Shadow Warrior – Recensione

Articolo a cura di Giulia Ambrosini

Dopo il fortunato Wolfenstein: The New Order fa il suo arrivo su PS4 e Xbox One un altro titolo giunto direttamente dagli anni 90’. Parliamo di Shadow Warrior, l’FPS di 3D Realms che nel 1997 faceva da controparte a Duke Nukem, e nonostante lo stile orientaleggiante molto azzeccato non riuscì a diventare un vero e proprio cult. Il titolo si basava come i compagni di genere su di un finto 3D e sulla filosofia dello sparare a tutto ciò che si muove in “stanze” chiuse. A differenza di Wolfenstein però, dove la struttura di gioco è stata fortemente rinnovata per avvicinarsi allo stile degli shooter moderni, Shadow Warrior resta fedele alle meccaniche originali pur introducendo alcune necessarie novità. Il remake del gioco è stato sviluppato dal team Flying Wild Hog ed è stato reso disponibile su PC lo scorso anno.


LO WANG E’ TORNATO
Il protagonista di questa nuova avventura è il buon vecchio Lo Wang, un ninja eccezionale che fin da subito dimostra le sue incredibili doti e il suo sprezzo per la vita umana. La trama che invece accompagna la sua missione si connota in maniera differente. Il Lo Wang della storia originale era una guardia del corpo in carico presso la Zilla Enterprises che venne a conoscenza della volontà del presidente, Master Zilla, di conquistare il Giappone servendosi delle creature demoniache. Qui invece il nostro protagonista nella prima missione è incaricato dalla sua azienda di acquistare per due milioni di dollari un’antica Katana dai poteri mistici, la Nobitsura Kage, presso il collezionista Miyazaki. E’ proprio questo oggetto antico a sostenere una trama che si rivela essere piuttosto articolata (una vera e propria sorpresa visto il genere di appartenenza). Ciò è reso possibile anche grazie all’introduzione del personaggio di Hoji, un demone mascherato che attraverso una serie di dialoghi e scambi di battute sferzanti con il protagonista rivelerà sconvolgenti informazioni sul suo passato e sulla natura della spada. La scelta di allontanarsi dal tracciato di una narrazione scialba per abbracciare un mix più equilibrato tra ironia, cliché e colpi di scena ci ha colpito positivamente. I fan di vecchia data comunque non avranno nulla di cui temere; le situazioni di gioco restano fortemente ancorate allo stile al limite del trash dei giochi di quel nostalgico periodo, con orde di nemici senza altro scopo se non quello di farci a pezzettini in ambienti limitati che presenteranno una via di uscita solo quando il pavimento sarà coperto di sangue e brandelli di carne. Barili esplosivi piazzati in punti strategici, schede magnetiche, munizioni, kit medici e zone segrete affollano gli stage per restituire con una certa fedeltà ai giocatori un’esperienza dal sapore retrò.


QUANTO MI PIACE FAR LA GENTE A PEZZETTINI!
Ad arricchire l’offerta ci pensa l’interessante sistema di abilità e combo legate alla katana, la prima arma messa a disposizione della macchina da strage targata Lo Wang. Attraverso la raccolta dei cristalli Ki è infatti possibile sbloccare una serie di attacchi realizzabili con combinazioni di tasti del controller, oltre ad abilità specifiche per il recupero della salute. Ogni uccisione inoltre farà guadagnare dei punti Karma e sarà possibile potenziare le proprie armi attraverso un menù specifico. L’utilizzo della katana ha un valore completamente diverso rispetto al titolo originale. Qui l’arma bianca risulta in molte situazioni la scelta migliore per via della sua incredibile precisione e per le combo che si possono realizzare. Al contrario invece la gestione delle armi da fuoco non si è rivelata particolarmente soddisfacente a causa di un sistema di mira poco preciso e una reazione ai colpi spesso deludente. Se con la katana si ha davvero l’impressione di compiere un massacro, anche grazie al feedback del controller che restituisce una vibrazione ad ogni colpo inferto, con l’UZI non si ha nemmeno l’impressione di provocare dei danni ingenti. La revolver infligge danni maggiori ma sparando a braccia e gambe capita che queste rimangano attaccate, un dettaglio imperdonabile per chi desidera sbriciolare pezzo dopo pezzo i nemici. Un’altra arma che si è rivelata pressoché inutile è il lanciafiamme, efficace solo nel bruciacchiare i pochi nemici umani presenti nel corso della campagna. In generale i difetti principali del gioco consistono in alcuni momenti meno avvincenti e qualche boss fight non all’altezza, oltre ad un level design che convince da un punto di vista stilistico ma che poteva osare un pochino di più in termini di ampiezza e libertà di movimento. Apprezziamo invece la scelta di ridurre il back tracking riducendo quindi la frustrazione e la noia del dover ripercorrere più volte gli stessi corridoi e scenari. Sono ancora presenti dei piccoli enigmi ambientali da risolvere che tuttavia non portano mai via più di due minuti garantendo un ritmo piuttosto sostenuto. La sceneggiatura si rivela senza dubbio l’aspetto più esaltante di questo ritorno al passato, sempre infarcita di una dose di umorismo dissacrante e ripulita almeno in parte dalla sua volgarità talvolta eccessiva. La carenza di cut scene viene poi compensata in maniera efficace dalla presenza di Hoji, che spesso darà delle indicazioni spezzando in maniera piacevole le sequenze di combattimento.


OTTIMIZZAZIONE QUALE SCONOSCIUTA
Ciò che penalizza in maniera piuttosto pesante Shadow Warrior è la realizzazione tecnica di un concept promettente. La modellazione poligonale degli ambienti non è esaltante ma comunque apprezzabile pur nei suoi limiti. Discorso diverso invece per la realizzazione tecnica del protagonista e dei nemici, estremamente ripetitivi e con un design poco comprensibile. Su PC il titolo aveva il grande difetto di utilizzare un engine che sfrutta pesantemente i calcoli della CPU, richiedendo quindi configurazioni eccessive per il risultato offerto. Su PS4 non sono stati eliminati i problemi di stabilità del framerate, gli innumerevoli caricamenti e il tearing che in più di una occasione si mostra rovinando la pulizia della scena. Ci troviamo di fronte ad un comparto tecnico Old-Gen, pompato per girare a 1080p e 60 frame su console Sony, mentre su One alla risoluzione di 900p. Nulla di esaltante quindi ma possiamo anche chiudere un occhio visto l’impegno nel cercare di offrire ai giocatori un’esperienza che fosse in primo luogo divertente e frenetica, e l’esperimento ci sembra riuscito. Perdendo un po’ di tempo nell’esplorazione per scovare le aree segrete della mappa l’esperienza di gioco ha una durata di circa 10 ore.


CONCLUSIONE
La gloria dei tempi passati non sembra mai svanire, nemmeno nel 2014. Shadow Warrior ha sicuramente molto da offrire in termini di stile ma non è esente da alcuni difetti tipici di questa mentalità che guarda al passato. Il gioco risulta comunque molto godibile, soprattutto per quegli utenti affamati di scontri all’ultimo sangue e tanta ironia.