Ospite al podcast di Joe Rogan, il CE di Nvidia ha parlato di quando la società venne “salvata” dalla celebre compagnia videoludica giapponese SEGA.
Essere dei pionieri significa vedere il progresso dove altri vedono strumenti inutilmente complessi. Riuscire a identificare in una nuova tecnologia il seme di ciò che potrà essere il futuro di un determinato settore, è qualcosa di estremamente complicato e che rischia di muoversi su campi speculativi e non sempre efficaci. A volte però, la lungimiranza paga, come nel caso di NVIDIA.

NIVIDIA oggi rappresenta una delle aziende tech più ricche al mondo, una di quelle aziende da cui dipendono davvero le sorti di gran parte del mercato, vista l’influenza che ha nella costruzione e distribuzione di componentistica essenziale per il gaming e non solo. Ma come si potrebbe immaginare, la situazione non è stata sempre rosea come adesso e a ricordare i tempi più bui è stato Jensen Huang, CEO e fondatore di NVIDIA, che ha voluto ricordare un passaggio importantissimo nella storia della società.
Come SEGA ha salvato NVIDIA
Durante una puntata del podcast Joe Rogan Experience, Jensen Huang ha raccontato un episodio del passato che avrebbe segnato per sempre la storia di NVIDIA. Huang ha raccontato di quando, ormai quasi 33 anni fa, insieme agli amici Chris Malachowsky e Curtis Priem, fondarono la compagnia, con in testa quella che parse all’epoca “una buona idea”, ma che presentò subito alcune problematiche.
Hunag racconta di come, dopo aver fondato la compagnia, il team si rese conto del fatto che anche se gli hardware sviluppati potevano essere di livello, nel 1993 le problematiche da risolvere erano già a portata di normali computer in commercio, perché in fondo “se un normale computer non può risolverle, perché l’applicazione dovrebbe esistere?”.
Ed è questo punto che SEGA entra nell’equazione: all’epoca infatti, Nvidia stava portando avanti nuovi sistemi pensati per il rendering grafico 3D e proprio la celebre software house giapponese era al lavoro su una serie di progetti, come per esempio Virtua Fighter, che iniziavano a sfruttare la grafica 3D in ambito videoludico (che all’epoca si muoveva soprattutto entro le due dimensioni). Come raccontato anche nella biografia a opera di Tae Kim The Nvidia Way: Jensen Huang and the making of a tech giant, i vertici di Sega rimasero impressionati dal chip NV1, mostrato durante uno showcase.
A quel punto, Huang racconta dell’incontro avvenuto con i vertici di Sega, con l’intento di convincerli a investire ben 5 milioni di dollari sulla tecnologia di Nvidia. Un investimento importante, che avrebbe potuto significare credere in Nvidia o firmarne il fallimento. E le cose non andarono benissimo. La tecnologia sviluppata da Nvidia non andava bene e risultava già obsoleta e fu a quel punto che Huang ebbe un’idea.
Sfruttò infatti una clausola che garantiva 1 milione di dollari alla compagnia, se fosse riuscita a costruire un processore funzionante su una scheda madre che fosse la riproduzione esatta della scheda madre contenuta nel Sega Genesis e nel Mega Drive. Quel chip era l’NV2, che non venne mai utilizzato sulle console di Sega, ma che permise di continuare lo sviluppo: tra gente licenziata, team ridimensionato e quella piccola significativa entrata, Nvidia progettò il chip NV3 (noto anche come Riva 128) che grazie alla potenza e alla velocità fuori dal comune, vendette abbastanza bene, tanto da permettere all’azienda di continuare a esistere. Il resto, come si suol dire, è storia.
