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A 20 anni dall’uscita, questa rimane ancora una delle boss fight più spaventose del mondo dei videogiochi

Un utente Reddit ha dichiarato “me la sono fatta sotto” durante la boss con The End di Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Dopo 20 anni dall’uscita, la boss fight che sa fare ancora parlare di sé.

Le boss fight, uno degli elementi dei videogiochi che forse più di altri, riescono a rendere indimenticabile un’esperienza videoludica e che spesso, riescono a decidere le sorti nel tempo di un videogioco. Sono tanti i videogiochi che vengono rigiocati, semplicemente per il piacere e il godimento che abbattere certi boss, concede. Negli ultimi anni, gli esempi a riguardo si sono sicuramente moltiplicati.

Che ansia

Da boss fight ritenute impegnative ma giuste come Isshin Ashina di Sekiro: Shadows Die Twice ad altre molto problematiche nel design come Malenia in Elden Ring, fino a quelle più romantiche ma comunque estremamente impegnative. Una cosa comunque è costruire una bella boss fight, un’altra cosa è renderla indimenticabile e se c’è qualcuno che 20 anni fa ci è riuscito in pieno, questo è sicuramente Hideo Kojima, che già coi primi capitoli della serie Metal Gear aveva imparato a farsi amare per le idee a dir poco bizzarre in termini di boss fight ma, in Snake Eater ha dimostrato una capacità fuori dal comune con la fight contro The End.

Ancora oggi indimenticabile

Vent’anni sono passati eppure, The End resta una delle boss fight di Metal Gear Solid 3: Snake Eater, ma in generale di tutta la saga, più affascinanti per tutta una serie di fattori. Dalla realizzazione tecnica fino alla regia, dalla difficoltà fino all’ansia che tutta la situazione riusciva a trasmettere. Un vero e proprio gioiello di boss design, che speriamo di poter rivivere al meglio in Metal Gear Solid Delta, il remake di Snake Eater, attualmente in sviluppo.

Per chi non avesse mai giocato Snake Eater: The End era un cecchino, di grande esperienza, che trasformava un’intera sezione di gioco in una vera e propria caccia, predatore contro preda, in cui l’unico modo per scamparla era essere più furbi di lui, cosa non semplicissima. Non aiutava sicuramente il fatto che noi non avessimo idea di dove si trovasse con precisione.

La Fine di The End

L’unico avvertimento dato al giocatore era la presenza stessa di The End, poi più nulla. E come se non bastasse, l’area non era limitata ma si estendeva per tutta la foresta di Sokrovenno, ben tre mappe di gioco. A stupire al tempo, era sicuramente la scelta registica: una volta che si veniva individuati da The End, l’inquadratura si spostava sul suo mirino. Iniziavamo a vedere dalla sua prospettiva, mentre continuavamo a essere in controllo del nostro personaggio, che adesso però era al centro di un mirino, vicino alla sua morte.

Come spesso capitava per i giochi di Kojima, vi erano degli stratagemmi di meta game per riuscire a battere facilmente The End. Il più noto e anche più particolare, era quello di salvare non appena si trovava The End, chiudere il gioco e portare in avanti l’orario della console di due settimane (o attendere realmente per due settimane di vita vera). A quel punto, tornando sul gioco, The End sarebbe… morto di vecchiaia.

Una boss fight che ha rappresentato un’icona di design incredibile e che non vediamo l’ora di vedere tornare.

This post was published on 20 Agosto 2024 21:00

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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