Videogiochi? Il futuro è Mobile | #GameFactory

mobile gaming

Il trend è in atto da anni, e per quanto poco faccia piacere ai giocatori della prima ora, fare gli struzzi non cambia la realtà: al giorno d’oggi il videogioco è per la maggior parte su mobile, e lo sarà sempre di più. Questo emerge dall’ultima analisi statistica condotta questa primavera da Newzoo su un campione di oltre 74.000 giocatori di età compresa tra i 10 e i 65 anni, distribuiti in varie parti del mondo, di cui ha pubblicato i risultati in un report che potete scaricare a questo indirizzo.

Lo studio globale da cui è ricavato questo report ha interessato 36 paesi da tutti i 5 continenti
Lo studio globale da cui è ricavato questo report ha interessato 36 paesi da tutti i 5 continenti

Oltre a questo fatto particolarmente eclatante, la ricerca offre altri interessanti insights rispetto alle abitudini approccio al medium videoludico da parte degli utenti, che ora vi presento per sommi capi.

Grande entusiasmo

La maggior parte dei videogiocatori ricadono in quella categoria che Newzoo denomina enthusiast: si tratta di persone che non si limitano ad interagire con il videogioco in sé e per sé, ma che seguono il medium anche in altre forme, ad esempio guardando live e video a tema, informandosi sulle notizie dell’industria, scrivendo e commentando fatti inerenti il mercato o i propri giochi preferiti sulle piattaforme social. Insomma il videogioco non è solo un passatempo, bensì un argomento, un elemento culturale che fa sempre più parte della vita di tutti i giorni nel dibattito mediatico e privato. Sul totale dei soggetti intervistati ben il 79% del campione ricade in questa categoria, sintomo di quanto il medium stia diventando pervasivo nella vita dei gamers.

Se andiamo a suddividere il campione per fasce d’età, constatiamo un altro fatto facilmente intuibile, ovvero che la percentuale di enthusiast aumenta col diminuire dell’età: la generazione alpha (post 2010) in particolare ricade in questa definizione al 94%. Va detto comunque che la generazione dei baby boomers (nati tra il 1946 e il 1964) si difende meglio di quanto ci si potrebbe aspettare, rientrando nella categoria per il 47% dei suoi utenti. Insomma anche tra i giocatori più agée, quasi la metà si può a buon diritto definire enthusiast!

Eccetto i baby boomers, i giocatori enthusiast sono la maggior parte in tutte le fasce d'età esaminate.
Eccetto i baby boomers, i giocatori enthusiast sono la maggior parte in tutte le fasce d’età esaminate.

Hai detto gaming? Volevi dire mobile gaming!

Veniamo al clou della ricerca: la maggior parte dell’attività videoludica avviene su mobile (qui inteso come smartphone e tablet). Sul totale del campione, ben il 60% si è identificato come giocatore mobile, contro il 33% dei giocatori PC e il 32% dei giocatori console. Da qualche anno il trend del mobile gaming è in crescita costante e non è difficile capirne il motivo: chi non ha uno smartphone, oggigiorno? Chi non ha dieci minuti liberi che non sa come impiegare? Chi vuol negarsi un livello di Candy Crush in metro, una sessione di Genshin Impact prima di dormire o una run di Vampire Survivors in sala d’aspetto? Insomma le piattaforme mobile sono le più utilizzate perché sono sia le più diffuse in assoluto sia quelle costantemente a portata di mano. Se ci pensiamo un attimo, la maggior parte delle persone che conosciamo gira con una piattaforma da gaming portatile in tasca! E che fai, non la usi?

Ovviamente lo smartphone spesso non è l’unico dispositivo da gioco. Chi gioca su mobile lo fa anche su console o su PC, ma non tanto quanto si potrebbe pensare: ben il 35% dei giocatori gioca solo su mobile, una percentuale soverchiante rispetto a coloro che giocano solo su console (9%) o solo su PC (8%). Ovviamente ci sono percentuali ragguardevoli di giocatori che uniscono il gaming mobile a quello console (13%) o a quello PC (16%), o addirittura a tutti e 3 (15%). Solamente il 4% del campione, d’altro canto, non gioca mai su mobile, ma solo su PC e console, il che la dice lunga su quanto si sia fatta risicata quella nicchia di duri e puri che si rifiuta di considerare lo smartphone o il tablet come possibile piattaforma da gioco.

La percentuale di giocatori solo mobile è soverchiante rispetto a quello solo console e solo PC.
La percentuale di giocatori solo mobile è soverchiante rispetto a quello solo console e solo PC.

Riguardo alla distribuzione di genere, tra coloro che giocano su una sola piattaforma l’utenza è equamente divisa tra un 49% di uomini e un 50% di donne, con l’1% di persone non binarie. Tra i possessori di più piattaforme la prevalenza rimane maschile (64%) rispetto alla femminile (35%), anche qui con un 1% di persone non binarie. Tra i giocatori single-platform c’è un primato di genere puzzle (25%), il che non desta meraviglia dato che, come abbiamo appena visto, sono per la maggior parte giocatori mobile, piattaforma d’elezione per questo genere di giochi. I possessori di più piattaforme mostrano invece una predilezione per i giochi d’avventura (70%), seguiti da battle royale (63%, il che spiega il proliferare di giochi di questo tipo su PC e console) e shooter (60%).

La presenza femminile nel gaming è ormai un fenomeno acclarato
La presenza femminile nel gaming è ormai un fenomeno acclarato

Mobile gaming, quanto mi costi?

Discorso diverso è quanto il mobile gaming sia redditizio. È vero che si gioca tantissimo su mobile, ma per la maggior parte si giocano titoli free-to-play. Se si va ad osservare quanti giocatori spendano dei soldi nel segmento mobile gaming (e quanto ci spendono), i numeri cambiano. Infatti il segmento mobile è quello con il tasso di conversione di spesa peggiore (45%), battuto sia da PC (55%) che da console (66%). Le percentuali si riferiscono alle spese effettuate nei 6 mesi precedenti alla pubblicazione del report.

I dati sono piuttosto intuitivi: su console i giochi tendenzialmente si comprano e si pagano tutti o quasi, e in alcuni casi si sottoscrivono abbonamenti tipo Game Pass; su mobile invece quasi tutti i giochi (almeno quelli più popolari) sono gratuiti, con acquisti in-game opzionali. È la formula che ha permesso il boom dei gacha ad esempio, e in generale di tutti quei titoli F2P che hanno interesse/necessità di allargare il più possibile il proprio bacino di utenza, pazienza se poi meno della metà di quegli utenti effettuerà degli acquisti concreti. L’interesse dei produttori non è di vincolare al gioco la totalità degli utenti, ma sono quella nicchia di appassionati e/o con grande disponibilità a pagare, le cosiddette whales che spesso tengono in piedi da sole interi sistemi.

Il modello F2P insomma funziona alla grande, dato che ha portato ben l’87% dei videogiocatori paganti ad effettuare acquisti in-game di qualche tipo negli ultimi 6 mesi, siano essi la mera acquisizione di valuta virtuale, l’acquisto di DLC o pack di espansione, o equipaggiamento prezioso.

Per gli utenti c'è quasi sempre un buon motivo per effettuare acquisti in-game, a quanto pare!
Per gli utenti c’è quasi sempre un buon motivo per effettuare acquisti in-game, a quanto pare!

Brandizzami tutt*

D’altra parte la spesa diretta non è l’unica forma di ritorno economico del videogioco: il gaming sta diventando sempre più fondamentale in termini di branded content e advertising. I videogiocatori sembrano accogliere positivamente la presenza di brand all’interno di esperienze videoludiche, il che per molte aziende rappresenta opportunità di crescita di brand awareness inedite, tantopiù che la presenza di tali marchi sembra avere un effetto concreto sulla disponibilità all’acquisto da parte dell’utenza.

Sul totale del campione in esame, ben il 47% si dichiara incline ad acquistare prodotti di un brand presente all’interno dei propri videogiochi preferiti, mentre esattamente il 50% ha dichiarato di aver scoperto nuovi brand tramite il gaming. In questo contesto si esula anche dall’esperienza provata all’intero del software in sé e per sé: il 42% degli utenti dichiara infatti di essere stato influenzato dal consiglio di uno streamer o content creator nell’acquisto di un particolare prodotto.

Alcuni marchi sono diventati main sponsor e promotori di interi eventi, come il torneo Esport Kumite organizzato da Red Bull.

Le categorie di brand che hanno successo in ambito gaming appartengono alle categorie più svariate, ma ce ne sono alcune che spiccano sulle altre. Ovviamente i marchi dedicati allo sport (Nike, Adidas e PUMA) la fanno da padrone, sicuramente anche grazie al settore Esport che vanta collaborazioni con società sportive che portano nel settore fior di sponsorizzazioni. Seguono i marchi di bibite (sono anni ormai che gli energy drink come Red Bull e Monster si accostano al mondo gaming a livello di advertising) e di tecnologia (ormai quasi tutti i maggiori produttori hardware hanno linee di prodotti orientate ai gamers, come Intel e Nvidia; probabilmente Apple sta per entrarvi a gamba tesa assieme al suo visore VR Vision Pro).

lifestyle & tech sono sempre più amati dal popolo dei gamers.
lifestyle & tech sono sempre più amati dal popolo dei gamers.

Insomma per quanto possa darci l’orticaria, dobbiamo arrenderci al fatto che la presenza sempre più evidente di marchi commerciali associati al gaming non solo è qui per restare, ma possiamo star certi che si farà sempre più invasivo nel prossimo futuro. D’altronde la maggior parte dei videogiocatori dimostra di apprezzare! Contenti noi, contenti tutti… giusto?