Obscure The Aftermath: Recensione

Recensione di Fabiano “Deimos” Zaino

Il gioco è disponibile per PSP e Wii, la versione testa è quella per PSP.

Oscurità e terrore sono due degli elementi legati da sempre per il filone degli horror.
Ed è il genere horror che torna a fare capolino nella piccola di casa Sony, in formato PSP viene lanciato sul mercato un gioco che ha avuto modo di comparire sia su PC che su Wii, sto parlando di Obscure, qui seguito dal nominativo di The Aftermath.

TERRORE NEI COLLEGE AMERICANI
Altro filone horror che da qualche anno a questa parte ha preso il sopravvento è quello soprannominato “teens blood” – in parole povere, prendete una manciata di adolescenti e sbatteteli in una situazione di terrore puro per vedere come se la caveranno: le scenografie di questi film sono spesso ambientato nelle foreste o ancor di più nei college americani dove sembra si manifestino forse oscure o occulte in quantità industriale. Anche The Aftermath appartiene a questa seconda categoria e la storia ci racconterà di come un gruppo di amici che frequentano la stessa università di Fallcreek (nome originale), si vedrà coinvolta nello scoprire un misterioso fiore nero capace di dare ossessione a livelli allucinogeni. E qui parte l’orrenda vicenda in cui controlleremo un massimo di due giocatori per volta mentre cercheremo con solo le nostre forze e la nostra astuzia di sopravvivere a orrori mortali. Chi ha già avuto modo di giocare su altre piattaforme a questo Obscure, conoscerà di certo le dinamiche del gameplay che in poche parole si muove nella direzione del controllo di due studenti su cinque, ognuno dotato delle sue capacità intellettuali: chi è intelligente, chi è forte, chi sa scassinare le serrature e via di questo passo. Gli enigmi sono più o meno sempre gli stessi del genere survival, avremo quindi delle armi a portata di mano e dovremo uccidere creature bavose mentre cercheremo di aprire una porta bloccata dall’interno o alla ricerca di qualche oggetto utile alla storia principale. Tutto molto scontato e facile, aggiungo, visto che la difficoltà generale di Aftermath è davvero imbarazzante.

Per quanto riguarda i controlli invece, devo dire che la loro risposta è piuttosto buona nelle situazioni di calma mentre in quelle di difesa/offesa posso dire che un controllo maggiore avrebbe giovato sull’azione generale. Non che sia difficile difendersi e uccidere ma forse, pena anche una telecamera non sempre all’altezza, alcune volte si muore per una manovra mal eseguita o per un colpo non portato a termine. Il secondo stick analogico che da sempre manca sulla PSP è fonte di ira in alcuni momenti dove l’imperfezione o la durezza delle frecce di destra non riesce a dare un controllo fluido

TEXTURE DI SANGUE
Passando a largo giro sul gameplay che non regala davvero nulla di nuovo sotto il sole o nell’scurità, in questo caso, confermo un ottima parte grafica e audio che sicuramente farà felici i possessori PSP. Ho voluto mettere a confronto questo Aftermath con il primo Silent Hill (in attesa del remake del primo capitolo della saga) uscito l’anno scorso e devo dire che sia le texture che la modellazione poligonale risulta più curata. I personaggi principali si distinguono per una buona caratterizzazione facciale e di texture, andando anche a sottolineare, per quanto riguarda le femminucce, un buon dettaglio grafico sui vestiti o sulle forme femminili. Ovviamente i poligoni non sono altissimi ma riescono comunque a celare da occhi indiscreti le forme a “punta” che magari si sono viste in altri titoli PSP come anche sul piano PC dove la potenza grafica è ben superiore. Ottima anche la scenografia generale che racchiude parecchi momenti di suspence studiata anche dal movimento della telecamera che segue, come è lecito aspettarsi, lo stile del genere horror con inquadrature angoscianti (grazie anche all’uso del noise) capaci di enfatizzare il momento.

Ottime anche le musiche che si vanno a posizionare nello schema del cupo e angosciante ma anche dell’acido per alcune situazioni di terrore puro, mischiando suoni contorti o aggressivi con situazioni più calme legate a sequenze di pianoforte classico. Non mancano neanche i momenti di pura suspance dove verrà ripetuta una nota sempre più alta fintanto che non si andrà a scoprire la scena madre. Insomma, tutto sembra ben diretto quasi come ci trovassimo di fronte ad una di quelle pellicole “teens blood” di cui parlavo a inizio recensione.      



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