Tekken 8 | Recensione (PS5) | Il Re è morto, viva il Re

L’omega e l’alfa.
La fine e l’inizio.

Tekken 8 si potrebbe riassumere così: come la conclusione di un’era e l’avvento di una nuova le cui premesse, soprattutto narrative, sono ancora un po’ fumose – ma del resto la narrazione, in un picchiaduro, non è certo la colonna portante. Un percorso tuttavia è stato tracciato ed è evidente dalla scelta di abbandonare la cosiddetta old gen per rifare tutto da zero, ripartendo dalle console attuali: Unreal Engine 5 mostra i muscoli tanto quanto il nutrito cast del gioco (trentadue lottatori in totale al lancio) restituendoci l’eterna lotta tra il bene e il male, tra Mishima e Kazama, con un livello di dettaglio mai visto prima. Quasi non sembra di avere davanti gli stessi personaggi che abbiamo imparato a conoscere e padroneggiare ma, in fondo, è pur vero che sono trascorsi nove anni da Tekken 7 e i passi avanti che oggi si possono compiere sono notevoli.

L’ottavo capitolo, dunque, si propone ricco di contenuti, quasi a voler dare il giusto addio a un percorso che ci ha tenuto incollati allo schermo dagli esordi, ricordandoci però che spezzare un ciclo significa solo consentire a un altro di prendere il suo posto. E proprio il numero 8, con le sue molteplici interpretazioni, si presta a questa rinascita – dal simbolo dell’infinito a due anelli d’una catena che si spezza, rompendo de facto sia i legami col passato sia quello stesso circolo vizioso.

Insomma, probabilmente è stata una serie di circostanze che ha portato proprio questo capitolo a essere quello di rottura, fatto sta che c’è qualcosa di poetico nel tutto; una finezza che da un lato un po’ stona con l’anima di Tekken, da sempre molto sopra le righe e fracassona, ma dall’altro gli si adatta bene in virtù del suo tormentato protagonista Jin Kazama, in cerca di una redenzione, un nuovo inizio che forse questa volta gli sarà concesso.

Quale che sia la ragione siamo qui ora, pronti per la prossima battaglia – ossia raccontarvi Tekken 8 nella nostra recensione.

Una storia di accettazione

Mettiamo subito in chiaro le cose: i picchiaduro possono avere una storia a fare loro da contorno ma difficilmente sarà qualcosa di esaustivo, sensato o con una profondità tale da restare scolpita nella memoria. E va bene così, non è questo il loro obiettivo.

Tekken 8 non fa eccezione, mettendo in scena una serie di sequenze che ruota attorno a Jin Kazama, giunto a un punto di non ritorno per il quale scegliere se continuare a scappare da se stesso e dal suo passato, dal demone che riposa dentro di lui, oppure accettarlo e fare della sua maledizione un dono. La posta in gioco, questa volta, è il destino del mondo intero.

Dopo la misteriosa scomparsa di Heihachi Mishima, il figlio Kazuya si scontra ancora una volta con Jin, determinato a fermare la sua sete di potere; uscito vincitore dallo scontro grazie a un maggior controllo sui suoi poteri e di conseguenza sulla forma demoniaca, Kazuya lancia una sfida al mondo. Indice un nuovo Torneo del Pugno di Ferro e la nazione vincitrice guadagnerà un posto d’onore nel nuovo mondo che intende plasmare. Chiunque dovesse perdere, invece, subirà gravi conseguenze. Inutile dire che queste sono le premesse che ancora di più motivano Jin e i suoi alleati, tra cui l’unità ribelle Yggdrasil capitanata da Lars Alexandersson e le forze delle Nazioni Unite sotto la guida del nuovo personaggio Victor Chevalier, a collaborare per fermare Kazuya. L’impresa sembra impossibile ma la serietà del tutto viene stemperata dai toni rumorosi e dalle situazioni sopra le righe che Tekken si diverte a chiamare in causa – al punto da far sfumare il famoso torneo e spostare il focus su altri problemi più imminenti.

Reina, uno dei nuovi personaggi introdotti in Tekken 8

Insomma, tutto questo per dire che la storia è quanto chiunque si possa aspettare da un capitolo della serie, arricchita dall’uso di Unreal Engine e da alcune ottime sequenze di lotta; che sono poi il motivo per cui tutti siamo qui. Rispetto ai precedenti, Tekken 8 non si risparmia con i filmati, permettendovi di vedere ancora meglio il livello di dettaglio raggiunto e il minuzioso lavoro di ricostruzione anzitutto dei personaggi. Senza addentrarmi oltre nei dettagli, ripeto quanto scritto all’inizio: l’ottavo capitolo segna la fine di un lunghissimo ciclo, spezzando alcune catene, e si prepara ad aprirne un altro. Non è chiaro a cosa andremo incontro, e quale ruolo avranno alcuni personaggi nello specifico (uno rimasto un po’ troppo dietro le quinte a mio avviso) ma pur senza discostarsi troppo dai temi sui quali si è basato finora, Tekken 8 marca un nuovo punto di partenza.

Ancora una volta, ho apprezzato in modo particolare che i combattimenti durante la storia non siano divisi in veri e propri round (con tanto di voce a scandirli), bensì siano considerati sequenze di lotta unite tra loro da brevi filmati d’intermezzo che giustificano il cosiddetto secondo round – ci sono momenti in cui si susseguono anche più di due scontri ma non preoccupatevi, queste fasi così lunghe hanno dei salvataggi tra loro in modo da non dovrei rifare proprio tutto in caso di sconfitta. Inoltre, un capitolo in particolare offre un diverso e per certi versi nostalgico approccio al combattimento; sfortunatamente sarà anche l’unica occasione in cui potremo giocare secondo questi criteri, il che è un vero peccato perché una modalità dedicata sarebbe stata molto gradita. Non dico che l’avrei preferita all’iconico Tekken Ball, presente solo nel terzo capitolo ma rimasto scolpito nella storia, tuttavia…

Il livello di dettaglio offerto dai filmati è incredibile

Ultima nota di merito, la questione doppiaggio: ciascun personaggio, a seconda o della provenienza o di quella che potrei definire affiliazione (vedi Lars che è svedese ma parla in giapponese) parla nella propria lingua. Una scelta che, se da un lato stranisce poiché tutti si capiscono indipendentemente dall’idioma, dall’altro concorre a dare loro più caratterizzazione. In fondo, ormai è chiaro, Tekken non è il pilastro del realismo e in questo caso lo trovo giusto sacrificarlo in virtù di una rappresentazione ancora più accurata.

Conclusa la modalità Storia, avete le singole storie personaggio da giocare (due di queste si sbloccano finita la campagna principale), che racchiudono alla perfezione l’essenza fuori di testa e priva di senso del franchise di Tekken. Ce n’è soltanto una davvero seria, se così possiamo definirla, ma le altre offrono in ogni caso divertenti siparietti dopo i cinque combattimenti necessari per chiudere ciascun capitolo.

È Tekken come abbiamo sempre imparato a conoscerlo e va benissimo così.

Heat System, Stile Speciale e Rage Art

Mettendo un attimo da parte le altre modalità disponibili e passando al vero nucleo della serie, l’ottavo capitolo dimostra come Tekken sia ancora una volta il re indiscusso dei picchiaduro in tre dimensioni. A un sistema che si basa tanto sulla concatenazione delle combo quanto sullo sfruttare i rimbalzi degli avversari per prolungare le suddette, vecchi ritorni e nuove aggiunte lo arricchiscono al punto da renderlo familiare e diverso al tempo stesso – senza però dimenticare l’accessibilità per i nuovi giocatori. Per sfruttare tutto ciò che Tekken 8 ha da offrire, anche i giocatori più navigati dovranno rivalutare il loro approccio.

Cominciamo dal Heat System, la vera novità di Tekken 8.
Come suggerisce il nome stesso, i personaggi che lo attivano si “surriscaldano” e per un breve periodo di tempo potranno mettere a segno attacchi e combo molto più devastanti del normale, nonché compiere azioni altrimenti bloccate. Inizialmente, specie da parte dello zoccolo duro degli appassionati di Tekken, c’è stata un po’ di animosità nei confronti di una meccanica che a detto loro andava a semplificare troppo il gioco offrendo una scorciatoia per fare tanti danni premendo sempre lo stesso tasto – capirete a breve perché. Avendo dedicato a Tekken 8 una ventina di ore, completando al 100% qualsiasi modalità offline disponibile, mi sono fatta un’idea del Heat System e lo trovo molto ben inserito nel sistema di combattimento.

Vedete quell’aura azzurrina intorno a Law? Ecco, quello è l’Heat System

Certo, ha i suoi vantaggi immediati come fare danni, seppur pochi, anche se l’avversario si para (ma d’altronde è una cosa che Kuma e Panda fanno da una vita coi loro artigli), o permettere di eseguire il cosiddetto Heat Smash per infliggere seri danni – al costo dell’intero indicatore. Resta tuttavia una risorsa da usare con parsimonia e non squalificare per i suoi punti di forza; se mal utilizzata potrebbe essere un’occasione sprecata e compromettere il match, poiché è attiva una sola volta per round. Anzitutto, gli Heat Smash possono essere parati, interrotti o persino schivati (a volte andare anche a vuoto se siamo mal posizionati), quindi per quanto potenti bisogna calcolare bene quando usarli. Un eventuale fallimento non lascia scoperti quanto fallire una Rage Art, tuttavia rimane un vantaggio buttato al vento.

In secondo luogo, se è pur vero che Heat System e Heat Smash possono essere attivati consequenzialmente con la pressione dello stesso tasto (R1), bisogna considerare che un’attivazione così immediata è uno spreco in termini di potenzialità. Ciascun personaggio ha infatti almeno due modi per innescare l’Heat System eseguendo o una combo o una mossa particolare: nel caso di Lars per esempio, il mio main, si può fare con la sequenza di pugni media eseguita con l’avversario in piedi (colpendolo a mezz’aria non si attiva), oppure premendo assieme, da fermi, cerchio e croce. In questo modo si infligge già un certo numero di danni all’avversario e, in base alla mossa utilizzata per attivare l’Heat System, possiamo già portarci in vantaggio ad esempio scagliandolo lontano e sfruttando lo slancio di un Heat Dash per non dargli respiro – quest’ultima scelta comporta l’esaurimento dell’indicatore.

Il rovescio della medaglia, soprattutto per i nuovi giocatori, è che bisogna stare parecchio attenti a come si combatte perché c’è il rischio di entrare in Heat senza volerlo e doversi poi arrangiare in qualche modo, riadattando la strategia per non perdere un vantaggio attivato involontariamente. La quantità di nuove combo disponibili in questo stato rende la meccanica ancora più interessante, permettendo di sperimentare nuovi approcci e strategie. Non l’ho specificato ma è ovvio: anche l’IA entra in Heat, in modo più semplice o complesso a seconda del livello di difficoltà, e agirà di conseguenza sfruttandone le potenzialità come ritiene più opportuno. Della serie, uno scontro non è finito finché non è finito.

Jack-8 e il suo Heat Smash

Passando alle Rage Art, abbiamo già avuto modo di conoscerle nel precedente capitolo. Si tratta di potenti mosse a uso singolo, che diventano disponibili quando la salute del personaggio arriva a una soglia critica. Sono una sorta di ultima risorsa, anche questa da utilizzare con criterio per due motivi: può essere bloccata oppure, se attivata nell’attimo in cui l’avversario sta per colpirci, risultare inutile se la salute non è sufficiente a reggere i danni inflitti. La Rage Art, infatti, non può essere bloccata da un colpo in arrivo ma al contempo non ignora i danni subiti. Ciò vuol dire che se decidete di utilizzarla al momento sbagliato potreste incorrere in un k.o. poiché la priorità va sempre al danno ricevuto e non all’attivazione della Rage Art.

Un modo intelligente per rendere quella che altrimenti sarebbe una mossa senza angoli ciechi. Di contro, la consapevolezza che si subiscono comunque danni può essere sfruttata a nostro vantaggio, sebbene richieda una conoscenza approfondita dei personaggi e un’ottima capacità di leggere la situazione. Se risulta fattibile, possiamo anche indurre un avversario ad attaccarci e tendergli una trappola, sacrificando parte di quel poco che resta della nostra salute per mettere a segno un colpo critico. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una mossa molto potente ma con i dovuti limiti per non renderla qualcosa di utilizzabile ancora e ancora senza il minimo criterio.

Da non sottovalutare, infine, che prima ancora della Rage Art di per sé bisogna considerare i vantaggi dello stato di furia (Rage, appunto) in cui il personaggio entra automaticamente. In particolare, al di là di un maggior numero di danni inflitti e minore subito quando si è in parata, il recupero di salute: se infatti dovessimo recuperarne più del limite dello stato di furia, questo non viene disattivato. Un dettaglio all’apparenza di poco conto ma che in realtà può fare la differenza, posto abbiate della salute da recuperare. Indicata da una sezione bianca all’interno della barra della salute, questa porzione di energia recuperabile si genera quando siamo colpiti a terra o a mezz’aria e può essere ripristinata sia infliggendo danni a un avversario sia colpendolo quando è in parata. L’uso stesso della Rage Art permette un recupero di energia pari ai colpi inflitti – non al danno, tenetelo bene a mente.

Quando affrontate King, ricordatevi di prendere il numero di targa del tir che vi ha investito

Messi insieme, Rage Art e Heat System perfezionano dunque il sistema di combattimento di Tekken 8, aprendo a nuove possibilità sia per gli esperti sia per i neofiti senza per questo generare uno squilibrio. Ciascuna meccanica ha i suoi pro e contro, e utilizzarle indiscriminatamente porta solo svantaggi. L’ottavo capitolo si apre dunque a un pubblico omnicomprensivo, fatto di esperti e novizi, supportando questa decisione con l’aggiunta del cosiddetto Stile Speciale: premendo L1 in combattimento è infatti possibile cambiare l’assetto dei comandi, semplificandoli per gestire meglio posizione e spazi evitando di doversi ricordare mosse troppo complicate. Utile soprattutto per chi è alle prime armi, può tuttavia aiutare anche giocatori un po’ più navigati che vogliono provare personaggi mai utilizzati prima, nuovi o vecchi che siano.

La considero una mano tesa gradita, simile alle auto-combo di Tekken 7, tuttavia mi trovo a storcere un po’ il naso di fronte alla possibilità di cambiare a piacimento l’assetto nel mezzo di un combattimento online: se da un lato è vero che un giocatore esperto non dovrebbe avere problemi persino di fronte a un cambio improvviso di stile, dall’altro bisogna riconoscere che potrebbe essere una meccanica abusata per portarsi in vantaggio con il minimo sforzo. Diverso sarebbe se, invece, lo Stile Speciale si dovesse attivare o meno prima dello scontro poiché l’avversario sarebbe sempre uguale dall’inizio alla fine, senza cambi improvvisi nel mezzo.

Tanti modi per migliorarsi

Tekken 8 offre una varietà di soluzioni per perfezionare il proprio stile di combattimento, con uno o più personaggi. Dal classico Allenamento, che non serve vi spieghi, capace di mettere sul piatto una moltitudine di opzioni grazie alle quali procedere per gradi e diventare sempre più bravi, fino alle inedite Sfide Combo e al cosiddetto Punishment Training per svelare ogni segreto del cast di Tekken 8. Quest’ultimo parla abbastanza da sé ma, per chi non lo sapesse, dallo scorso capitolo è possibile punire l’avversario nel caso in cui compia azioni che, in un modo o nell’altro, lo lasciano scoperto a reazioni da parte nostra più rapide di quanto siano i suoi tempi di recupero. Questa specifico allenamento serve proprio per capire quando possiamo avvantaggiarci su qualcuno e quando no. Le Sfide Combo, invece, sono una novità per imparare a padroneggiare i nostri personaggi preferiti dalle semplici basi alle mosse più complicate.

Un altro elemento utile alla nostra crescita come picchiatori professionisti sono i replay: è possibile scaricare quelli di giocatori più esperti e analizzarli, oppure sfruttare i nostri stessi e metterli al vaglio del sistema di gioco, che analizzerà in modo dinamico i combattimenti per suggerirci consigli utili su come portare a segno un attacco più efficace o evitare danni. In qualsiasi momento possiamo prendere il controllo del nostro personaggio e testare la mossa suggerita per valutarne l’effettiva validità. Può volerci un attimo per impratichirsi con il sistema, e non avendo a disposizione l’online mi sono dovuta basare sui miei replay, ma una volta presa confidenza si possono registrare specifici scontri proprio per farli analizzare e capire come e dove migliorare.

Il replay fornisce suggerimenti su come migliorare le proprie performance

Un altro modo per impratichirsi senza restare ancorati al sistema di allenamento e l’Arcade Quest: vedetela come una versione molto più ristretta del World Tour di Street Figher 6, che tocca la dolente nostalgia delle sale giochi per avviare soprattutto i giocatori inesperti al mondo di Tekken. Nei panni di un avatar personalizzato, affrontiamo la nostra scalata verso la vetta delle competizioni arcade assieme all’infaticabile Max, nostro mentore e guida durante tutta la relativamente breve campagna. A partire dalla prima sala giochi, verremo lentamente istruiti sulle potenzialità dei personaggi, con tutorial dedicati e anche missioni da completare eseguendo le mosse indicate durante i combattimenti: tutto per guadagnare il titolo di Campione.

Ci sono due tipi di personaggi da affrontare, quelli con un guantone sopra la testa che si limitano a offrirci un combattimento e quelli, invece, con un forziere che daranno uno o più cosmetici se sconfitti. Gli oggetti in questione sono per il nostro avatar nello specifico, non per i personaggi di Tekken che avranno invece un proprio menu di personalizzazione con vestiti e accessori da sbloccare o acquistare tramite la valuta in game. Nel complesso, l’Arcade Quest è proprio una modalità di preparazione alle sfide che ci aspettano nel corso di Tekken 8, leggera e orientata soprattutto all’apprendimento di ogni possibile trucco per uscire vincitori dai combattimenti.

Il vero pregio, a mio avviso, è che permette di sbloccare le Super Ghost Battle: come suggerisce il nome, si tratta di sfide contro fantasmi controllati dall’intelligenza artificiale, di grado sempre più crescente e dai quali si possono ottenere diversi outfit per i personaggi. In particolare, questa modalità permette di affrontare il proprio fantasma che è in costante apprendimento quando giochiamo online oppure nell’Arcade Quest stessa, plasmandosi in base al nostro comportamento. Di fatto, scoprirete sfidandolo più e più volte, cresce assieme a noi e si dimostra capace di darci del filo da torcere. Non esiste modo migliore per perfezionarsi di combattere contro se stessi.

Combattere contro se stessi è sempre complicato

Se poi volete dimostrare il vostro valore al resto del mondo e mettervi alla prova con avversari in carne e ossa, non vi resta che la modalità online, completa di Fight Lounge (una lobby su larga scala dove trovare nuovi avversari e sfidare anche i loro fantasmi), leaderboard e soprattutto un rollback netcode rifinito con ben tre opzioni tra cui scegliere: in base a cosa preferiamo prioritizzare, se fluidità o reattività, possiamo modularlo di conseguenza. Dell’intero Tekken 8, l’online resta ancora un po’ una incognita per il semplice fatto che si era in pochi a provarlo e sono stati messi a disposizione un paio di giorni. Bisogna vedere quando le lobby saranno piene come si comporterà in termini di stabilità ma è una questione da lasciare a posteriori; allo stato attuale non ho trovato impedimenti di sorta per quanto riguarda l’esperienza online.

Chiudo questa ormai lunga recensione con una postilla: Tekken Ball è sicuramente quel tocco nostalgico che piace ma è anche una modalità che esaurisce in fretta il proprio divertimento. Dovendo scegliere cosa recuperare da Tekken 3 avrei senza alcun dubbio optato per l’intramontabile Tekken Force. Si tratta comunque di un neo pressoché invisibile in un gioco che ha tantissimo da offrire.

Conclusione

Tekken 8 dimostra ancora una volta il dominio indiscusso della saga nel mondo dei picchiaduro in 3D: ricostruito da zero su Unreal Engine 5 per offrire una qualità senza precedenti e una cura per i dettagli quasi maniacale, chiude un lunghissimo ciclo e si prepara ad aprirne un altro soprattutto in termini narrativi. Le nuove aggiunte al gameplay come l’Heat System si sposano alla perfezione con le migliorie apportate in precedenza, vivacizzando ancora di più un sistema di combattimeto già di per sé votato all’aggressività; al contempo, tuttavia, ci ricorda come la cautela sia necessaria per non buttare al vento le enormi potenzialità messe in gioco. Forte anche di molteplici modi per impratichirsi e di contenuti extra che arricchiscono ulteriormente l’esperienza, pensato sia per gli esperti sia per i neofiti e adattato di conseguenza, Tekken 8 segna un nuovo punto di partenza per se stesso e per eventuali altri concorrenti.

PRO

  • Una resa estetica spettacolare
  • I nuovi elementi di gameplay sono ben implementati
  • Roster corposo e stage variegati

CONTRO

  • La stabilità dell'online è ancora da valutare
  • Tekken Ball è un'aggiunta nostalgica ma fine a se stessa

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9

Storia - 7.5 / 10

Grafica - 9 / 10

Longevità - 8.5 / 10

Gameplay - 9 / 10

Sonoro - 9 / 10