È nata una nuova teoria scientifica, tramite una gara tra scienziati

una corrente scientifica è nata da una gara

Per quanto qualcuno veda la scienza come qualcosa di solido, inamovibile e statico, la realtà ci dimostra che è esattamente l’opposto. Ogni giorno sorgono nuove teorie, che vengono prontamente bombardate da dati e test, per dimostrare se effettivamente la teoria regga o meno. È quello che è successo per le Teorie della Conoscenza.

La “Royal Rumble” delle neuroscienze

Il campo delle Teorie della Conoscenza è fitto di teorie e ipotesi, e fino ad oggi ci sono 20 teorie effettivamente accreditate, o comunque reputate possibilmente vere.

Da quando Francis Crick, uno degli scopritori della forma a doppia elica del DNA, legittimò il campo della conoscenza come un campo scientifico, i ricercatori si sono impegnati a corroborare le proprie tesi, utilizzando anche le tecnologie più avanzate per sondare le menti dei soggetti dei test, in modo da tracciare le onde elettriche dell’attività cerebrale che potrebbero indicare la consapevolezza. Il risultato è una vera e propria valanga di dati, che avrebbero dovuto spazzare via qualunque dubbio nei trent’anni d’esistenza della branca scientifica.

Eppure non è stato così. Cinque anni fa, dunque, nel tentativo di stimolare il campo scientifico a trovare una tesi unitaria sull’argomento, la Templeton World Charity Foundation ha iniziato una serie di “collaborazioni antagonistiche”, in cui gruppi di scienziati cercavano dati per dimostrare inequivocabilmente la propria tesi. Lo scorso Giugno sono arrivati i risultati della prima di queste collaborazioni, che metteva contro due tra le teorie più accreditate: la teoria degli spazi globali di lavoro neurale (Global Neuronal Workspace Theory) e la teoria dell’informazione integrata (Integrated Information Theory).

I risultati, che sono stati annunciati al 26° meeting dell’Associazione per lo Studio Scientifico della Coscienza (ASSC) a New York, hanno appianato una scommessa durata 25 anni tra lo stesso Francis Crick, sostenitore dell’idea che studiare il cervello avrebbe portato a comprendere i meccanismi della coscienza, e il filosofo David Chalmer della New York University, che invece sosteneva la tesi diametralmente opposta. Alla fine, il filosofo ha avuto la meglio. 

Le Correlazioni della Coscienza

Quando fu pubblicato lo studio “Verso una Teoria Neurobiologica della Coscienza”, il tentativo era quello di portare un concetto così largo e controverso su un piano prettamente scientifico, da cui poter iniziare a trarre dati concreti sull’argomento.

Uno dei punti di partenza per questo studio scientifico ad esempio è stato il meccanismo della vista: quali parti del cervello entrano in gioco quando diventiamo consapevoli di star guardando ad esempio un determinato colore, o uno specifico oggetto? Si è presto scoperto che esistono ben 12 diversi modelli neurali che distinguono elementi come gli angoli, i colori e il movimento delle immagini. Eppure esistono anche persone che per danni cerebrali o per nascita non possono vedere, ovvero non sono coscienti delle immagini, che però riescono a navigare gli spazi in cui vivono senza alcun problema: il loro cervello elabora delle immagini, senza esserne cosciente.

Negli ultimi decenni, gli scienziati si sono spostati dagli esperimenti di tipo tradizionale a vere e proprie scansioni cerebrali, che monitorano durante i test le onde elettromagnetiche del cervello; questa pratica ha portato alla nascita di numerosissime teorie, tra cui quelle nominate in precedenza.

Secondo la teoria GNWT, ci sono specifiche parti del cervello che entrano in gioco per attivare la nostra coscienza, mentre per la teoria IIT le correlazioni neurali dipendono dalle aree in cui si sviluppa la percezione. Insomma per alcuni la coscienza nasce dove “pensiamo”, per altri dove “percepiamo”. 

Secondo Stanislas Dehaene, neuroscienziato del Collège de France e principale teorico della GNWT, tutte le informazioni che raccogliamo inconsciamente verrebbero filtrate ed introdotte in uno “spazio di lavoro” da cui diventano informazioni coscienti. L’architetto della teoria IIT e psichiatra dell’Università del Wisconsin, Giulio Tononi, sostiene invece che la struttura neurale che più si allinea alle descrizioni matematiche delle caratteristiche della coscienza sia la zona sensoriale.

Una sfida all’ultimo tabulato

Ai ricercatori, messi l’uno contro l’altro, si sono messi al lavoro per raccogliere dati a sostegno della propria tesi. Utilizzando risonanze magnetiche funzionali e magnetoencefalografie (MEGs), i sei laboratori neutrali hanno raccolto dati da circa 250 soggetti volontari.

La sera del 23 Giugno, gli spettatori che si sono raccolti all’Università di New York per conoscere i risultati dei test, non si sarebbero aspettati di trovarsi davanti ad uno schermo gigantesco, in cui i risultati sarebbero stati mostrati su un grafico con spunte verdi e rosse, come se i ricercatori dovessero scontrarsi in una corsa ad ostacoli con tre tappe.

Il primo ostacolo era misurare quanto precisamente ogni teoria avrebbe decodificato un oggetto che il soggetto del test aveva visto in precedenza. Entrambe le teorie hanno funzionato bene, ma la teoria IIT è stata più precisa nell’identificare l’orientamento dell’oggetto.

Il secondo ostacolo è stato un test sul tempismo dei segnali. La teoria IIT prevedeva l’attivazione della zona sensoriale in maniera sincrona e continua durante lo stato di coscienza, ma non è rimasta sincrona. La teoria GNWT prevedeva invece due picchi, uno di “attivazione” e l’altro quando lo stimolo sarebbe scomparso. Solo il primo si è verificato. La teoria IIT è stata reputata più precisa.

Il terzo ostacolo riguardva la connettività cerebrale. In questa la GNWT ha avuto migliori risultati, grazie alle predizioni più precise del modello.

Alla fine, la commissione ha deciso di dare la vittoria alla teoria IIT, con Dan Kahneman, rappresentante della teoria, che ha dichiarato la superiorità della propria tesi su quella “avversaria”. Il collega e oppositore Stanislas Dehaene però non si è dichiarato sconfitto, dichiarando di aver trovato interessanti i risultati delle ricerche, ma che forse non c’erano veri e propri test per confutare il nucleo della teoria IIT basato su un modello matematico.  


Per avere una risposta inconfutabile dovremo dunque aspettare ancora un altro anno, quando i risultati di un secondo esperimento sugli “stimoli secondari”, o distrazioni, verranno pubblicati; per ora, le neuroscienze rimangono un campo di contesa.