Addio al Superbonus 110% | Il Governo non vuole più finanziarlo, allarme per chi voleva ristrutturare

brutte notizie per il super bonus 110

È stato bello finché è durato, ma il bonus del 110% sta per finire.

Il Decreto Rilancio aveva introdotto due importanti agevolazioni in ambito edilizio, ovvero il Superbonus 110% e l’opzione di cessione del credito. Che fosse tramite sconti fiscali su rate distribuite pluriennali scalate dalla quota IRPEF, o la cessione del credito a banche e intermediari finanziari, le imprese edili avevano diversi modi per usufruire di importanti agevolazioni.

Ora però il governo ha stabilito che non può più permettersi di essere così di manica larga, e la prossima manovra finanziaria punta a far sparire queste agevolazioni in favore di più consuete detrazioni al 50% o 65%.

110 volte addio

Superbonus 110%: è stato bello finché è durato
Superbonus 110%: è stato bello finché è durato

Il Superbonus è l’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 (decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

La legge di bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse. In particolare, per i condomini e le persone fisiche, il Superbonus spetta fino al 31 dicembre 2025, nelle seguenti misure:

  • 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023
  • 70% per le spese sostenute nel 2024
  • 65% per le spese sostenute nel 2025

In alternativa alla fruizione diretta della detrazione, è possibile optare per un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori dei beni o servizi (sconto in fattura) o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante. La cessione può essere disposta in favore:

  • dei fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi
  • di altri soggetti (persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d’impresa, società ed enti)
  • di istituti di credito e intermediari finanziari.

Tutto questo però sarà valido solo fino al 31 dicembre 2023, poiché il governo ha deciso l’abolizione di entrambe queste agevolazioni nella prossima manovra finanziaria. Dunque gennaio 2024 vedrà lo stop dei due meccanismi di utilizzo delle agevolazioni fiscali. Si tornerà invece alla vecchia formula della detrazione in dieci anni, necessaria per evitare rischi recessivi dell’agevolazione.

Nuova manovra, nuovi tagli

Sala del Consiglio dei Ministri
Sala del Consiglio dei Ministri

D’altronde la situazione del bilancio statale è quella che è, non si può permettere di sperperare troppo, specialmente se si vuol dedicare le poche risorse disponibili al taglio del cuneo fiscale. Per questo motivo la seduta del Consiglio dei ministri che si è tenuto nella mattinata di lunedì 16 ottobre ha deliberato la cancellazione del Superbonus e dell’opzione di cessione del credito. L’obiettivo, come detto, è tornare al vecchio modello di sconti compresi tra il 50% e il 65% da spalmare su 10 anni.

Si tratta di uno dei tanti paletti necessari a mettere in moto una manovra finanziaria che varrà un totale stimato compreso tra i 15 e i 23 miliardi di euro, e che si pone una serie di obiettivi ambizioni: si punta soprattutto al taglio del cuneo fiscale tramite un rialzo della quota di esonero fiscale sui contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti; in particolare si punta ad un taglio del 6% per i lavoratori con un reddito fino a 35mila euro l’anno e del 7% per quelli con un reddito fino a 25mila euro.

Ci sono poi una serie di obiettivi ulteriori non meno importanti che si possono così riassumere:

  • riduzione dell’Ires per le imprese al 15%
  • stop all’acconto di novembre per tutti i lavoratori
  • 3,2 miliardi stanziati per finanziare gli aumenti contrattuali dei dipendenti statali
  • Nuova imposta minima globale (la cosiddetta Global minimum tax già approvata a livello europeo) a carico delle società con almeno 750 milioni di euro di fatturato consolidato
  • tagli del 5% sui fondi dei Ministeri

Alcune indiscrezioni danno inoltre al vaglio l’ipotesi di un aumento della tassa di successione, sebbene negli ultimi giorni il governo abbia smentito tali ipotesi per bocca del viceministro dell’Economia Leo.