One Piece, la recensione completa della serie Netflix

recensione live action di one piece

Ho avuto l’onore di vedere la serie live action di One Piece due giorni prima della sua uscita e mi è stato chiesto di parlarne, eppure non so da dove iniziare.

Partirò dal lato emotivo: la serie mi ha emozionato, tanto. A dir la verità più di una volta mi sono ritrovato a tremare dall’eccitazione e dalla commozione. Quando anni addietro questa serie fu annunciata rimasi scettico dalla notizia, non credevo fosse possibile tradurre in live action un mondo così folle e a volte grottesco come quello di One Piece, eppure ci sono riusciti senza tradire lo spirito dell’opera originale, seppur rimaneggiandola moltissimo. Era impensabile aspettarsi la copia carbone del manga, molti eventi sono stati condensati e rimescolati, ma questo in realtà ha giovato alla coerenza interna della serie che così è riuscita a donare ulteriore solidità ad un mondo che già prima percepivo tangibile. Paradossalmente certi passaggi narrativi risultano essere molto più plausibili rispetto al manga proprio per la natura live action del prodotto. Aver completamente saltato alcuni passaggi che a conti fatti nell’economia della serie sarebbero stati inutili o dannosi ha giovato al ritmo del tutto. Da fan molto spesso guardando la serie mi sono chiesto a cosa stessi assistendo, per quanto surreale. Ero incredulo di fronte a certe scene “dal vivo”. Mi è sembrato che il One Piece potesse esistere davvero, mi è venuta voglia di prendere il mare in libertà e cercare tesori, formare una ciurma e vivere ogni sorta di avventura insieme ai miei fedeli amici. Mi ha rievocato i motivi per cui mi sono innamorato di questo universo.

La serie è stata realizzata e curata da qualcuno che ha studiato l’opera, si percepisce. Anche se molte parti sono state per forza di cose trascurate i temi principali dei primi volumi ci sono tutti, quali l’amicizia, la volontà ereditata, le nuove generazioni che sostituiscono le vecchie, il concetto di tesoro, l’importanza di inseguire i propri sogni, di conoscere il proprio ruolo nel mondo e di sapere la differenza tra bene e male indipendentemente dal ruolo che si ricopre. Si è data più importanza al manga che all’anime e lo si capisce da certe scelte molto più fedeli alla visione di Oda che all’adattamento della Toei, come il motivo per il quale Rufy ha la cicatrice sotto l’occhio e Zeff è senza gamba. Questo live action spesso fa meglio dell’anime e alcune volte addirittura meglio del manga. Le ingenuità che caratterizzavano il primo capitolo di One Piece sono ad esempio state limate e modificate in quanto in un live action non avrebbero mai funzionato. Parlo di cose che già nel manga facevano storcere il naso, come il fatto che Shanks sembri non dare troppa importanza al frutto Gom Gom lasciandolo sul bancone del saloon come niente fosse, quando in realtà si tratta di un oggetto molto prezioso, molto più di ogni tesoro presente sulla Red Force, e questo la serie lo fa notare. In linea di massima ho molto apprezzato tutto il flashback di Rufy, secondo me funziona meglio che nel manga.

La ciurma del rosso è pressoché la stessa che conosciamo, con alcune scelte di casting che potrebbero non piacere, non tanto per il colore della pelle di Lucky Roux, almeno spero, quanto nella bruttezza di Shanks e soprattutto Benn Beckman. Del primo mi sono abituato, credo che semplicemente non gli donasse il cappello di paglia in testa, troppo bambinesco per lui, ma il secondo invece è decisamente differente dal figo che è Beckman. Eppure, se è vero che in un primo momento la cosa stranisce, ci si rende subito conto che è impossibile pretendere estrema fedeltà in questo. Shanks, Beckman e ciurma sono pirati, non tronisti. Non c’è scritto da nessuna parte che debbano per forza essere bellissimi, non è una caratteristica intrinseca di quei personaggi e forse addirittura avrebbero perso di credibilità. Lo stesso vale per Roger e i suoi denti gialli. Fin quando me li rappresentano per quelli che sono, cioè dei pirati, io non mi lamento. 

I pirati oltre che brutti molto spesso sono anche violenti. Il live action ha cercato di valorizzarsi soprattutto come tale, restituendoci un mondo piratesco che per quanto sopra le righe rimane molto ancorato a come ci immaginiamo i pirati nella realtà. Alvida in questo senso è perfetta e ci mostra già da subito tutta la violenza che dovrebbe caratterizzare questo mondo. È giusto che una come lei spacchi crani con la sua collezione di mazze chiodate. È evidente abbiano cercato di rendere tangibile la morte, cosa che purtroppo nel manga e nell’anime viene molto spesso a mancare. Certo, non ho creduto neanche per un attimo che uno dei protagonisti potesse morire, anche quando in fin di vita, ma questo solo perchè conosco la storia e so come va avanti. In un live action non è possibile trattare la morte con leggerezza. Non sarebbe stato credibile un pirata o uno spadaccino che non uccide nessuno, allo stesso tempo bisognava dare il giusto peso a momenti critici come la sconfitta di Zoro per mano di Mihawk facendoci percepire la gravità della situazione.

La regia invece ha secondo me voluto mantenere un’estetica fumettosa utilizzando molti fisheye e inquadrature che dalla composizione richiamano il manga, raccontando però le vicende in una maniera che si prende sul serio, evitando il troppo caricaturale senza non per questo peccare di momenti che ci strapperanno più di una risata. Certe dinamiche sono molto azzeccate, soprattutto quelle della ciurma. Molto apprezzabile anche il rapporto che si viene a creare tra Garp e Koby e tra questo ed Helmeppo, personaggi che se vogliamo vengono molto più approfonditi qui che nel manga. Questo perchè la serie si prende molte libertà, facendo incrociare l’arruolamento di Koby con l’avventura dei Mugiwara. Seppur la cosa inizialmente possa far storcere il naso capiremo che invece ha perfettamente senso in quanto Garp serve a fare da chiusa alla serie così da mettere un punto a questa avventura di Rufy nel mare orientale. Garp è uno dei personaggi più affascinanti di questa prima stagione, meno sempliciotto ma comunque in linea con quello che sarebbe il personaggio originale in un contesto “reale”.  Hanno raggiunto un equilibrio perfetto tra la stravaganza del manga e uno stile cinematografico molto occidentale che credo porterà a nuovo pubblico per l’anime e soprattutto vendite per il manga. Netflix ha realizzato un’ottima pubblicità, una storia coinvolgente che inevitabilmente fa desiderare di saperne di più e di vedere come prosegue l’avventura dei Mugiwara. 

Le scene d’azione sono molto divertenti, con coreografie fantastiche e ben eseguite. Le riprese riescono ad evocare le migliori scene dell’anime e alcuni frame invece sembrano ricalcare il manga. Da questo punto di vista le mie scene preferite sono quelle con Zoro, personaggio che rimane credibile pur maneggiando una spada con la bocca. Di certo uno dei personaggi che ho più apprezzato per via del suo rapporto con Rufy e con Nami. È soprattutto il secondo a stupire, mi è sembrato che qui Nami e Zoro avessero un legame più profondo di quello che avevano nel manga in questa porzione di storia. Seppur perplesso, dopo un po’ ho cominciato a percepire questa nuova versione dei Mugiwara come concreta. Si vede tantissimo che la serie è stata curata in modo quasi maniacale da Oda. I dialoghi raramente tradiscono lo spirito dei personaggi, seppur Rufy, per quanto rimanga sopra le righe, abbia molte più abilità cognitive rispetto alla sua versione originale, anche se non abbastanza da non farsi chiamare “scemo” da Nami. Lo stesso vale per Zoro e altri personaggi, che così appaiono come più tridimensionali e meno macchiette, anche grazie alle interpretazioni degli attori.

Di Buggy ad esempio mi sono sinceramente innamorato. In una sola puntata, la seconda, la serie riesce a descriverci alla perfezione il personaggio con una caratterizzazione che mi ha ricordato il Buggy che è emerso solo recentemente nel manga, quello che pur rimanendo un cialtrone ha anche delle ambizioni. È messo bene in chiaro il suo rapporto con Shanks, il fatto che sia rimasto deluso da lui e che desideri diventare il Re dei pirati. Ho anche cominciato a credere che Oda abbia realizzato alcuni degli ultimi capitoli non solo perché utili alla sua narrazione, ma anche per chiarirci meglio alcuni personaggi in vista del live action. Lo stesso vale per quelli dedicati a Garp e Koby che adesso acquisiscono un altro sapore, anche se non per forza negativo. La cosa fa pensare, non è vero che il manga non è contaminatile da medium esterni, anzi, era già successo per One Piece Red e forse è già accaduto anche per questo live action. 

La soundtrack è notevole, dona alla serie un’atmosfera allegra tra sonorità piratesche, marinaresche, spagnole, orientali e hip hop, mutevoli in base ai casi e ai personaggi di riferimento. Il fanservice ovviamente non manca e chi segue l’anime riconoscerà anche alcune tracce. La CGI non sempre è di qualità, anche se i poteri di Rufy e di Buggy sono resi piuttosto bene. Non è una serie tecnicamente perfetta, utilizza molti espedienti per non farci notare cose che effettivamente sono brutte, ma è innegabile dietro ci sia tanto amore e attenzione. In generale si presenta molto meglio di come ci è stata promossa con il teaser e il primo trailer. Non dico abbiano fatto un brutto marketing, anzi, probabilmente abbassare le aspettative era loro intenzione. La serie è sicuramente meglio di come credevo, anche merito di una scrittura solida, a parte qualche forzatura qua e la che serve a far andare avanti la trama. I colpi di scena per chi si approccia a One Piece per la prima volta non mancheranno, anche se non c’è niente di davvero inedito per chi conosce già la storia. In quel caso a stupire è qualche cambio di rotta nella trama e come hanno rimaneggiato la narrazione arrivando addirittura ad anticipare un incontro che in realtà sarebbe dovuto avvenire solo dopo gli eventi di Enies Lobby. La presenza di Garp ha donato alla serie una certa coesione, anche come costruzione del mondo, in quanto l’eroe della marina indagherà su Rufy e lo inseguirà per tutto il mare orientale ripercorrendo le tappe di suo nipote, fino all’incontro tra i due ad Arlong Park con relativa scazzottata, il tutto condito da collegamenti ed interazioni inedite tra personaggi che non abbiamo mai visto insieme, come il magnifico dialogo tra Garp e Zeff. In generale il world building dell’East Blue risulta essere quasi più convincente che nel manga.

Per molti fan storici questa serie avrà un sapore nostalgico che fa commuovere. Tutte le scene più iconiche ed emotive sono state trasposte adeguatamente e il casting a parte qualche scelta è pressoché perfetto. Bellissimi i loghi di One Piece personalizzati, mi hanno fatto desiderare di avere una puntata dedicata ad ogni personaggio di Oda e sinceramente spero rinnovino la serie.

Se prima ero scettico adesso voglio vedere tutto One Piece in live action.