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Il cloud gaming in abbonamento sarà la rovina degli indie games?

Indie games e cloud gaming non vanno d'accordo

Il mercato dello streaming on demand rappresenta il futuro dell’intrattenimento audio-video.
Meccanismi di servizio come quelli di Netflix, Amazon Prime o Spotify possono andare più che bene per film e canzoni, un po’ meno forse per i videogiochi e ancor meno se si tratta di indie games.

Andiamo ad analizzare con calma perché il cloud gaming in abbonamento potrebbe rappresentare, se non la totale rovina, sicuramente un pesante ostacolo per gli sviluppatori indie.

Servizi di streaming: come funzionano?

Servizi on demand come Netflix o Amazon Prime Video, hanno un meccanismo che li accomuna: comprano (o producono) serie TV, film o spettacoli di stand up comedy.
Queste aziende acquistano licenze (a meno che non si tratti di film, serie o spettacoli la cui produzione è finanziata da loro stessi) di prodotti di intrattenimento per un tempo limitato, calcolando il costo in base a durata del contratto di licenza, indice di gradimento degli spettatori e minutaggio complessivo dell’opera.

Questo sistema, applicato ai videogiochi, può andare ancora bene se si parla di produzioni tripla A, ma quando parliamo di indie games?

Artwork per il DLC gratuito di Dead Cells, Rise of the Giant

Il cloud gaming e il sistema “pay-per-play” nei videogiochi

Secondo le dichiarazioni dell’ex direttore creativo Square Enix Teddy Dief, il pay-per-play rischia di essere una vera e propria piaga per le produzioni indie, dal momento che si tratta per lo più di esperienze brevi e single-play.

I tripla A hanno dalla loro parte, un vantaggio riguardo longevità e rigiocabilità, mentre gli indie games hanno spesso una durata che non supera le 5 ore di gioco e molto difficilmente si tratta di esperienze che si lasciano rigiocare, se non a distanza di davvero molto tempo.

Dief ha inoltre aggiunto che se una piattaforma di streaming deve conferire alla casa di sviluppo un compenso calcolandolo in base a principi simili a quelli adottati da Netflix per film e serie TV o a Spotify per la musica, i giochi indie rischierebbero di non coprire nemmeno le spese di sviluppo.

Le esperienze narrative relativamente brevi, sono il fondamento principale dell’intero mercato degli indie games, che puntano tantissimo su trame profonde e meccanismi story driven.

“Giochi come Red Dead Redemption 2 – afferma Teddy Dief – costato oltre 300 milioni di dollari, a cui hanno lavorato centinaia di persone e che necessita di almeno 60 ore di gioco solo per completare lo story mode, verrebbero privilegiati nettamente nella stipula di contratti di licenza! Mentre il vincitore del Best Indipendent Game dello scorso anno ai The Game Awards è stato Celeste, un gioco che richiede non oltre 10 ore di gioco per essere completato, un titolo che ha richiesto comunque moti sviluppatori e un ingente investimento economico anche da parte di questi ultimi, persone a cui non verrebbe mai riconosciuto un adeguata gratificazione, nel caso si affidassero unicamente al cloud gaming”.

Celeste, il pluri-premiato titolo indie

Gli studi indipendenti trattano i propri giochi come loro figli, dedicandogli tutto il loro tempo e compiendo enormi sacrifici economici.
I fratelli Chad Moldenhauer e Jared Moldenhauer di Studio MDHR, creatori del grande successo campione di incassi Cuphead, sono arrivati ad ipotecare la loro casa per terminare lo sviluppo del gioco che gli ha dato fortuna, ma se avessero dovuto pubblicare SOLO su piattaforme “pay-per-play”, probabilmente oggi avrebbero rischiato di dormire sotto i ponti.

La distribuzione digitale non è una novità nel mondo dei videogiochi. I negozi come Steam (uno dei pionieri) e GOG stanno armeggiando con la formula da più di un decennio e il panorama sta cambiando ancora oggi grazie ai nuovi arrivati Epic Games Store e itch.io. Gli sviluppatori si aspettano più che mai dai titolari delle piattaforme, compresa una divisione delle entrate favorevole.
Steam, App Store e Google Play hanno imparato presto, con i loro milioni di utenti attivi e le decine di migliaia di videogiochi e applicazioni, a gestire al meglio i giochi in evidenza in base alle preferenze o alle ricerche dei vari profili.

La nostra speranza è che nonostante il cloud gaming, che diventerà inevitabilmente sempre più presente e diffuso, gli sviluppatori indie possano venire gratificati in maniera sufficientemente adeguata.

E voi cosa ne pensate? Siete d’accordo che anche questi ragazzi si vedano riconosciuti i giusti meriti per i loro sacrifici?

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