Umbral Core: com’è nato il picchiaduro Made in Italy? | Intervista a Simone Demontis

Di Umbral Core abbiamo già avuto modo di discutere grazie al buon Pietro Falzone e all’intervista ai tre ragazzi che compongono il team dietro questo peculiare picchiaduro italiano. Dopo un anno, in occasione della Games Week di Milano, siamo tornati a parlare con Simone Demontis per curiosare un altro po’ nello sviluppo di un progetto ambizioso, complesso da far emergere in un panorama che ha visto la rinascita di Street Fighter, il reboot di Mortal Kombat e attende il ritorno del Torneo del Pugno di Ferro con Tekken 8, ma non per questo privo della voglia di mettersi alla prova e offrire un proprio punto di vista all’interno di un panorama sempre molto competitivo – in ogni senso possibile.

Picchiaduro 2.5D che combina l’impostazione ludica di Street Fighter con un’estetica alla Dishonored, nella quale ho intravisto anche un pizzico di Vanillaware per quanto riguarda lo stile, si capisce fin dai primi secondi che è un gioco pensato da appassionati per appassionati.

In quel di Few Rounds Games si conosce bene il genere: una consapevolezza che traspare non dalle meccaniche in quanto inedite (di base non è nulla che non si sia visto in uno dei titoli blasonati di cui sopra) bensì da come queste sono amalgamate nel gameplay, almeno per quanto riguarda il personaggio di Byron – unico disponibile. A primo impatto, la curva di apprendimento non sembra favorire i neofiti, tuttavia a controbilanciare questo timore c’è il fatto che i personaggi disponibili a gioco completo saranno pochi, sufficienti da una parte per essere sviluppati e bilanciati al meglio, e dall’altra per essere padronaggiati senza rischiare di perdersi in un roster esagerato di fronte al quale si potrebbe fare un passo indietro.

Avendo un solo personaggio giocabile, molte considerazioni per adesso devono essere messe in pausa, nell’attesa di poterci confrontare con almeno un altro avversario per capire questioni come la diversità degli stili, dei moveset e lo stesso bilanciamento. Le potenzialità però ci sono e anche gli ostacoli in un’opera prima che va a toccare un genere particolarmente complicato per alcuni dei motivi già esposti.

Questo non ci impedisce di fare un grosso in bocca al lupo ai ragazzi di A Few More Rounds, assieme alle congratulazioni per essersi classificato tra i cinque finalisti del Red Bull Indie Forge 2023, rivolto proprio alla scoperta e al supporto degli studi di sviluppo indipendenti italiani. Senza dilungarmi oltre, vi lascio parole del lead designer Simone Demontis per meglio capire lo sviluppo di Umbral Core.

Trasformare la passione in videogioco

Il palco è tuo, Simone, anche se non ne abbiamo davvero uno. Dimmi tutto!

Dunque, Umbral Core è il nostro primissimo lavoro come realtà indie. Trattasi di un picchiaduro dark fantasy, quindi aspettatevi un setting piuttosto scuro, gotico, vampiresco, realizzato però una stilizzazione alla Dishonored. Il core team è composto da tre persone, io mi occupo della parte di game design, Ale e Guido si occupano di programmazione, tutto ciò che invece è arte è commissionato ad artisti freelance che lavorano con noi su richiesta. Finora è tutto autofinanziato, siamo noi a investire nella produzione. Quella che vedi qui oggi è la build cui siamo arrivati, che mette a disposizione un personaggio giocabile. Il secondo che è in lavorazione: l’abbiamo modellato e riggato, stiamo iniziando ad animarlo. Ci sono inoltre tre stage e qualche modalità di gioco. Siamo molto contenti perché quest’anno siamo tra i finalisti del Red Bull Indie Forge, un grandissimo riconoscimento per essere al nostro primo lavoro. L’anno scorso abbiamo partecipato alla Games Week nella parte di Indie Dungeon e guardavamo con ammirazione lo stand Red Bull, sperando di poterci essere anche noi in futuro, e dopo aver lavorato sodo è motivo di grandissimo orgoglio trovarci qui oggi.

Raccontami un po’ come funziona la selezione di Red Bull per il suo Indie Forge.

Allora, in sostanza si apre un periodo di iscrizione durante il quale chiunque stia sviluppando un progetto indipendente può iscriversi tramite la pagina web dedicata al progetto. Le tempistiche variano di anno in anno ma in genere si parla di due o tre mesi di tempo per caricare un pitch, una demo e un breve video in cui si raccontano le motivazioni per cui si vorrebbe partecipare. Dopodiché un team di giurati va ad analizzare tutte le richieste e a selezionare quelli che secondo loro, secondo i loro criteri rilevanti, sono i cinque titoli più promettenti sul panorama indie italiano.

Tutto chiaro. A cosa si deve la scelta del picchiaduro? Al di là della vostra passione, ovviamente.

Dunque, è una scelta piuttosto ambiziosa. Ovviamente siamo appassionati, abbiamo tantissima esperienza nel genere, non come sviluppatori ma come giocatori, a livello anche competitivo piuttosto alto. Ne conosciamo tantissimi a livello molto approfondito e negli anni abbiamo raccolto un po’ di idee su quello che sarebbe stato il nostro picchiaduro dei sogni. Come primo progetto volevamo buttarci su qualcosa che ci appassionasse e che conoscessimo, da qui la scelta di andare sul picchiaduro. È difficile, ne siamo consapevoli, sia perché a livello di sviluppo, a livello tecnico è un genere molto esigente, molto tecnico, che richiede una conoscenza approfondita. Inoltre, dal punto di vista commerciale ci si va a scontrare con dei grandi mostri sacri: Street Fighter, Mortal Kombat, Tekken, Smash… titoli che hanno fatto la storia, sono sul mercato da tantissimi anni.

Tra l’altro abbiamo visto proprio quest’anno la rinascita di Street Fighter. Personalmente il mio livello con i picchiaduro è ben lontano dal poter essere considerato competitivo, però ne ho giocati e ne gioco ancora diversi. Il mio preferito resta Soul Calibur, di cui qualcosina intravedo qui in termini di atmosfera, ma è evidente che l’approccio è quello di uno Street Fighter.

Infatti abbiamo un approccio 2.5D, ergo tutti gli asset, i personaggi, gli stage sono modellati in un ambiente tridimensionale, sono 3D, ma il gioco avviene sul classico piano 2D, appunto alla Street Fighter. Come dinamica di gioco vogliamo collocarci in una via di mezzo tra uno Street Fighter, più razionale e attento alla gestione degli spazi, e la freneticità che può avere un anime fighter come un Guilty Gear o un King of Fighters.

Ovviamente a livello di animazione è tutto molto complicato ma anche il bilanciamento non è poca cosa perché ovviamente, pensando anche solo al single player prima ancora del multiplayer e dello scenario competitivo, il livello di bilanciamento è forse uno degli aspetti più difficili: capire come funziona chi, cosa andrebbe dove, eccetera eccetera.

Assolutamente. Il bilanciamento va fatto in primis sulle meccaniche universali – magari uno non ci pensa ma in realtà hanno un impatto importantissimo su quella che è la direzione del progetto. Significa fare in modo che la componente offensiva e la componente difensiva siano in un certo senso ricompensate in maniera il più possibile equilibrata, cosa che solitamente non è; solitamente il gioco determina se un approccio offensivo o difensivo, solitamente offensivo, è più premiante e quindi ci si va ad adeguare. Nel nostro caso invece abbiamo delle meccaniche a cui si accede avendo difeso molto ed altre avendo attaccato molto. Un giocatore è quindi in grado di costruire il proprio gioco. Il design dei personaggi va poi pensato all’interno delle meccaniche e tutti i personaggi vanno progettati in modo tale da poter sfruttare le meccaniche alla pari; anche questo ha un impatto significativo sul design. Infine, ovviamente, ci vuole il lavoro più difficile ossia il bilanciamento tra i personaggi: avendo per ora soltanto un personaggio giocabile è un punto che dobbiamo ancora affrontare ma lo faremo man mano che includiamo nuovi combattenti, dandogli la grandissima attenzione che richiede.

Quanti personaggi prevedete?

A lancio prevediamo otto personaggi. Una sorta di “sweet spot” per una nuova produzione di picchiaduro perché si va a coprire quelli che sono gli archetipi più importanti del genere quindi vari Hit & Run, Zoner, Rushdown, Grappler, eccetera, offrendo anche una discreta varietà per soddisfare i gusti dei diversi giocatori.

E a livello di contenuti cosa avete previsto? O eventualmente anche cosa prevedrete in futuro. C’è una sorta di story mode? Per quanto nel picchiaduro non abbia un ruolo predominante, è sempre bello vedere se c’è un collegamento tra i personaggi, se esistono per un motivo al di fuori del picchiarsi.

Noi teniamo molto al tema della lore, quindi del background narrativo, e anche per Umbral Core, sebbene il genere non abbia tra i più fulgidi esempi di modalità storia, vogliamo assolutamente offrire del background al giocatore per capire come mai ci si trova in questo mondo, quali sono le dinamiche, quali sono gli eventi e soprattutto chi sono i personaggi. Abbiamo perciò in mente una Modalità Storia, la cui forma sarà prevalentemente della visual novel: uniremo pannelli illustrati e animati con combattimenti nei momenti pivotali della narrazione. Non mancheranno poi piccoli elementi GdR, come ad esempio scelte che influenzano il corso degli eventi. Poi avremo una Modalità Arcade per andare più specificatamente nell’intreccio narrativo del singolo personaggio con intro e outro in modalità classica d’arcade, e infine ci sarà tutta una serie di altri contenuti indirizzati soprattutto al single player per un’esperienza per un’esperienza più casual fatta anche di modalità divertenti. Per esempio stiamo pensando a quella con teste giganti, oppure una di tributo a Street Fighter 2 in cui al posto di distruggere un’auto si fa a pezzi una carrozza.

Tutto questo è previsto in ottica del futuro lancio?

Assolutamente.
Come dicevo prima, il progetto per ora è autofinanziato: noi siamo arrivati qui, a confezionare questa build che tuttavia è molto indicativa del livello qualitativo cui puntiamo. A questo punto stiamo cercando un partner finanziario che vada a fornire le risorse che ci servono per scalare il progetto. Perché da un punto di vista di sviluppo siamo molto avanti, pur lavorandoci part-time perché i nostri impieghi attuali sono altri. Abbiamo bisogno delle risorse per sviluppare e implementare gli altri personaggi nonché le altre modalità di gioco.

Quando ha preso piede di preciso l’idea di Umbral Core?

Dunque è iniziata tre anni fa partendo da zero, nel senso che noi non abbiamo esperienza pregressa nell’industria, né contatti. Abbiamo dovuto mettere insieme ogni tassello dello sviluppo, quindi la sfida primaria è stata anzitutto quella di costituire un team: passaggio non banale perché avevamo una direzione molto chiara in mente, motivo per cui il processo di selezione per ogni figura è stato molto impegnativo. Nonostante tutto, però, ne siamo estremamente felici. Questa è stata la sfida numero uno. In secondo luogo ci siamo trovati davanti agli ostacoli dello sviluppo vero e proprio: come dicevo prima, lavorare a un titolo picchiaduro è molto molto complesso e tecnico. Per esempio parlando di engine, nel nostro caso Unity, noi studiamo solo la pipeline di render mentre per quanto riguarda il resto – dal framework al network passando per tantissimi altri aspetti – è tutto scritto a mano.

La gestione delle collisioni non è ridotta a semplici collider tridimensionali che vengono, per così dire, “attaccati” alla spada o all’arto, ma sono tutti disegnati a mano frame per frame perché c’è bisogno di controllo assoluto. Ci sono state tante sfide. Per il netcode abbiamo investito quasi un anno e mezzo così da implementare la miglior tecnologia possibile da questo punto di vista, ovvero il rollback. Stiamo cercando di fare le cose bene e questo richiede sia tanta deduzione sia diversi errori per capire come far funzionare tutto al meglio. Siamo assolutamente costanti e dediti al progetto, ci crediamo tanto.

Immagino quanto sia faticoso perché dovete conciliare la vita in generale con tutto questo e non è semplice.

Confermo, è impegnativo. Per darti un’idea, sono tre anni che ci troviamo ogni domenica verso le 10-11 di mattina e fino alle 8-9 di sera sviluppiamo insieme, mentre in settimana, quando possiamo, ci ritagliamo un’oretta o due al giorno per andare avanti. La chiave è la costanza, il fatto di essere un gruppo piccolo ma molto affiatato aiuta, perché momenti di sconforto ce ne sono un’infinità ma essere amici e supportarci a vicenda gioca un ruolo essenziale nel motivarci a fare sempre più e sempre meglio. Traguardi come questo di Indie Forge non fanno altro che aumentare la nostra convinzione.

Raccontami qualcosa di più dal punto di vista artistico. Quali sono state le vostre ispirazioni?

Dunque, anzitutto abbiamo cercato un art director. Come atmosfere volevamo ovviamente rievocare quelle gotiche e vampiresche alla Castelvania e alla Bloodborne – l’ispirazione “bloodborniana” si nota in modo particolare in uno degli stage. Dal punto di vista stilistico volevamo una sorta di realismo stilizzato con texture dipinte come Dishonored: dunque sì, un dark fantasy che però non si prende troppo sul serio e si presenta con una certa stilizzazione. Anche a livello cromatico, la scelta di palette è piuttosto bilanciata, non è troppo cupa. C’è una direzione artistica forte e anche dal punto di vista del suono c’è una grande ricercatezza: la colonna sonora sarà prevalentemente orchestrale e corale, affiancata però da sonorità che variano molto a seconda del personaggio e del suo stage. Ognuno di loro avrà il suo tema musicale, scelta che serve a enfatizzare le caratteristiche del personaggio, del suo background narrativo e dello stage stesso.

A tuo dire cosa lo distingue a livello di meccaniche? Cosa rende Umbral Core diverso?

A livello di gameplay ci sono diverse differenze importanti: la primissima è proprio la gestione del tempo e dello spazio. Come dicevo prima, l’idea è creare un gioco che sia una via di mezzo tra Street Fighter e un anime fighter. Il classico movimento e il sistema di combo molto frenetico tipici dell’anime fighter vengono penalizzati dall’assenza della parata aerea, che spinge a giocare in una maniera diversa dal solito. Al contempo, poterlo giocare come le due tipologie di cui sopra permette a più persone con background differenti in termini di picchiaduro di sentirsi a casa. A livello di meccaniche vere e proprie abbiamo invece il sistema di Fury e Control, gli aspetti per così dire identificativi di Umbral Core.

Sono risorse diametralmente opposte: la prima è offensiva, si carica attaccando e in generale infliggendo danni, mentre la seconda è difensiva e si carica parandosi o eludendo le prese. Entrambe danno accesso a tecniche differenti, come la concatenazione di più combo o la possibilità di mettere fortemente sotto pressione l’avversario con Fury; oppure l’accesso a delle specifiche parry istantanee attive entro una generosa finestra di tempo nel caso di Control, che permettono un contrattacco immediato al contatto con l’avversario causando ingenti danni. Va da sé che questo determina molto lo stile di gioco e, soprattutto, spinge i giocatori offensivi (in genere avvantaggiati nei picchiaduro) a dover comunque fare attenzione a chi si difende perché questa volta sono messi alla pari. Il nostro obiettivo è valorizzare gli stili di gioco individuali, senza appunto penalizzare né l’uno né l’altro.

Molto interessante la decisione di concentrarvi anche sui giocatori più difensivi, non è cosa comune.

Esatto, motivo per cui abbiamo voluto farne il nostro punto di forza.

Per spaziare, altre differenze importanti non tanto a livello di gameplay quanto tecnico, tra le innovazioni importanti che vogliamo portare c’è il fatto che Umbral Core è il primo picchiaduro in assoluto con frame-rate sbloccato. Storicamente i picchiaduro sono da 60fps, perché rendering e logica devono viaggiare di pari passo. Noi abbiamo impostato fin dall’inizio il progetto perché avesse la logica a 60fps, classico comportamento da picchiaduro, ma il rendering, nel suo rispondere alla logica, crea e inserisce frame di animazione tra un frame e l’altro di logica. Più è potente il PC o la piattaforma, più riesco a spingere la parte di rendering e dunque di fluidità. La postazione che abbiamo qui sta facendo andare il gioco a 200fps, restituendo un senso di fluidità mai percepito prima. Poiché la logica resta sempre e comunque a 60fp, e l’occhio umano può percepire soltanto un certo numero di frame, non temiamo alcuno squilibrio tra PC e console: la luidità maggiore si percepisce, certo, ma una spadata che parte in 9 frame partirà sempre così sia che io sia a 60fps su una console oppure su un PC al triplo degli fps. La differenza è solamente nella fluidità del movimento e quindi nell’estetica, se vogliamo, dell’animazione.

Tanta ambizione ma anche consapevolezza

Come potete leggere dalle parole di Simone, gli obiettivi di A Few More Rounds sono tanti e di un certo livello. Il panorama dei picchiaduro, forte dei suoi mostri sacri, non è certo un territorio al quale accedere a cuor leggero, o sperando di essere notati facilmente, ma all’ambizione degli sviluppatori si accompagna la consapevolezza che non sarà un percorso facile. Di nuovo, possiamo augurare loro tanta fortuna e sperare di rivederli, in futuro, con una build che possa riflettere ancora di più le loro idee.

Se volete sostenerli o anche solo seguire i progressi del progetto, qui sotto trovate tutti i link del caso.

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