di non essere a suo agio come dal punto di vista dell’intreccio.

La scarsità di bocche da fuoco, l’imprecisione delle hitbox, lo scarsissimo senso di pesantezza dei colpi (tanto inferti quanto incassati) e l’altalenante livello di difficoltà impoveriscono queste fasi, e, passata la meraviglia per la brillante trovata della corner gun, ci siamo sorpresi a sperare che durassero sempre meno man mano che l’avventura progrediva.

La corner gun sfrutta una peculiare combinazione di un’arma leggera a scelta (come pistole e mitragliette) con lo schermo dello smartphone di Cole, garantendogli di vedere e di sparare oltre gli angoli, con un’ampiezza visuale altrimenti impossibile.

Speriamo di rivedere quest’arma (o soluzioni simili) in titoli futuri, perché, in mano ad un team che vanta maggiore esperienza con gli sparatutto, quest’idea potrebbe riscuotere molto più successo. 

Gli anni dell’Unreal Engine

Get Even gira su una versione modificata dell’Unreal Engine, motore famoso per la sua solidità ma non per la spettacolarità dei suoi scorci, anche perché è sul mercato da diversi anni: la scelta del team di sviluppo appare conservativa, improntata alla semplicità d’uso e alla leggerezza del motore piuttosto che alla qualità della cosmesi finale, e l’impatto visivo del loro prodotto finisce con il risentirne.

I modelli dei personaggi, la conta poligonale, il livello di dettaglio sono tutti sufficienti, ma su PS4 (versione da noi testata) il prodotto non si distingue mai dalla massa, proponendo ambienti spesso riciclati, barriere invisibili nelle sezioni all’aperto, texture caricate con ritardo e numerosi artefatti grafici, soprattutto durante le scene notturne.

Questa povertà grafica permette, quantomeno, una notevole stabilità del framerate, che non ha mai mostrato cali durante le scene più affollate, ma solo qualche micro-rallentamento in prossimità di salvataggi automatici e caricamenti di nuove aree di gioco.

A proposito di questi ultimi, li abbiamo trovati estremamente lunghi, anche se va annotato come caricavamo il gioco da disco in fase di test, e quindi la situazione potrebbe migliorare in caso di download digitale.

Dove, invece, Get Even esce dal seminato e si fa notare è nel comparto audio, tanto nell’eccellente sound design, quanto per la qualità della colonna sonora: il primo restituisce sempre una sensazione di incertezza, di tensione, tenendo il giocatore sulle spine anche durante sequenze apparentemente tranquille, con il tocco di classe del respiro affannoso del protagonista quando ci sono nemici in prossimità.

Mai come questa volta consigliamo l’utilizzo di un buon paio di cuffie per godere al meglio del lavoro degli sviluppatori.

Ci è piaciuta molto anche la colonna sonora, che propone motivi sempre appropriati al contesto e un paio di tracce cantate estremamente orecchiabili, con una menzione particolare per quella che accompagna i crediti finali, che si estende per tutta la sua durata dopo aver fatto capolino durante una precedente sessione di gioco.

Meno bene, ma comunque più che positivo, il doppiaggio: a nuocere è l’alternanza tra voci con uno spiccato accento inglese, credibili vista l’ambientazione delle vicende, ed altre che sono evidentemente non madre lingua, e parlano in maniera stentata ed appesantita la lingua della Regina: probabilmente i fondi a disposizione erano limitati, e si è dovuto fare di necessità virtù per le voci degli NPC meno importanti.

Di certo, visto il gusto dimostrato per quanto concerne il comparto sonoro, la speranza è che ai ragazzi di The Farm 51 sia concessa una seconda possibilità, con magari un budget diverso a disposizione.

Commento finale

Per quanto sembri un paradosso, Get Even è un esperimento narrativo riuscito ma, al contempo, uno sparatutto appena sufficiente: siamo convinti che, se il team di sviluppo avesse avuto il coraggio di tirare dritto per la sua strada e concentrarsi sulle fasi puramente investigative, il risultato finale sarebbe stato più gradevole, soprattutto dal punto di vista del ritmo.

Anche così com’è, comunque, il titolo Bandai Namco potrebbe soddisfare tutti coloro che cercano una storia fuori dal comune, con personaggi ben scritti e un paio di colpi di scena molto ben orchestrati: solo, non aspettatevi che insieme ad una bella trama troverete anche uno sparatutto all’altezza dei migliori sul mercato.