One Piece: Burning Blood – Recensione

Recensione di Domenico De Rosa

Dopo tanti musou-game, era da parecchio tempo che attendevamo l’arrivo su console next-gen di un picchiaduro incentrato su One Piece fatto come si deve. Tale attesa è stata premiata con l’arrivo di One Piece: Burning Blood, gioco che racchiude in sé la carica adrenalinica che solo l’omonimo manga/anima sa dare. Lo studio Spike Chunsoft, a cui Bandai Namco ha affidato lo sviluppo del titolo, ha dedicato anima e corpo per regalarci forse quello che a livello tecnico può essere definito uno dei migliori picchiaduro che c’è in circolazione.

Che la battaglia abbia inizio

Burning Blood è stato realizzato con la tecnica del cel-shaded e questo ha permesso di presentare una veste grafica che rispecchia fedelmente la controparte animata, sia nel gameplay, sia durante le cut-scene, anche quest’ultime abbastanza fedeli all’anime. Ciò che invece è stato curato nei minimi particolari è la riproduzione dei personaggi, delle loro tecniche e dei loro poteri, che si tratti dei frutti del Diavolo oppure dell’Haki (ambizione). Questi ultimi sono una delle feature principali del gioco e garantiranno varietà al gameplay e allo stile di combattimento dei vari personaggi. Chi ha ingerito un “Rogia” può usare il suo potere per evitare i colpi dei nemici, ma tale potere potrà essere neutralizzato dagli avversari che invece padroneggiano l’Haki, presente in tutte le sue forme, tra cui quella del “Re Conquistatore”. Inoltre, così come accade in One Piece, anche nel gioco ciascun tipo di “frutto” avrà i suoi vantaggi e i suoi svantaggi contro gli altri tipi: ad esempio, il Rogia di Portgas D. Ace sarà efficace contro tutti i personaggi, ma nulla potrà contro i poteri di Akainu, oppure, i fulmini di Ener saranno del tutto inefficaci su Rufy, infliggendo solo un quantitativo minimo di danni. I fan dell’anime andranno sicuramente in visibilio per questa meccanica.

One Piece: Burning Blood presenta molte modalità di gioco: la principale è sicuramente la Guerra Suprema e a mio avviso, è quella che purtroppo delude di più. Tale modalità si svolge nell’arco narrativo della sola guerra di Marineford ed è divisa in quattro episodi con protagonisti Monkey D. Rufy, Ace, Barbabianca e l’ammiraglio Akainu. Se dunque vi aspettavate di affrontare battaglie nel Nuovo Mondo, resterete totalmente delusi. Tutti e quattro gli episodi sono divisi in capitoli principali ed extra (questi ultimi utili per sbloccare alcuni personaggi). Ogni battaglia deve essere affrontata seguendo determinate condizioni di vittoria, che possono essere o la sconfitta dell’avversario, oppure quella di resistere per alcuni secondi agli assalti nemici. La difficoltà degli incontri varia a seconda del combattimento: quando le cose si fanno più dure, gli avversari oltre ad avere una resistenza superiore, saranno più aggressivi e si difenderanno a ogni nostro attacco. Purtroppo si tratta di una modalità di gioco estremamente breve e soprattutto ripetitiva. In pochissime ore infatti, ci ritroveremo ad aver completato una delle modalità principali del titolo.

Online è più divertente

L’altra modalità che può essere considerata come una della principali è l’innovativa Bandiera Pirata. Si tratta di una modalità online che aggiunge allo stile picchiaduro anche delle meccaniche di tipo strategico. Parliamo di una vera e propria guerra tra fazioni dove, dopo aver scelto la bandiera per cui combattere, ovvero a quale ciurma di pirati volerci accasare, ci ritroveremo immersi nell’immensa mappa del mondo di One Piece. Qui, muovendoci tra le varie isole, dovremo affrontare battaglie contro la CPU o contro altri personaggi appartenenti a fazioni opposte. La nostra vittoria porterà punti preziosi alla nostra fazione, che potrebbero risultare determinanti alla fine della stagione, quando verrà poi decretata la fazione vincitrice. A differenza della Guerra Suprema, le battaglie contro la CPU sono estremamente dure da affrontare e difficili da vincere. La mappa è formata da tante isole, unite da una serie di rotte percorribili spendendo i punti Logpose a nostra disposizione. Con i server occidentali ancora vuoti, non è stato possibile trovare giocatori in carne e ossa da sfidare.

Altra modalità particolare è sicuramente la Vs Ricercato, che permette di affrontare una serie di battaglie di difficoltà diverse contro alcuni ricercati, suddivisi in taglie da riscuotere. Le taglie normali permettono di comporre il team a nostro piacimento, mentre gli “avvisi speciali” consisteranno in sfide con personaggi pre-selezionati dal gioco. Ovviamente, è possibile giocare le classiche battaglie libere contro la CPU oppure un secondo personaggio. Questa è forse la modalità più adrenalinica presente in Burning Blood: i giocatori potranno infatti effettuare delle epiche battaglie addirittura schierando in campo team composti da nove personaggi ciascuno, mettendo in scena combattimenti epici, ma al tempo stesso estenuanti. Infine, è possibile affrontare anche dei match online contro altri utenti, sia normali che classificati. Purtroppo, sempre per la questione dei server, non è stato possibile trovare un degno avversario.

Sistema di combattimento quasi impeccabile

Il punto forte del picchiaduro è sicuramente il sistema di combattimento, non molto complesso ma al tempo stesso ricco di mosse, tecniche speciali e finali. La mappatura dei comandi aiuta molto i giocatori ad approcciarsi al combattimento, dato che le mosse più complesse richiederanno la pressione di soli due tasti sul controller. Ciò che lascia a bocca aperta è il ritmo dei combattimenti, che grazie al succoso arsenale di tecniche permette di esibirsi in spettacolari match, da approcciare in base all’avversario che ci ritroviamo davanti. Affrontare un personaggio con potere “Rogia” richiede un minimo di strategia, perché i nostri colpi potrebbero essere neutralizzati dai poteri del frutto, per fortuna limitati. L’unica pecca riscontrata nel combattimento non è tanto il sistema un po’ legnoso in alcune circostanze, ma la meccanica difensiva di ogni personaggio, praticamente invulnerabili quando si difendono. L’unico modo per spezzare la difesa è (scusate la ripetizione) lo spezza-difesa, talmente lenta come mossa che l’avversario avrà tutto il tempo di passare dalla difesa all’attacco e infliggere un ammontare di danni stratosferico e senza possibilità di difenderci.

La tipologia di match 3 contro 3 è l’altro punto forte di One Piece Burning Blood: il ricco roster del gioco, composto da personaggi principali e quelli di supporto, permette di creare squadre sempre diverse, mischiando i vari poteri derivanti da frutti del Diavolo, Haki e non. Durante il combattimento è possibile sostituire un personaggio per fargli recuperare energie ma soprattutto, effettuare attacchi combinati e accorrere in difesa di un alleato generando attacchi-compo pazzeschi. Anche i personaggi di supporto fanno a dovere la loro parte, sebbene si tratti di brevi azioni passive che garantiranno bonus specifici durante l’incontro. I combattenti possono essere sbloccati durante la Guerra Suprema, oppure acquistasti nel negozio usando i Berry ottenuti in battaglia.

Per concludere

One Piece: Burning Blood è dunque un gioco ricco di modalità, che non lascerà mai gli utenti annoiati e privi di cose da fare. L’unico peccato commesso dagli sviluppatori è stato quello di dare poca rilevanza alle vicende narrate nella seconda parte dell’anime. Comunque, ci troviamo tra le mani uno dei picchiaduro più frenetici e adrenalinici che ci sono in circolazione. Immergersi in esso equivale a vivere sulla propria pelle le avventure piratesche dell’universo di One Piece. Non acquistarlo, soprattutto da parte dei fan della serie, sarebbe davvero un peccato mortale. Che dire se non… Gomu Gomu Nooooooooooooooooooooooooo!